Amleto, op. 67

Ouverture-fantasia in fa minore da Shakespeare

Musica: Petr Ilic Cajkovskij (1840-1893)
Organico: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 cornrtte, 2 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, tamburo militare, piatti, grancassa, tam-tam, archi
Composizione: Frolovskoje, giugno - 19 ottobre 1888
Prima esecuzione: San Pietroburgo, Bolscioj Sal Konservatorii, 24 novembre 1888
Edizione: Jurgenson, Mosca, 1890
Dedica: Edvard Grieg
Guida all'ascolto (nota 1)

Al rientro da una tournée concertistica in diverse città dell'Europa occidentale, da Berlino a Lipsia, da Amburgo a Praga, da Parigi a Londra, dove era stato acclamato e festeggiato, Cajkovskij si stabili per un periodo di riposo nella casa di campagna a Frolovskoje, presso Klin. Qui egli attese alla composizione della Quinta sinfonia e della Ouverture-fantasia Amieto: quest'ultima fu completata tra il 27 settembre e il 19 ottobre 1888. Dedicato a Grieg, l'Amleto fu diretto per la prima volta dallo stessa compositore a Pietroburgo il 24 novembre successivo, una settimana prima che venisse presentata la Quinta sinfonia. La critica si mostrò piuttosto fredda verso l'Ouverture-fantasia e, tra gli altri, Balakirev pronunciò un giudizio tagliente sulla nuova composizione, dicendo che nella scena d'amore gli sembrava che «Amleto offrisse i suoi omaggi ad Ofelia come se stesse offrendole del ghiaccio». Non era la prima volta che il compositore attingeva alla drammaturgia shakesperiana per la musica: l'aveva fatto con l'Ouverture-fantasia Romeo e Giulietta (prima versione nel 1869 e seconda versione nel 1880 e con la Fantasia La tempesta (1873), anche se questa volta non aveva fornito alcuna indicazione di programma, come era solito specificare nei suoi lavori.

Secondo alcuni musicologi, l'Amleto può essere definito un movimento in forma di sonata, diviso in undici tempi musicali, alcuni dei quali si ripetono, quasi a stabilire un carattere di unitarietà fra diversi episodi che hanno al centro la figura del principe di Danimarca, il più discusso e variamente interpretato di tutta la letteratura mondiale. Lo sfondo funereo della vicenda è indicato all'inizio dal canto dei violoncelli, grave e ansioso, su cui si innestano poi i violini in uno slancio ascensionale, ai quali risponde un tema del clarinetto e del corno inglese. La tensione ritmica si fa più rapida, passando dall'Andante non troppo, con gli ottoni che ripetono il primo tema, al Moderato. Si profila un Allegro vivace di tutta l'orchestra su scale ascendenti e figure ritmiche ben scandite. L'oboe accompagnato dal corno inglese, clarinetti e fagotto descrive il personaggio affettuosamente tenero di Ofelia (Andante), che sfocia nel tema d'amore, largamente cantabile e affidato in prevalenza agli archi. Si ode una marcia a piena orchestra, dopo di che emerge il suono dell'oboe solista, sostenuto in ottava dal corno inglese. Si riascolta la frase d'amore, con altri episodi strumentali apparsi precedentemente, in tempo Allegro ma non troppo e Allegro vivace. Si riode anche la marcia che esplode in un fortissimo, prima che si riaffacci il tema iniziale nella tonalità di fa minore e nella stessa atmosfera funebre, resa più triste e lugubre dall'insistente ritmo dei timpani.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 17 febbraio 1980

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Ultimo aggiornamento 29 marzo 2013