Concerto per pianoforte n. 2 in sol maggiore, op. 44


Musica: Petr Ilic Cajkovskij (1840-1893)
  1. Allegro brillante e molto vivace (sol maggiore)
  2. Andante non troppo (re maggiore)
  3. Allegro con fuoco (sol maggiore)
Organico: pianoforte solista, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, timpani, archi
Composizione: Kamenka, 22 ottobre 1879 - San Pietroburgo, 10 maggio 1880
Prima esecuzione: Mosca, Società Musicale Russa, 11 marzo 1881
Edizione: Jurgenson, Mosca, 1881
Dedica: Nikolaj Grigor'evic Rubinstejn
Guida all'ascolto (nota 1)

Nel maggio del 1877 Cajkovskij ricevette una lettera da Antonina Miljukova, una giovane incontrata anni prima in Conservatorio: ella gli confessava d'essere innamorata di lui da molti anni, sin dai tempi in cui era studentessa di pianoforte. Il compositore, all'epoca assorbito dalla scrittura dell'Evgenij Oneghin, non diede corso a un rapporto epistolare. Tuttavia, mentre era intento alla composizione di una scena dell'opera, quella in cui Tatjana scrive una lettera d'amore a Oneghin, la Miljukova gli fece recapitare una seconda missiva. La concordanza tra fatto reale e fatto musicale impressionò Cajkovskij. In più, il bisogno di legittimarsi socialmente, quello di mettere a tacere malevole voci sulla sua omosessualità, un vago desiderio di paternità, lo spinsero a un gesto carico di nefaste conseguenze: nel luglio del 1877 sposò, pur non essendone innamorato, Antonina Miljukova e si trovò ben presto con l'urgente bisogno di porre fine al matrimonio. Tentò il suicidio senza riuscirvi, fuggì a San Pietroburgo e vi rimase quindici giorni in uno stato mentale quasi confusionale. Fu il lavoro a salvarlo; furono la Sinfonia n. 4, l'Oneghin, il Concerto per violino, il Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 (tutte partiture composte tra il 1877 e il 1880) che guidarono Cajkovskij verso un periodo di stabilizzazione emotiva. Il Concerto n. 2, in particolare, fu scritto tra dicembre 1879 e maggio 1880. Cavallo di battaglia di molti celebri pianisti per la sua difficoltà, oscurato ingiustamente dalla notorietà del Concerto per pianoforte e orchestra n. 1, il Concerto n. 2 è creazione brillante che sfrutta al meglio, grazie alle pregevoli idee musicali che lo permeano, le potenzialità dello strumento solista.

Pensata come partitura in cui si fondono virtuosismo esecutivo e temi popolari slavi, il primo movimento del Concerto, Allegro brillante e molto vivace, si apre con un veemente tema orchestrale di sapore russo subito seguito da un successivo tema dalle sfumature popolari più discrete. L'intervento solistico si cimenta nella ripresa dei temi suddetti ma anche nella loro elaborazione tramite fioriture e giochi d'eco. Sopra un terzo tema lirico l'orchestra si culla a lungo, accompagnando il solista in escursioni armoniche che fanno presagire direzioni poi schivate. L'esposizione e lo sviluppo del materiale melodico sono estremamente ravvicinati, quasi amalgamati in un momento unico; anche le riprese tematiche sono gestite dal compositore sfruttando effetti di sorpresa: nel momento in cui pregustiamo il ritorno del tema iniziale, per esempio, ci viene invece riproposto il secondo tema. I giochi dell'inaspettato servono a Cajkovskij per creare tensione musicale: il compositore si dimostra qui maestro nell'assecondare o tradire le nostre attese. Solo quando le possibilità della tastiera sono state ampiamente sondate con una prolungata cadenza del solista, torna, chiudendo il movimento, il festoso tema iniziale. Questo primo Allegro è, in fondo, una Fantasia per pianoforte e orchestra su temi popolari russi. Sulla presenza e il significato di questo materiale si sofferma il compositore in una lettera del marzo 1878: «per ciò che attiene l'elemento russo nella mia musica, cioè i giri armonici e melodici imparentati con il canto popolare, questo viene dal fatto che sono nato in una provincia periferica, che fin dalla mia infanzia sono stato impregnato dell'ineffabile bellezza e dei tratti caratteristici del canto russo». L'approfondimento teorico e intellettuale in merito era comunque iniziato presto. Tra il 1868 e il 1869 Cajkovskij aveva adattato per pianoforte a quattro mani cinquanta canti folcloristici prendendoli in parte da una edizione di Cento canti popolari russi pubblicata nel 1860 da Kostantin Villebois, in parte dalla collezione del compositore Balakirev. Nel 1872 aveva poi approntato una nuova versione della raccolta Sessantacinque canti popolari editi da Vladimir Prokunin e nel 1877 aveva curato l'armonizzazione di due raccolte di canti russi e ucraini destinate all'educazione dei bambini.

Ritorna costantemente nel suo epistolario la riflessione sull'utilizzazione del materiale folcloristico, necessario, secondo Cajkovskij, all'artista desideroso di donare alla propria musica l'intensità profonda del mondo slavo. Gli strumenti compositivi della tradizione europea sono poi, nell'opinione del nostro, un viatico essenziale per far assurgere alla dignità dell'arte tale humus espressivo nazionale.

Riguardo alla combinazione di tratti europei e nazionali, è significativo il secondo movimento, un meditativo Andante non troppo: la melodia principale, preludiata da un morbido sipario dell'orchestra, è cullante e romantica, guarda un po' all'Europa ma accenna sfumature popolari. Gli archi intervengono presto in suo sostegno per poi nuovamente lasciare da solo il solista. Tuttavia, poco dopo, egli si trova impegnato nel ruolo di accompagnamento, sezione che introduce un comune momento lirico. Altro luogo, oltre a quello iniziale, in cui le due tendenze culturali sopraccitate si fondono con risultati di notevole suggestione, è la coda, dove l'Andante sfuma in chiaroscuri minacciosi e a un tempo sognanti sul vibrato degli archi e gli arpeggi del pianoforte.

Chiude il Concerto n. 2 un Allegro con fuoco: la sua vivace apertura danzante consiste nell'esposizione di una tema popolare, seguito da un virtuosismo minuto dai tratti scherzosi e brillanti. Anche il successivo tema, ancora tra il volante e il danzante, innesca uno scintillante scambio di parti tra l'orchestra e il pianoforte. Il colore terso dell'orchestrazione, la sfavillante digitazione pianistica, donano a tutto il movimento una trascinante luminosità.

Il Concerto, estroverso e intimistico a un tempo, spinge a riflettere su un'altra dote di Cajkovskij compositore: oltre a saper fondere gli aspetti espressivi europei e il mondo folcloristico, egli riesce a coniugare intimismo e festosità facendoceli apparire come parte di una sola necessità espressiva.

Simone Ciolfi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorium Parco della Musica, 23 gennaio 2010

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Ultimo aggiornamento 24 giugno 2012