Concerto per pianoforte n. 3 in mi bemolle maggiore, op. 75

Nuova versione del I° movimento della Sinfonia abbozzata nel 1892

Musica: Petr Ilic Cajkovskij (1840-1893)
Organico: pianoforte solista, ottavino, 3 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, archi
Composizione: 15 luglio - 15 ottobre 1893
Prima esecuzione: San Pietroburgo, Bolscioj Sal Konservatorii, 19 gennaio 1895
Edizione: Jurgenson, Mosca, 1894
Dedica: Ludwig Diemer
Guida all'ascolto (nota 1)

Nonostante l'immenso successo di pubblico che ha sempre sorretto ovunque, in terra russa e fuori, la sua ricca opera teatrale, sinfonica e cameristica, Cajkovskij è stato spesso guardato con diffidenza e con un certo distacco dalla critica, che si è lasciata fuorviare da preconcetti polemici nei confronti di un artista ritenuto a torto di gusto salottiero ma che invece aveva una forte personalità musicale. Si è voluto contrapporre, con forzature a volte arbitrarie, il creatore della «Patetica», sensibile alle squisitezze formali e alle eleganze melodiche della tradizione musicale occidentale, allo storico «gruppo dei cinque», considerato la punta avanzata della cultura musicale russa ottocentesca, improntata ai modi melodico-ritmici del canto popolare. È vero che la strada percorsa dal «gruppo dei cinque» fu diversa da quella imboccata da Cajkovskij, il cui temperamento eclettico e morboso fu suggestionato sin dal periodo degli studi giovanili dagli esempi di Mozart, di Schumann, di Liszt e dell'opera italiana e francese, ma non si può negare una componente slava, se non un russismo autentico, nella musica ciaikovskiana, riconoscibile nella natura stessa della melodia, spesso malinconicamente medidativa, e in quel descrittivismo sentimentale e pittoresco che si ritrova nella migliore arte di Musorgskij e Rimskij-Korsakov. Certamente, in misura maggiore di questi ultimi due autori, in Cajkovskij c'è una accentuazione più spiccata verso l'effusione lirica e i languori elegiaci, frutto di una inquietudine interiore derivante dalla crisi degli ideali romantici, ma bisogna riconoscere che questo singolarissimo e originale musicista ha saputo esprimere una tematica esistenzialista legata saldamente alla cultura del suo paese e principalmente alla poesia tormentata e dai complessi risvolti psicologici di Lermontov e di Puskin.

E frutto di tormenti e di ripensamenti è il Concerto n. 3 in mi bemolle maggiore per pianoforte e orchestra, scritto nel 1893, poco dopo il famoso balletto Lo schiaccianoci e prima della celeberrima Sesta sinfonia, nota a tutti come «Patetica» e ritenuta tra le espressioni più emblematiche della genialità del compositore. O meglio, il Concerto op. 75, che è in un solo movimento della durata di poco più di 15 minuti, è ricavato dal primo tempo di una Sinfonia in mi bemolle maggiore non portata a termine dall'autore, che lasciò allo stato di abbozzo e senza completare l'orchestrazione. Recentemente, nel 1961, Semyon Bogatirev rielaborò e ricostruì tutto il materiale, compreso l'Andante e il Finale, della Sinfonia in mi bemolle maggiore e diede ad esso il nome di Sinfonia n. 7, raramente eseguita e senza troppa fortuna. A suo tempo anche Sergej Taneev trovò tra le carte di Cajkovskij due brani incompiuti, un Andante e un Allegro, e ritenendo che fossero il secondo e il terzo tempo del Concerto li orchestrò e li pubblicò con il numero d'opus 79, con il titolo di Andante e Finale. Lo stesso Taneev fece eseguire il Concerto sia nella versione in un tempo, nell'inverno del 1895 a Pietroburgo sotto la direzione di Napravnik, e sia nella versione in tre tempi, ma senza quel successo che egli sperava. Maggiore attenzione da parte del pubblico e dalla critica il Concerto l'ottenne nel 1946, quando il celebre coreografo George Balanchine ne ricavò un balletto spigliato ed elegante intitolato Allegro brillante.

In effetti il Concerto in un tempo solo in mi bemolle maggiore, dedicato al pianista francese Louis Diémer, maestro di Cortot e di Casadeus, non presenta quelle caratteristiche tipiche di lavori del genere con il pianoforte dialogante e in contrapposizione all'orchestra. Il pianoforte invece svolge un ruolo di solista dell'orchestra, sin dall'inizio in tempo allegro, su ritmi vivaci e taglienti, in una progressione di larga cantabilità, ad un certo punto si abbandona in una "Cadenza, a suonare con brio e anima" di taglio virtuosistico alla Liszt e ricco di figurazioni di gusto romantico. L'orchestra riprende poi il sopravvento, sorreggendo e lanciando il pianista in un piacevole gioco ritmico di stampo ballettistico, dalle sonorità asciutte e martellanti, preannuncianti vagamente lo stile di Prokof'ev. Un lavoro certamente "non finito", ma indicativo di un pianismo inquieto e ricco di interessanti intuizioni timbriche, nel contesto di quella sensibilità rapsodica riscontrata già, e in misura maggiore, nella troppo dimenticata Fantasia da concerto in sol maggiore per pianoforte e orchestra op. 56 composta nel 1884 e ricca di temi di danza, pur tra languori sentimentali ed elegiaci di indubbio effetto psicologico.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 13 novembre 1983

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Ultimo aggiornamento 27 dicembre 2012