Sinfonia n. 1 in sol minore, op. 13 "Sogni d'inverno"

In due versioni

Musica: Petr Ilic Cajkovskij (1840-1893)
  1. Träume auf der Winterfahrt (Visioni di un viaggio d'inverno) - Allegro tranquillo (sol minore)
  2. Nebelland (Terra desolata) - Adagio cantabile, ma non tanto (mi bemolle mggiore)
  3. Scherzo. Allegro scherzando, giocoso (do minore)
  4. Finale. Andante lugubre (sol minore). Allegro maestoso (sol maggiore)
Organico: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, 2 claninetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, piatti, grancassa, archi
Composizione: Prima versione: marzo 1866 - febbraio 1868; Seconda versione: primavera 1874
Prima esecuzione: Prima versione: Mosca, Società Musicale Russa, 15 febbraio 1868; Seconda versione: Mosca, 1 dicembre 1883
Edizione: Jurgenson, Mosca, 1875 e 1888
Dedica: Nikolaj Grigor'evic Rubinstejn
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

La prima esperienza del massimo sinfonista russo nacque con molta fatica e subì diverse trasformazioni. Appena diplomatosi al Conservatorio di Pietroburgo nel 1866 a soli 25 anni Cajkovskij si trasferì presso il nuovo Conservatorio di Mosca, dove aveva ottenuto la cattedra di Armonia su invito del direttore Nikolaj Rubinstein, fratello di Anton. Nello stesso anno iniziò la composizione di una sinfonia per la cui realizzazione decise di trasferirsi presso gli amici Mjatlev a Peterhof, dove passò tutta l'estate e per la prima (e ultima) volta nella sua vita compose di notte, cosa che gli provocò una malattia nervosa. "Ho rovinato i miei nervi nella dacia di Mjatlev, affaticandomi sulla sinfonia, che stentava a venire". Al fratello Modest raccontava di "allucinazioni", di "congelamento delle estremità". Di questa brutta esperienza Cajkovskij si ricordava ancora nel 1875.

Poco prima che la sinfonia fosse del tutto finita, la mostrò ai suoi maestri di composizione e di teoria musicale del Conservatorio di Pietroburgo, Anton Rubinstein e Nikolaj Zaremba. Da parte loro ricevette soltanto severissime critiche e il rifiuto categorico di eseguirla a Pietroburgo. In una delle lettere Cajkovskij parla con molto risentimento "dei furfanti Zaremba e Anton Rubinstein". E anche dopo che l'autore ebbe sottoposto la partitura ad una profonda rielaborazione, i suoi professori non ritennero degna di esecuzione l'intera sinfonia, ma soltanto e a malapena l'Adagio e lo Scherzo, dei quali approvarono invece l'esecuzione. Nel frattempo lo Scherzo fu eseguito a Mosca il 10 dicembre 1866 sotto la direzione di Nikolai Rubinstein, senza successo. Nella capitale l'11 febbraio 1867 furono finalmente proposti l'Adagio e lo Scherzo sotto la direzione di Anton Rubinstein.

Infine l'intera Sinfonia ebbe la sua "prima" a Mosca sotto la bacchetta di Nikolaj Rubinstein, il 3 febbraio 1868, con esito assai felice. Il compositore scrisse al fratello Anatolij in data 12 febbraio 1868: "La mia sinfonia ha avuto grande successo ed è piaciuto soprattutto l'Adagio".

Anni dopo Pëtr ll'ic, in una lettera scritta al suo amico ed editore Jurgenson per ringraziarlo della stampa a sorpresa fatta in occasione del suo compleanno nel 1875 (nella quale non mancava però di rimarcare i numerosi errori di stampa), così riassumeva il faticoso percorso della Prima Sinfonia: "La Prima Sinfonia è stata scritta nel 1866. Su consiglio di Nikolaj Grigor'evic" [Rubinstein], ho fatto alcuni cambiamenti prima dell'esecuzione e in questa versione è stata eseguita nel 1868. Ma in seguito ho deciso di sottoporla a una revisione radicale. Ad ogni modo, non l'ho fatto prima del 1874". L'autore è molto affezionato al suo "peccato di giovinezza" e si dispiace che "abbia avuto una così diffìcile nascita".

Finalmente il 19 novembre del 1883 la Prima Sinfonia di Cajkovskij verrà eseguita a Mosca sotto la direzione di Max Erdmannsdòrfer nella sua versione definitiva. "Ero presente al concerto della Società Musicale in cui è stata suonata la mia sinfonia, che non veniva eseguita da sedici anni. Mi hanno chiamato in scena con molto entusiasmo e ciò è stato per me piacevole, e lusinghiero, ma allo stesso tempo estremamente penoso...".

Passiamo ora al sottotitolo della sinfonia: "Sogni d'inverno". Si tratta di musica a programma? A tal proposito citiamo l'opinione che Cajkovskij esprime in una lettera a Sergej Taneev: "Certo, la mia sinfonia ha un programma, ma è tale che è impossibile formularlo a parole. Sarebbe ridicolo e avrebbe un effetto comico. Ma la sinfonia non dovrebbe essere la più lirica di tutte le forme musicali? Non dovrebbe esprimere tutto ciò per cui non ci sono parole, ma che sgorga dall'anima e che vuole essere espresso?" Quest'opinione non si riferisce per la verità alla Prima Sinfonia, ma è comunque assai indicativa.

Ancora una testimonianza: dopo aver visitato la casa della sua amica e mecenate Nadezda von Meck, Pëtr ll'ic le scrisse nel settembre 1878 di aver notato un quadro, che, secondo lui, era "quasi come un'illustrazione del primo movimento della mia Prima Sinfonia. Il quadro rappresenta una larga strada d'inverno. È bello!" Inoltre è noto che la sinfonia fu scritta sotto l'impressione del viaggio del compositore sul lago Ladoga e sull'isola di Valaam.

Il primo movimento è intitolato "Visioni di un viaggio d'inverno". L'iniziale Allegro tranquillo crea subito quel clima fiabesco che Cajkovskij saprà felicemente ricostruire anche nei suoi balletti. Il tremolo misurato dei violini sullo sfondo suggerisce il morbido movimento della slitta. Il tema principale, una semplice canzone russa, viene esposto dai flauti e dai fagotti all'unisono a distanza di due ottave, creando una sensazione di freddo e di vuoto. In aggiunta appare un motivo cromatico discendente che in prima esposizione con i legni assomiglia ad un tintinnio, mentre scendendo verso il basso con gli archi diventa più inquieto. Questo tema viene ripreso per intero da altri strumenti e la sua evoluzione raggiunge sonorità piene, quasi trionfali. Anche il secondo tema, affidato al clarinetto, è una tipica canzone russa di ampio respiro. I tre elementi menzionati vengono riproposti da vari gruppi di strumenti, che si alternano come in una conversazione, con richiami a distanza, prima del climax finale. Nella coda il tema principale viene riproposto con la stessa strumentazione dell'esposizione.

Il secondo movimento, Adagio cantabile ma non tanto è intitolato "Terra desolata, terra di brume". Si apre e si chiude con una sorta di quartetto d'archi. Il tema viene esposto la prima volta dall'oboe col sostegno del flauto e del fagotto. Un leggero cambiamento di tempo coinvolge i violoncelli, e il tema assume così un carattere più malinconico. Dopo il ritorno al Tempo I e altre variazioni si arriva ad un improvviso accordo dei soli archi, seguito dall'ingresso di due corni che eseguono il tema fortissimo, marcando la melodia con molta espressione. La sonorità cresce ancora e giunge all'apice quando improvvisamente tutto s'interrompe e ritorna il quartetto d'archi iniziale con il sostegno del contrabbasso. L'inizio e la fine di questo movimento ben si prestano all'immagine delle brume e della cupezza del paesaggio russo dipinto da Isaak Levitan o descritto da Anton Cechov, due contemporanei del compositore a lui assai cari.

Il terzo movimento, lo Scherzo - Allegro scherzando giocoso, non ha più alcuna indicazione programmatica. Il viaggio invernale qui s'interrompe. Il materiale della prima e della terza parte dello Scherzo proviene dalla Sonata in do diesis minore per pianoforte composta nel 1865 ma annotata come op. 80. La figurazione ritmica estesa in due battute, con uno spostamento di accento sul tempo debole in realtà è binaria, mentre il tempo dello Scherzo è ternario. Il tema principale è costituito da una serie di accordi eseguiti prima dagli archi e poi dai legni, con una strumentazione chiara e trasparente. Dopo una pausa generale inizia un elegante valzer, la danza preferita del compositore e da lui usata più e più volte. Nella coda ci sorprende una bella trovata: l'assolo dei timpani al quale viene affidato in pianissimo lo schema ritmico della mazurka.

L'eventuale "programma" del finale Andante lugubre - Allegro moderato - Allegro maestoso - Andante lugubre - Allegro vìvo potrebbe essere una grande festa popolare. Questo spiegherebbe l'apparizione della canzone (come nel finale della Quarta) "Sbocciavano i fiori", che si sviluppa gradatamente da un nucleo in sol minore per trasformarsi in blocchi di accordi in sol maggiore. L'organico è aumentato notevolmente con l'uso massiccio degli ottoni - trombe, tromboni e tuba - e ancora piatti, grancassa... Il netto contrasto tra "lugubre" e "maestoso" costituisce l'architettura di questo movimento in cui il compositore dimostra abilità nelle elaborazioni polifoniche unitamente alla capacità di raggiungere sonorità grandiose.

Valerij Voskobojnikov

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La stesura della Prima Sinfonia, portata a termine nel dicembre 1866, procurò a Cajkovskij una grave depressione nervosa, che si accentuò in seguito alle aspre critiche alla composizione ricevute dai suoi insegnanti del Conservatorio di Pietroburgo, Anton Rubinstein e Nicolai Zaremba. L'opera fu poi eseguita per la prima volta a Mosca, sotto la direzione di Nicolai Rubinstein, il 3 febbraio 1868, con un grande successo, che però non ebbe alcun seguito; la seconda esecuzione, dopo una definitiva revisione effettuata nel 1874, ebbe infatti luogo soltanto sedici anni dopo. Il primo movimento, Allegro tranquillo, porta il sottotitolo Sogni di un viaggio d'inverno ed ha un carattere tipicamente russo, evidente soprattutto nel bellissimo primo tema che ne costituisce per così dire la sigla e il principale elemento strutturale. Il secondo tempo, Adagio cantabile ma non tanto, porta anch'esso un sottotitolo (Terra di desolazione, terra di nebbie), ed è ricco di spunti cantabili di profonda malinconia. Lo Scherzo (Allegro scherzando giocoso) ha un andamento ritmico ostinato, mentre il Trio è costituito da un valzer, primo di una serie di valzer orchestrali cajkovskiani. Un breve Andante lugubre introduce il Finale; un Allegro moderato evocante una festa popolare, piena di entusiasmo e di colore, conclude la sinfonia.

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Ciaikovski pose mano alla sua Prima sinfonia nel marzo del 1866. La composizione gli richiese un grande sforzo: lavorava prevalentemente di notte, con notevole tensione. Logico che presto se ne sentissero le conseguenze: cominciarono a manifestarsi crisi nervose, con allucinazioni, accessi di terrore e intollerabili pulsazioni in testa (i «martelletti» li chiamava Ciaikovski). Il musicista, dissero i medici, stava giungendo sull'orlo della pazzia, e dovette rinunciare alla micidiale pratica del lavoro notturno. In giugno fu avviata la strumentazione, e in autunno Ciaikovski potè presentare il lavoro finito ad Anton Rubinstein e Nikolai Zaremba, suoi antichi maestri al Conservatorio di Pietroburgo, sollecitandone l'esecuzione nei concerti della Società musicale russa. Il parere dei due fu piuttosto tiepido: com'era tipico di un artista modesto, e soprattutto insicuro, qual era Ciaikovski, le critiche furono accolte, e la Sinfonia rielaborata in novembre. Ci furono due esecuzioni parziali: il 10 dicembre, a Mosca, si dette il terzo movimento della Sinfonia, l'11 febbraio '67, a Pietroburgo, ancora lo Scherzo e l'Adagio; in ambedue i casi, il lavoro fu accolto freddamente. Solo il 3 febbraio 1868 Nikolai Rubinstein, direttore del Conservatorio di Pietroburgo (dove egli aveva chiamato Ciaikovski a insegnare, offrendogli la cattedra di armonia), presentava per intero a Mosca la Sinfonia, che il compositore aveva voluto dedicargli, e che incontrò successo vivissimo. Nel '74 dopo aver composto la Seconda sinfonia, Ciaikovski riprendeva in mano la Prima, sottoponendola a radicali rimaneggiamenti: la nuova versione, pubblicata l'anno successivo dall'editore Jurgenson, rimase ineseguita fino al 19 novembre 1883, quando la diresse a Mosca Max Erdmannsdorfer. Ciaikovski fu molto lieto di questa riesumazione della sua prima composizione importante. «A dispetto di tutte le sue manchevolezze», aveva scritto un mese prima all'amico Karl Albrecht, «ho un debole per questo peccato della cara gioventù»; e il 15 novembre, alla signora Von Meck: «Non so se Ella conosca questo mio lavoro. Anche se sotto molti aspetti denuncia una certa immaturità, rigorosamente parlando esso resta più ricco, e migliore, di molti altri, che pure sono più maturi».

Il giudizio di Ciaikovski può esser sottoscritto in tutto e per tutto. La Prima sinfonia, sia pure dopo due revisioni, denuncia in molte cose di esser opera di un musicista di ventisei anni, destinato comunque a non conseguir mai, nemmeno nella più piena maturità, una sicurezza e un autocontrollo veramente completi. Tuttavia, sia pure in un quadro formale non sempre organico e motivato, essa rivela una felicità di ispirazione e una genuina chiarezza di intenti che autorizzano a far iniziare appunto con essa il catalogo delle composizioni importanti di Ciaikovski. Vi compaiono quelli che sarebbero stati i caratteri più tipici del miglior sinfonismo ciaikovskiano: un impianto costruttivo tradizionale, coerentemente a quel rispetto della classicità che contraddistinse Ciaikovski come il maggiore fra i compositori russi «occidentalizzati», che accoglie un vocabolario melodico e armonico comunque influenzato da una sensibilità a tutti gli effetti riconducibile a uno spirito nazionale; manifestata, come sempre, con turgido pathos e dichiarato impegno sentimentale, con intensi ripiegamenti lirici ed esplosioni di brillante vivacità non sempre vigilate o controllate. Né vi manca quell'intenzione programmatica (intesa in senso del resto abbastanza blando, più come una caratterizzazione di stati d'animo che come guida alla costruzione) che avrebbe informato, con esisti sostanzialmente simili, tutte le Sinfonie seguenti, e con ben altra partecipazione emotiva e ben altri significati, la coppia degli ultimi due capolavori sinfonici di Ciaikovski, la Quinta e la Patetica. Oltre al titolo della Sinfonia, ce ne danno testimonianza quelli apposti ai primi due movimenti, e di cui lo svolgimento di essi rende puntualmente ragione (Sogni di un viaggio d'inverno per il primo, Paese desolato, paese brumoso per l'Adagio). L'ampio Allegro iniziale si basa principalmente su un tema di sapore popolaresco, ripreso probabilmente da un autentico canto popolare russo. Pagina non sempre personalissima, essa tuttavia configura con garbo il quadro invernale proposto dall'indicazione programmatica, che appare vissuto con marcata sensibilità. Ben più felice la caratterizzazione espressiva dell'Adagio, aperto e concluso da ombrose visioni proposte dagli archi, e anch'esso intessuto su materiali melodici di delicato sapore folklorico. Lo Scherzo fu in parte ripreso da quello della Sonata in do diesis minore per pianoforte, composta nel 1865 e pubblicata postuma nel 1900 come op. 80: Ciaikovski vi premise quattro battute introduttive dei legni, e vi inserì un Trio originale, il primo esempio di quei Valzer sinfonici che gli furono cari (ne compaiono nella Terza, nella Quinta e nella Patetica), a contrastare con l'ostinato ritmico, esposto dai violini, che domina la sezione principale del movimento. Il Finale si apre con una cupa introduzione lenta, cui subentra l'ampia e non sempre stringata elaborazione contrappuntistica di un motivo breve e spedito; dopo il ritorno dell'introduzione, il movimento si conclude con una lunga Coda, alquanto pletorica e roboante.

Daniele Spini


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 16 aprile 2011
(2) Testo tratto dal Repertorio di Musica Classica a cura di Pietro Santi, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 2001
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 9 novembre 1980

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Ultimo aggiornamento 10 novembre 2017