La Tempesta, op. 18

Fantasia sinfonica in fa minore (da Shakespeare)

Musica: Petr Ilic Cajkovskij (1840-1893)
Organico: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, piatti, grancassa, archi
Composizione: Kamenka, 19 agosto - Mosca, 22 ottobre 1873
Prima esecuzione: Mosca, Società Musicale Russa, 19 dicembre 1873
Edizione: Jurgenson, Mosca, 1877
Dedica: Vladimir Vasil'evich Stasov
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Con i suoi elementi misteriosi, fiabeschi, soprannaturali, La Tempesta di Shakespeare stimola, da quattro secoli, la fantasia dei compositori. Con essa si sono cimentati, in varie forme operistiche, compositori come John Weldon (nel 1712), John Christopher Smith (nel 1756), Franz Anton Hoffmeister (nel 1792), Johann Friedrich Reichhardt (nel 1798), Friedrich August Kanne (nel 1811), Fromental Halévy (nel 1850), Zdenek Fibich (nel 1895), Felice Lattuada (nel 1922), Lukas Foss (nel 1940), Frank Martin (nel 1956), ma anche in tempi più recenti Lee Hoiby e Michael Nyman (entrambi nel 1991), Thomas Adès (con The Tempest, messa in scena al Covent Garden nel 2004) a Luca Lombardi (col suo Prospero, allestito allo Staatstheater di Norimberga nel 2006). Nella seconda metà dell'Ottocento la commedia shakespeariana è servita da ispirazione per altri generi musicali, come il poema sinfonico, raggiungendo il suo massimo esito, in questo campo, con La Tempesta op. 18 di Pëtr ll'ic Cajkovskij. Fu Vladimir Stasov, influente critico musicale e ideologo del Gruppo dei Cinque, che propose a Cajkovskij la commedia di Shakespeare come soggetto per un poema sinfonico. In una lettera del 30 dicembre 1872 gli presentò una rosa di possibilità che comprendeva anche due romanzi, Taras Bulba di Gogol e Ivanhoe di Walter Scott, stilando per ciascuno di questi testi dei programmi molto dettagliati. Questa è la traccia che scrisse per La Tempesta: "Si parte dal mare, dall'isola disabitata, con la figura possente e minacciosa del mago Prospero, per poi passare a quella graziosa e sensuale di Miranda, una specie di primitiva Eva, che non ha mai visto un uomo (a parte Prospero), finché viene colpita dalla tempesta e gettata a terra con il bello e giovane Ferdinando; i due si innamorano, e credo che a questo punto della sinfonia ci dovrebbe essere un motivo meraviglioso e poetico, che corrisponda alla graduale agitazione di Miranda, che perde l'innocenza infantile, e diventa una giovane donna innamorata. Nella seconda metà dell'Ouverture la passione, sua e di Ferdinando, dovrebbe manifestarsi già a vele spiegate, mentre abbracciano i fuochi d'amore [...]. La sezione centrale dell'Ouverture dovrebbe essere raggruppata in tre sezioni principali: il mostro Caliban, lo spirito incantato di Ariel, e il suo coro di elfi. L'Ouverture dovrebbe concludersi con la descrizione di Prospero che rinuncia ai suoi poteri magici, benedice l'unione della giovane coppia, e ritorna sulla terraferma".

La scelta di Cajkovskij cadde proprio su questo soggetto, ma non iniziò subito a lavorarci. Interpellò anzi l'amico Stasov a più riprese, per avere maggiori chiarimenti, a dimostrazione di quanto fosse grande la fiducia che riponeva in lui. In una lettera del 15 gennaio 1873 gli scrisse: "Ci deve essere davvero una tempesta nella Tempesta? Cioè, è essenziale descrivere la furia degli elementi in un'Ouverture scritta su un dramma dove questa circostanza serve semplicemente come punto di partenza per tutta l'azione drammatica? [...] E se non è necessaria perché non intitolare l'Ouverture Miranda? Chiedo il tuo consiglio perché il piano sia assolutamente chiaro nella mia mente prima di cominciare a scrivere la musica". A breve giro, Stasov gli rispose che una tempesta in musica era necessaria, anzi gli suggerì di inserire l'elemento marino all'inizio e alla fine della composizione, e di rappresentarlo come un elemento calmo, che non gradualmente - come accade in tante celebri tempeste orchestrali - ma improvvisamente diventa tempestoso ("iniziare improvvisamente, a piena forza, in un turbinio assoluto") perché questa tempesta è frutto di una magia, non della natura. Mesi dopo Cajkovskij si mise al lavoro, seguendo meticolosamente le indicazioni di Stasov. Nell'arco di dieci giorni, nell'agosto del 1873, abbozzò l'intera partitura, ispirato anche dal paesaggio di Usovo, vicino a Kiev, dove trascorreva le vacanze presso l'amico e allievo Vladimir Shilovskij, dalle passeggiate tra i boschi e le steppe, dalla quiete notturna della campagna ("[...] senza alcuno sforzo, come se fossi sotto l'influenza di qualche forza soprannaturale, ho abbozzato tutta la partitura della tempesta"). A settembre cominciò il lavoro di orchestrazione e in ottobre portò a termine la partitura di questa "fantasia sinfonica in fa minore", dedicata ovviamente a Stasov. La prima fu diretta da Nikolaj Rubinstejn il 19 dicembre 1873 a Mosca, e fu un grande successo. Un anno dopo, nel novembre del 1874, La Tempesta fu eseguita anche a San Pietroburgo, con Eduard Nàpravnìk sul podio, e con Stasov e Rimskij-Korsakov in sala, rapiti dalla perfetta caratterizzazione dei personaggi e delle scene, e dalla magnificenza dell'orchestrazione.

Anche se il suo autore non fu sempre così convinto della riuscita di questa pagina (nel 1879 fece una sorta di autocritica, giudicandola troppo lunga, disorganica, fatta di episodi sconnessi), La Tempesta è senz'altro uno dei migliori poemi sinfonici di Cajkovskij, e non a caso nel 1885 gli valse il premio "Beljaev" (di 500 rubli) come migliore opera sinfonica russa. Articolato in sei sezioni nettamente distinte, si apre con un episodio (Andante con moto) che descrive la calma del mare, in una dimensione musicale statica, dominata da arpeggi uniformi degli archi (divisi) e dalle linee distese e solenni dei corni, solo lievemente increspata dalle figure movimentate dei legni che rappresentano Ariel.

Il secondo episodio corrisponde allo scatenarsi improvviso della tempesta (Allegro vivace): è una pagina tumultuosa nella quale si intrecciano le rapide figure degli archi, come folate di vento, le scale dell'ottavino, come lampi, i disegni densi e laceranti degli ottoni, in una trama fortemente cromatica e armonicamente instabile. Per contrasto l'episodio seguente (Sull'isola: Andante con moto - Andantino), in sol bemolle maggiore, appare come una oasi di serenità: è la scena d'amore tra Miranda e Ferdinando, quasi un duetto operistico dominato da un tema pieno di pathos, introdotto dai violoncelli e poi ripreso da tutti gli archi (dolcissimo e molto cantabile ed espressivo), una scena piena di slanci, sospensioni, effetti d'eco.

Il quarto episodio (Allegro animato) è uno scherzo tutto giocato sulla contrapposizione tra Ariel e Caliban, cioè tra un tema leggero e movimentato dei legni e una figura pesante e sgraziata di violoncelli e contrabbassi, motivi che si sovrappongono generando un incalzante crescendo. Segue una ripresa del tema d'amore (Andante non tanto), questa volta in la bemolle maggiore, e affidato ai legni, che poi raggiunge il suo climax in una perorazione di tutta l'orchestra (un fortissimo con cinque "f" e l'indicazione "Largamentissimo"), e una incalzante stretta finale. La Fantasia si chiude, secondo i suggerimenti di Stasov, con una ripresa del quadro marino, e con una modulazione che riporta al fa minore d'impianto e fa riecheggiare in lontananza il solenne tema dei corni.

Gianluigi Mattietti

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Alla fine di dicembre del 1876, Madame von Meck, ricchissima barynia appassionata di musica e sostenitrice di giovani talenti in difficoltà finanziarie, aprì i saloni della sua casa per un ennesimo concerto, chiamando come protagonista della serata il pianista e direttore d'orchestra Nikolaj Rubinstein. Questi ritenne fosse l'occasione buona per attirare l'attenzione della baronessa sul suo giovane amico Petr Il'ic Cajkovskij (allievo, tra l'altro, di suo fratello Anton). Eseguì dunque al pianoforte un suo pezzo, illustrandone le caratteristiche e dicendo due parole elogiative sull'assente Autore. Non occorse niente di più. «Tutto ciò che mi avete detto a proposito di questo giovane musicista - dichiarò la gentildonna a Rubinstein - risponde al vero al di là di ogni aspettativa. Non avete più bisogno di difendere la sua causa. L'ha già fatto la sua musica che abbiamo or ora ascoltato.»

Tempo alcune settimane e la corrispondenza, che sarebbe diventata leggendaria, tra Nadjeshda von Meck e Cajkovskij, era già avviata. Lei gli chiese alcune sue partiture, la trascrizione per piano di pagine orchestrali e una sua fotografia.

Il pezzo che aveva fatto scattare la molla del singolare amore (durerà tredici anni) tra la mecenate e il compositore, era una riduzione della Fantasia sinfonica in fa minore op. 18 "Burja" o "La tempesta", composta nell'estate del 1873 e la cui prima esecuzione pubblica (Mosca, 19 dicembre) era avvenuta sotto la direzione dello stesso Nikolaj Rubinstein.

A suggerire a Cajkovskij il soggetto per il suo secondo incontro con la poetica shakespeariana dopo Romeo e Giulietta, era stato Vladimir Stasov, il teorico del Gruppo dei Cinque, durante una serata in casa di Rimskij Korsakov, a San Pietroburgo («Credo che le scene d'amore che si trovano in quest'opera facciano esattamente il caso vostro...») e toccò nel segno. A offrire le condizioni di tranquillità per comporre fu invece l'amico Silovskij, che invitò il musicista nella sua casa di campagna di Ussovo, luogo di grande serenità e ricettacolo di artisti e intellettuali. Musorgskij vi era ospite abituale dal 1859 e così Kostantin.

Nell'immensa proprietà di Ussovo, Cajkovskij si distende. Se le prime idee sono affiorate, come sempre, durante il viaggio, è nella quiete della grande campagna russa che prendono forma. Qui cresce e matura Burja, La tempesta.

«Mi trovavo alfine solo, veramente solo - ricorderà poi il musicista in una lettera a Nadjeshda - in una meravigliosa oasi delle steppe... Non so dirvi la felicità che provavo in quella solitudine. Ero in uno stato di esaltazione, di estasi ininterrotta, di beatitudine. Di giorno passeggiavo nei boschi, di sera camminavo nella steppa, di notte mi mettevo davanti alla finestra aperta per ascoltare il silenzio solenne del deserto, solo a volte turbato da un mormorio confuso che veniva da lontano. Senza il minimo sforzo, e come assecondato da una potenza soprannaturale, in quelle due settimane composi, quasi mio malgrado, tutto il primo abbozzo della Tempesta

Come era avvenuto per Purcell, Luigi Caruso, Peter Winter e Halévy che avevano affrontato prima di lui il dramma di Shakespeare, anche Cajkovskij si mantiene aderente al soggetto, svolgendolo secondo un piano suggeritogli da Balakirev.

L'azione è contenuta tra due poli che vertono su una costante: il mare.

«Prospero, mago e monarca detronizzato dal proprio fratello, vive su un'isola incantata con sua figlia Miranda, lo spirito dell'aria Ariel e lo schiavo Calibano. Un giorno, il fratello incrocia al largo dell'isola e Prospero chiede ad Ariel di sollevargli contro una tempesta. La nave fa naufragio. Tra i sopravvissuti che approdano sull'isola c'è il figlio del re, Ferdinando, subito preso d'amore per Miranda. La coppia si unisce felicemente. Prospero si spoglia del suo magico potere, lascia l'isola e recupera il suo regno.»

Alla prova generale de La tempesta assistono i Cinque che, Rimskij in testa, così come per tanto tempo hanno contrastato Cajkovskij trovandogli ogni sorta di difetti, ora gridano al miracolo. «L'opera è bella, ardente, meravigliosamente orchestrata, melodiosa e superba» scrive Cesar Cui.

Ma era difficile conciliare la visione dei Cinque con il credo artistico che l'esteta Cajkovskij non si stancava di proclamare «Il nostro fine, nella musica, deve essere la bellezza, solo la bellezza.»

Più autentico l'entusiasmo di Stasov, ispiratore e destinatario de La tempesta: «Nelle due scene d'amore, quanta passione, quanta voluttà! Non trovo paragoni. E Calibano: un colosso magnifico e selvaggio. E lo slancio di Ariel! Splendido, splendido.»

Come tutta la produzione cajkovskiana, anche La tempesta presenta una squisita tornitura sinfonica e grande abilità dello strumentare.

A questo proposito si ricorderà che Cajkovskij, sempre intimamente scontento e depressivo, accusò grande sconforto ascoltando la sua opera in un concerto in cui essa era in programma abbinata alla Sinfonia della Riforma di Mendelsshon. Preso da forte emozione davanti alla «straordinaria maestria di Mendelsshon», confrontandola alla propria concluse con amarezza «A me la maestria manca». Sbagliava, naturalmente. Tra l'altro, proprio in questa partitura, accanto alla magistrale elaborazione dei temi e al carattere originale, per evocare l'accavallarsi dei marosi egli mette in opera un procedimento di particolare abilità ed efficacia: il moto degli archi divisi e armonie di effetto statico, che sortiscono un sorprendente effetto-Wagner.

L'inizio de La tempesta (moderato assai), con la lunga introduzione che ritorna nella coda, ha una impostazione tonale e armonica maestosa che si amplifica verso un clima di trascendenza. Aleggia un senso di ineluttabile che ha la stessa drammaticità degli arcani richiami del Vascello fantasma, poi s'innestano brevi temi di sapore folcloristico (rigorosamente russi) inghiottiti dall'incalzare di ritmi concitati che raccontano lo sconquasso del naufragio. Il successivo momento dell'amore ha trasporti di cui si ricorderà Mahler. Dopo la riesposizione del tema melodico, il movimento si conclude in un clima disteso, interrotto dalle volatili apparizioni di Ariel e dai grevi interventi di Calibano.

Certo, anche La tempesta è musica "a programma", ma proprio nell'aspetto descrittivo, quasi di impatto visivo, Cajkovskij tocca le punte più travolgenti, come i furori carnali dell'uragano, che ricordano l'apparizione demoniaca di Rothebart nel Lago dei Cigni, o, al contrario, i rapinosi trasalimenti degli amanti, prima timidi e idilliaci, poi sconvolti dalla irrefrenabile passione.

Cajkovskij, il musicista "irrimediabilmente russo" (anche se qualcuno lo tacciò di essere "tedesco" e se lui, dal canto suo, si firmava con la assurda fonetica francese: Tschaìkosky); Cajkovskij il "malato di romanticismo"; Cajkovskij "il patetico". Eppure non abbastanza da non attirare l'incondizionata ammirazione di Stravinskij. Del resto, non ha detto qualcuno che l'entrata di Calibano guida per mano quella di Apollon Musagète?

Carlo Maria Casanova


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorium Parco della Musica, 24 marzo 2012
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto della Fondazione Teatro Lirico di Cagliari,
Cagliari, Teatro Comunale, 21 febbraio 2003

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Ultimo aggiornamento 10 novembre 2013