Variazioni su un tema rococò per violoncello e orchestra, op. 33


Musica: Petr Ilic Cajkovskij (1840-1893)
  1. Thema. Moderato assai quasi Andante (la maggiore). Moderato semplice
  2. Variazione I. Tempo del Thema
  3. Variazione II. Tempo del Thema
  4. Variazione III. Andante
  5. Variazione IV. Allegro vivo
  6. Variazione V. Andante grazioso
  7. Variazione VI. Allegro moderato
  8. Variazione VII. Andante sostenuto
  9. Variazione VIII e Coda. Allegro moderato con anima
Organico: violoncello solista, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, archi
Composizione: dicembre 1876
Prima esecuzione: Mosca, Società Musicale Russa, 30 novembre 1877
Edizione: Jurgenson, Mosca, 1889
Dedica: Wilhelm Fitzenhagen
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Le Variazioni su un tema rococò per violoncello e orchestra furono scritte nel 1876, qualche mese prima della Quarta sinfonia e dell'Evgenij Onegin, l'opera che avrebbe dato larga fama a Cajkovskij per la ricchezza e la varietà dell'invenzione melodica, oltre che per la penetrante caratterizzazione dei personaggi. Il musicista compose le Variazioni pensando ad un eccellente violoncellista il Fitzenhagen, il quale dal 1870 era "Konzertmeister" della Società musicale imperiale russa e stimato professore nel Conservatorio di Mosca. Costui era un personaggio introverso e di poche parole e probabilmente anche per una certa affinità psicologica aveva incontrato le simpatie di Cajkovskij, che gli dedicò questo brano di notevole impegno virtuosistico. Si tratta di una composizione ispirata alla poetica del Settecento e in primo luogo all'esempio mozartiano, della cui musica l'autore fu un fedele e appassionato ammiratore. L'opera inizia con una introduzione orchestrale dove si dispiega la perspicace abilità e il raffinato senso strumentale del musicista; dopo il pizzicato degli archi nel dialogo con i legni si ode la romantica melodia del corno che conduce al tema delle variazioni. Interviene la frase, intonata ad un fraseggio morbido e suadente, del violoncello da cui si dipanano le sette variazioni, intercalate da interludi orchestrali e da cadenze. Cantilene fresche e gioiose dalle pastose sonorità, si alternano a momenti elegiaci e malinconici, con passaggi di bravura che coinvolgono il solista e l'orchestra, destando l'interesse dell'ascoltatore sia per la brillante scrittura del violoncello e sia per l'amabile linguaggio della strumentazione. In ciò risiede l'interesse specifico per questo brano evasivo e fantasioso, in cui non manca certamente il gioco della contaminazione e del rifacimento dello stile altrui, a livello di elegante e piacevole elaborazione orchestrale del tutto personale. Per una curiosa coincidenza, le Variazioni su un tema rococò furono terminate un paio di giorni prima che entrasse nella tormentata vita di Cajkovskij un personaggio per lui molto importante: la signora Nadezda Filaretovna von Meck, con cui il musicista intrecciò fino all'autunno del 1890 un amore invisibile e idealizzato, senza mai incontrare personalmente la munifica e ardente sostenitrice della sua arte.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La produzjone solistica per violoncello di Pëtr ll'ic Cajkovskij comprende due lavori originali, le Variazioni su un tema rococò op. 33 e il Pezzo capriccioso op. 62, e due trascrizioni, l'Andante cantabile dal Quartetto n. 1 op. 11 e il Nocturne dal quarto dei Six Morceaux op. 19 per pianoforte. È l'amicizia che lega Cajkovskij a due grandi virtuosi, Wilhelm Fitzenhagen (1848-1890) e Anatolj Brandukov (1856-1930), a offrire all'autore l'occasione di scrivere e di trascrivere per il violoncello. Per il tedesco Fitzenhagen, attivo a Mosca come insegnante presso il Conservatorio e poi anche come direttore della Società Musicale e Orchestrale, Cajkovskij compone le Variazioni su un tema rococò; a Brandukov, uno dei più brillanti allievi di Fitzenhagen, sono invece destinati il Pezzo capriccioso e le due trascrizioni.

La vicenda intorno alle Variazioni su un tema rococò è piuttosto travagliata. La composizione risale al dicembre 1876. Non essendo violoncellista, Cajkovskij ricorse com'era ovvio ai consigli dell'amico Fitzenhagen, che aveva preso parte alle prime esecuzioni dei suoi tre Quartetti per archi. Una volta accolto il lavoro a lui dedicato, tuttavia, Fitzenhagen non si limitò a rivederne la parte solistica ma si ritenne autorizzato a intervenire a fondo sulla sua sostanza compositiva: modificò l'ordine delle variazioni dalla terza in avanti, eliminò l'ultima, alterò ed estese diversi passaggi. Dopo la prima esecuzione, avvenuta a Mosca il 30 novembre 1877 con Fitzenhagen al violoncello e Nikolaj Rubinstein alla direzione dell'orchestra, le Variazioni su un tema rococò circolarono per quasi settant'anni soltanto in questa versione pesantemente ritoccata dal dedicatario il quale, tra l'altro, la fece pubblicare due volte, nel 1878 (riduzione per violoncello e pianoforte) e nel 1889. Ora, ciò che sorprende non è tanto la disinvoltura di Fitzenhagen, che come tutti i virtuosi del tempo si riteneva in diritto di poter intervenire sulla musica altrui, quanto piuttosto l'atteggiamento d'irritata acquiescenza manifestato da Cajkovskij, che in circostanze analoghe reagì invece con durezza nei confronti di chi si era provato a scempiare le sue composizioni. In ogni caso, sarà soltanto grazie alla dedizione di Gregor Piatigorsky e alla pubblicazione della versione originale (1956) che le Variazioni su un tema rococò inizieranno ad essere conosciute nella forma voluta dall'autore.

Tra le altre cose la versione cinicamente ripensata da Fitzenhagen in funzione di un mero effetto virtuosistico offusca la relazione della musica con il Settecento, secolo così amato da Cajkovskij, e la sua natura di raffinato pastiche stilistico. Con la Serenata op. 48 (1881) e la Suite n. 4 op. 61 (1887), le Variazioni su un tema rococò sono infatti l'esempio più significativo della nostalgia dell'autore per il Settecento, identificato anzitutto con Mozart e vagheggiato come una sorta di paradiso perduto. La proiezione retrospettiva verso una mitizzata epoca aurea retta dall'equilibrio armonioso della forma e della misura espressiva incominciò a rappresentare per Cajkovskij un punto di fuga, un rifugio tanto più necessario quanto più la sua musica tendeva, d'altro canto, a farsi sempre più inquieta e tormentata. Al di là dei percepibili riferimenti linguistici, la rivisitazione settecentesca di Cajkovskij è naturalmente filtrata attraverso la sensibilità di un altro tempo e di un altro mondo; l'autore abbandona ben presto la struttura metrica e armonica del tema, concentrando l'elaborazione compositiva sulla variazione di carattere e sui singoli elementi della melodia.

L'introduzione orchestrale, in tempo Moderato assai quasi Andante, è un sipario sonoro che si leva, preparando alla particolare atmosfera del pezzo. Questa è definita dal Thema. Moderato semplice, in la maggiore: un'idea di eleganza squisita e fascinosa, costituita da un classico periodo di sedici battute, che il violoncello suona accompagnato dagli archi ed è conclusa da una codetta di otto misure, dove il filo del discorso passa dai legni agli archi e quindi ritorna al solista. Nel corso del brano, la codetta sarà utilizzata con funzioni di ritornello e d'interpunzione.

Nella Variazione I. Tempo del Thema Cajkovskij mantiene la struttura metrico-armonica del tema e della codetta, limitandosi a scrivere una parte ornamentale, in terzine, per il solista, di gusto mozartiano. Già dalla Variazione II. Tempo del Thema, tuttavia, s'assiste a un processo di estensione della struttura originaria che non lascia dubbi sulla sensibilità ottocentesca dell'autore: il tema è trasformato in un fitto dialogo tra il violoncello e l'orchestra, poi la codetta induce il solista a un passaggio cromatico, con inflessioni minori, e quindi a una breve Cadenza virtuoslstica. A questa succede la Variazione III. Andante in re minore, dal tono intensamente elegiaco, in cui la parte cantabile del violoncello è accompagnata dai pizzicati degli archi e dagli arpeggi del clarinetto; nella codetta-ritornello il solista tiene un re grave di pedale per poi ascendere al registro degli armonici più acuti. Nella Variazione IV. Allegro vivo si ripropone un serrato, leggerissimo dialogo virtuosistico tra il violoncello e l'orchestra, con flauto e oboe in rilievo concertante, dialogo che qui esclude però il materiale della codetta-ritornello. La struttura della Variazione V. Andante grazioso offre uno schema ternario proposto tre volte e che allinea, nell'ordine, un periodo soavemente manierato per il violoncello accompagnato dagli archi, l'inciso dei legni tratto dalla codetta-ritornello e quindi un passo solistico di collegamento, in rapido staccato. Nella Variazione VI. Allegro moderato la linea del tema torna a risuonare al flauto e poi agli archi, mentre il violoncello si produce in trilli continui e figure ornamentali per interporre quindi una breve Cadenza; dopodiché la chiusa solistica della codetta-ritornello si amplia in una transizione modulante. Oltre a essere caratterizzata dal metro ternario, la Variazione VII. Andante sostenuto è infatti in do maggiore. Ora il tema viene trasformato ed espanso in un ampio pezzo lirico, una sorta di valzer triste di memorabile impatto emotivo dove Cajkovskij sfoggia tutta la sua prodigiosa invenzione melodica e armonica. Degno dei più celebri balletti dell'autore, l'appassionato cantabile del violoncello nel registro tenorile è sostenuto con discrezione dagli archi e impreziosito da interventi dei legni che si fanno ancor più presenti nella ripetizione variata. Nell'epilogo, che va sfumando come un sogno, ricompaiono tra sonorità soffuse, ai legni e agli archi, motivi della codetta-ritornello. È una sospensione adeguata a preparare la Variazione VIII e Coda. Allegro moderato con anima, dove il violoncello si lancia in una brillante corsa virtuosistica che comprende rapide figurazioni, assidua insistenza nel registro acuto, arpeggi, ottave e passi a doppie corde.

Cesare Fertonani


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 21 novembre 1984
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 198 della rivista Amadeus

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Ultimo aggiornamento 17 maggio 2017