Sinfonia n. 2 in do minore, op. 12


Musica: Alfredo Casella (1883 - 1947)
  1. Lento, grave, solenne
  2. Allegro molto vivace
  3. Adagio, quasi andante
  4. Finale: Tempo di marcia ben risoluto, con fuoco
  5. Epilogo: Adagio mistico. Con tutta l'intensità di espressione possibilke
Organico: 3 flauti (anche ottavini), 3 oboi, (3 anche corno inglese), 3 clarinetti (2 anche clarinetto basso, 3 anche clarinetto piccolo), 4 fagotti (4 anche controfagotto), 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, percussioni, 2 arpe, organo, archi
Composizione: 1908 - 1909
Prima esecuzione: Parigi, Salle Gaveau, 23 aprile 1910
Guida all'ascolto (nota 1)

Lasciamo allo stesso Casella, attraverso la sua autobiografia I segreti della giara, il compito di introdurre l'opera che chiude il concerto: «Verso l'estate [del 1908], cominciai la composizione di una Seconda Sinfonia in do minore alla quale lavorai con molto impegno. Questa partitura è rimasta inedita. È un lavoro di circa tre quarti d'ora, dietro al quale si scorgono imperiose le ombre di Mahler e di Strauss e - meno visibili - quelle di Rimsky e di Balakirev. È curioso rilevare come - vivendo già in Francia da undici anni ed avendovi completato la mia educazione artistica - io subissi così poco l'influenza dell'ambiente circostante. Questo deriva senza dubbio dalla mia natura italiana che era già allora fortemente anti-impressionistica e che cercava istintivamente altre vie che non quelle seguite allora dalla maggiore arte francese.»

La Seconda Sinfonia venne poi eseguita a Parigi il 23 aprile del 1910 sotto la direzione dello stesso compositore. Il concerto ebbe luogo a meno di una settimana di distanza dalla prima esecuzione francese della Sinfonia n. 2 "Resurrezione" di Gustav Mahler. Era stato proprio Casella, trovando i fondi necessari all'esecuzione di un brano di proporzioni monumentali che prevede l'impiego di un coro e di due solisti vocali e dura un'ora e venti minuti, a farsi promotore dello storico concerto diretto da Mahler medesimo. L'impegno diretto di Casella per Mahler, in un certo senso condizionò la ricezione critica di entrambi i lavori, come testimoniano gli stralci delle recensioni che abbiamo raggruppato qui sotto.

André Lamette per Le Guide Musical: «Solo pochi eletti hanno potuto ascoltare le sinfonie di Mahler in Germania e sono questi che con il loro entusiasmo ci hanno fatto rimpiangere più vivamente la nostra ignoranza. Uno di questi, Alfredo Casella, si è dimostrato particolarmente ardente e abbiamo letto nell'ultimo numero di "S.I.M." [Rivista Musicale della Société Internationale de Musique, ndr] un articolo straripante di ammirazione a proposito, appunto, della Seconda Sinfonia di cui restituiva una dettagliata analisi. Ora che abbiamo fatto conoscenza con questa - o per meglio dire ne abbiamo fatto un primo ascolto - proveremo a spiegare il motivo per cui non condividiamo i sentimenti dell'eloquente commentatore, mantenendo una riserva prudente sulla nostra, più o meno fugace, impressione».

E, conseguentemente, sempre su Le Guide Musical della settimana successiva: «Alfredo Casella ha dato il 23 aprile, un concerto dedicato alle proprie opere. Fino dagli esordi, questo giovane pianista ha testimoniato la giustificata ambizione di essere soprattutto un compositore. La sua opera è già considerevole per i pochi anni che le ha consacrato e comprende due sinfonie, il che non è banale. La Seconda è stata parte di questo programma: lo stile rimanda a quello di Gustav Mahler, forma classica ed elementi moderni, complessi, drammatici, a volte piuttosto bizzarri (si ritrova qui, non senza retorica, la grande ammirazione che Casella manifesta per il maestro tedesco)».

Fin qui, potremmo dire tutto bene, almeno per Casella, altri però non furono dell'idea e scrissero, per esempio come M. Orban su Le Courier Musical: «Ma Alfredo Casella mi pare trasgredire l'estetica musicale in questo lungo e fragoroso poema sinfonico che intitola Seconda Sinfonia... Si tratta di musica drammatica e a programma, che abusa delle percussioni e degli ottoni, una sorta di processione elefantiaca e dissonante dove tutti gli strumenti urlano senza quasi respirare, una sorta di apoteosi del rumore che lascia l'ascoltatore incredulo e assordato. Perché chiamare con il nobile nome di sinfonia la musica a programma più fragorosa che mi sia stato dato di ascoltare fino ad oggi? Il Maestro Casella è un più che rimarchevole orchestratore ed un abile musicista, ma mi pare coltivi un amore veramente esagerato per lo stile Rapsodia-Pot-Pourri nella sua accezione più volgare».

Nonostante molte altre recensioni riconoscessero ben altri meriti alla coraggiosa composizione del Casella, furono proprio le accuse di eccessiva devozione ai propri ispiratori, la struttura complessa e tormentata, a segnare allora il destino di quest'opera che, dopo essere stata ripresa l'anno successivo al Concertgebouw di Amsterdam su invito di Mengelberg, rimase muta in un cassetto praticamente fino alla fine degli anni 70.

La Seconda Sinfonia in do minore op. 12 è suddivisa in quattro movimenti più un Epilogo e si apre su un tempo di marcia dai toni scurissimi, timpani, tam-tam, gran cassa e campane impegnati a fornire la materia cromatica di questa suggestione che, dopo poche misure, stacca su di un Allegro energico con un tema sincopato esposto inizialmente dagli archi. A questo primo tema succede, sciogliendo la tensione ritmica con uno schema apertamente straussiano, un tema cantabile che, alla fine, si trascolora di nuovo nella marcia iniziale riproponendo, in modo più ampio e sviluppato, tutta la struttura tripartita una seconda volta. La conclusione è affidata ancora alla marcia iniziale e al tema sincopato. Su quest'ultimo, con uno stringendo sopra il tempo veloce si arriva alla chiusura secca ed improvvisa.

Il secondo movimento, la cui apertura è affidata ad un Allegro molto vivace, con un ritmo incalzante di sapore meridionale, volge decisamente la tavolozza coloristica verso il mediterraneo. L'incalzare dell'ostinato ritmico viene corroborato da incisi di tutti gli strumenti a fiato a guisa di squillanti fanfare, ottenendo così un effetto di continuo crescendo, fino poi a sciogliersi dentro una malinconica e altalenante melodia introdotta dai corni e, successivamente, sviluppata dagli archi sopra un tema dal sapore vagamente tzigano. La chiusa è affidata al da capo secco della prima sezione.

Il terzo movimento, come i due precedenti, prende l'avvio sul tempo segnato dai timpani, con un'indicazione agogica piuttosto ambigua: Adagio, quasi andante. Il cambio di passo, di atmosfera, di riferimenti compositivi è piuttosto deciso e, dopo una breve introduzione affidata prima ai legni e poi a questi insieme agli ottoni, attacca una lunga figurazione melodica - violini e legni al principio - di gusto mahleriano, che si stenderà per tutto il movimento e verrà ripresa dalle varie famiglie strumentali. Per le caratteristiche stesse di questa melodia aperta, che sembra non avere fine ma piuttosto continuamente perdersi e ritrovarsi, le armonizzazioni si fanno, via via, più estenuate e "tardo romantiche".

Il quarto e ultimo movimento, Finale-Epilogo, si apre con una marcia militaresca piuttosto briosa sulla quale si inseriscono brevissimi sezioni sincopate. A questa si giustappone con una eloquente indicazione - Ancora più lento, quasi una marcia funebre - una seconda sezione dai toni decisamente luttuosi. Questo schema viene ripetuto una seconda volta, ma qui la marcia militare si trasfigura e si sviluppa come una descrizione fonica di una vera e propria battaglia, con accumuli di tensione, esplosioni e dissipazione di energia, reiterati in termini sempre più feroci e stringenti fino a placarsi dentro alla marcia funebre, declinata con toni ancora più cupi e una breve coda che porta all'Epilogo sormontato in partitura dall'incipit del primo canto del Purgatorio di Dante:

«Per correr miglior' acque alza le vele
Ormai la navicella del mio ingegno
Che lascia dietro a sé mar sì crudele...»

Organo e archi aprono questo squarcio musicale, manifestamente a programma, con l'esplicita indicazione: Adagio mìstico, con tutta l'intensità di espressione possibile. È di nuovo quella figurazione melodica aperta del terzo movimento a farsi strada, ma questa volta, accanto a Mahler, è chiaramente presente anche l'ombra di Richard Strauss. Nonostante l'iper eloquenza degli effetti, soprattutto nel finale, sono pagine sorvegliatissime nella costruzione sinfonica, e svelano con chiarezza solare la soglia di uscita di una struttura complessa e ambiziosa quale quella messa in opera dal giovane Casella.

Composta fra i 25 e i 26 anni di età, tutto si può dire di questa Sinfonia tranne che si trattasse di un frutto acerbo. Anzi, alla luce dei tormentati passaggi stilistici che oggi possiamo verificare nel complesso dell'opera del Maestro torinese, è lecito dire sia questa una compiuta rappresentazione di quell'attitudine "laica" ad esporsi e a studiare le musiche del suo tempo, un tempo cruciale e decisivo per tutti gli sviluppi della musica novecentesca, un tempo nel quale si mescolavano e fronteggiavano stimoli potentissimi e, spesso, antagonisti. Così, se vogliamo aggiungere un ultimo nome a quel presepe di Maestri che lo stesso Casella ha evocato quali numi tutelari di quegli anni, io pronuncerei senz'altro quello di Ferruccio Busoni (1866-1924), musicista ammiratissimo da Casella che visse più di lui l'esperienza di emigrante diviso fra la propria madrepatria e il paese di elezione. Busoni, come Casella, fu sempre pronto e disponibile ad immergersi nel flusso musicale sempre più rapido e tumultuoso che attraversava i primi anni del secolo scorso. La sua Turandot Suite, per dire, è del 1904 e suona come una sorella maggiore di questa Sinfonia, ognuna con la sua specifica personalità, ma con i tratti comuni dello sforzo di sintetizzare e sviluppare, anche forzando regole e forme tradizionali, una lingua in grado di riportare al passo una tradizione strumentale che in Italia era stata oscurata dalla musica teatrale del XIX secolo.

Francesco Lombardi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 18 aprile 2015


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Ultimo aggiornamento 24 aprile 2015