Sinfonia in re maggiore


Musica: Luigi Cherubini (1760 - 1842)
  1. Largo. Allegro
  2. Larghetto cantabile
  3. Minuetto: Allegro non tanto
  4. Finale: Allegro assai
Organico: flauto, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi
Composizione: Londra, aprile 1815
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1890
Dedica: per la Filarmonica di Londra
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Composta fra il marzo e l'aprile 1824, la Sinfonia in re maggiore di Cherubini venne presentata a Londra due mesi più tardi, dall'autore stesso, alla "Royal Philharmonie Society", dov'era stato invitato a dirigere alcuni concerti. Le testimonianze sull'accoglienza fatta al lavoro sono piuttosto contraddittorie; secondo alcuni la Sinfonia passò quasi inosservata, secondo altri fu accolta da grandi applausi.

Nell'esauriente monografia consacrata al compositore fiorentino, Giulio Gonfalonieri ricorda un critico tedesco della prima metà del secolo scorso (ma senza nominarlo) il quale riconobbe che «se nelle Sinfonie di Haydn c'era più humour, in quella del fiorentino v'era una più grande immaginazione musicale». Qualche anno più tardi, a proposito di una esecuzione del lavoro, Schindler parla di un «successo non strepitoso, ma caldo» mentre Schumann, grande ammiratore di Cherubini e che ascoltò la Sinfonia a Vienna, dovette riconoscere invece che «il lavoro era stato accolto piuttosto tiepidamente».

Dunque, dopo l'esecuzione londinese il lavoro era stato eseguito ancora, almeno in Austria e in Germania; anche se l'autore non aveva più parlato della sua Sinfonia, né aveva più cercato di farla eseguire. Non solo non ne parlò più, ma quindici anni più tardi la rifuse completamente in un Quartetto (cambiando però un tempo completamente: il Larghetto). Il che potrebbe autorizzare l'ipotesi ch'egli non si sentisse completamente sicuro, anzi nutrisse dei dubbi intorno alla riuscita della sua composizione. Dubbi che oggi, leggendo o ascoltando la Sinfonia si possono comprendere, anche se non si vogliono condividere.

Quando Cherubini, a 55 anni, aveva affrontato per la prima e unica volta questo genere di composizione, nuovo per lui, Haydn e Mozart erano già scomparsi dalla scena del mondo, e Beethoven aveva già creato i suoi capolavori (la Nona Sinfonia era stata compiuta appunto nel febbraio nel 1824). Non sappiamo quale grado di familiarità Cherubini avesse con la produzione sinfonica dei tre grandi musicisti (la conosceva però certamente, almeno in parte), ma dopo l'esecuzione londinese dovette convenire con se stesso che la forma da lui vagheggiata non poteva rivaleggiare con i modelli del sinfonismo tedesco, pur riconoscendo che la "materia musicale" della sua Sinfonia era piuttosto strana e insolita per quel genere, e nondimeno profondamente vitale, e ben sua (giustamente il Confalonieri afferma che percepire nella Sinfonia cherubiniana "solamente" echi haydniani e mozartiani, è indizio di sensibilità musicale piuttosto scarsa). E fu questo, probabilmente, che decise il compositore a riadattare la materia della sua Sinfonia in un Quartetto, modificandone sensibilmente i movimenti e mutando un tempo, probabilmente perché si era reso conto che il Larghetto cantabile era troppo legato all'espressione orchestrale, né si poteva riesprimerlo col solo quartetto d'archi senza svisarne completamente il carattere.

Comunque sia, dimenticata fin quasi ai giorni nostri (a parte le rare, sporadiche esecuzioni), nel 1935 la Sinfonia venne ripubblicata da J. St. Winter, e da allora, se non è proprio entrata a far parte del repertorio sinfonico normale, ha avuto moltissime esecuzioni in Italia e all'estero, suscitando dovunque grandissima ammirazione. Ammirazione dovuta a quella ricca e vitale materia musicale che anima le forme del fiorentino (per la forma si è potuto parlare giustamente - ma a condizione di non insistervi troppo - di Haydn e di Mozart). E sotto questo aspetto aveva visto giusto quel critico che aveva dichiarato esservi nella Sinfonia di Cherubini maggiore "immaginazione musicale" che in quelle di Haydn.

«Immaginazione musicale - dice Confalonieri - che è l'estendersi dell'attività musicale entro zone finoallora precluse; che è il nervosismo di un episodio del primo tempo, precorritore dei pensieri fissi romantici; è l'aria un po' svagata del Larghetto, quell'apparente incepparsi del discorso che viene invece regolato da una superiore unità di disegno; è l'accettazione di una visuale un po' grottesca nello Scherzo (Minuetto), dubbi tra il brivido e l'ironia alla maniera di Gerard de Nerval; è la corsa spavalda del Finale che anticipa le spedizioni dei Davidsbundler; è, lungo tutto il ritmo dell'opera, il contrasto continuo fra stati d'animo opposti, I rapidi passaggi da una famiglia orchestrale all'altra, l'inserzione di frasi indipendenti e quasi stornanti dentro forme cadenzate e strofiche».

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La fortuna di Luigi Cherubini fu tutt'altro che facile, già ai suoi tempi. Al compositore fiorentino, vissuto per tre quarti dell'esistenza fuori d'Italia, il trionfo nel campo teatrale presso il pubblico della sua generazione arrise soltanto in occasione di «Lodoiska» [Parigi, 1791), «Medea» (Parigi, 1797) e «Le due giornate» (Parigi, 1800) mentre un successo appena di stima, se non un aperto sfavore, toccò alla maggior parte della produzione operistica; scarsamente conosciuti furono per lungo tempo i grandiosi lavori religiosi, mentre le non numerose ma interessanti composizioni strumentali — dalle giovanili «Sei sonate per clavicembalo» (Firenze, 1783), ai sei «Quartetti per archi» (1814-1837), alla «Sinfonia in re» (1815) e ad altri sparsi brani — conobbero rarissime repliche oltre la prima esecuzione, pur richiamando l'attenzione di eccelsi musicisti stranieri, specie dell'età romantica. Negletta in patria — soltanto in anni recenti si assiste alla meritata seppur graduale rivalutazione in Italia della creatività di Cherubini — la sua musica venne riconosciuta «necessaria al formarsi di personalità quali Beethoven, Weber, Schubert, Schumann, Mendelssohn, Gounod ecc.» (Confalonieri), mentre Schumann scrisse nel 1838 che «egli è il maggior armonista del nostro tempo, un italiano da paragonare a Dante» e Wagner, pur in tarda età, amava ricordare la grande impressione provata all'ascolto di «Medea», raffrontandone l'ouverture col sorgere radiante del sole.

A Parigi il riconoscimento ufficiale delle sue autentiche qualità artistiche subì grande ritardo principalmente in conseguenza dell'antipatia che Napoleone nutriva contro di lui, sin dal tempo in cui il compositore fiorentino aveva rinfacciato al Primo Console la sua boriosa ignoranza in materia musicale. Soltanto con la Restaurazione, Cherubini, insignito da Carlo X della Legion d'Onore, divenne una personalità dominante del mondo culturale della capitale francese, anche con l'elezione nel 1822 a direttore del Conservatorio nazionale, carica che ricoprf con assoluta dedizione sino agli ultimi mesi di vita (1842). Forse proprio il ricordo dell'austera figura di Cherubini a capo della celebre istituzione didattica parigina, assieme alla fama da lui acquisita nel genere sacro e alla maestria esperita nelle discipline di contrappunto e fuga, contribuirono al permanere di una sorta di aureola di «accademismo» attorno al capo del musicista fiorentino, specialmente misconosciuto nel genere strumentale, non solo cameristico ma orchestrale.

Non va dimenticato infatti che ai tempi di Cherubini, l'archetipo della «sinfonia» come genere era soltanto quello suggerito dal classicismo viennese, cioè di Haydn, Mozart e poi di Beethoven, ai cui modelli ed alla loro influenza era pressoché impossibile sottrarsi. L'eccezione primaria fu fornita in quel tempo da Muzio Clementi e dal suo prestigio, specie a Londra.

Invitato, in Inghilterra dalla Royal Philharmonic Society, istituzione promossa da Muzio Clementi assieme à Viotti, Cramer, Salomon, John Field, Novello & C, Cherubini vi diresse a fine marzo del 1815 la sua «Ouverture» da concerto in sol maggiore e nella successiva manifestazione la prima assoluta della «Sinfonia in re maggiore» in quattro tempi, la cui stesura era stata iniziata nel marzo ed ultimata il 24 aprile dello stesso anno. Controverse opinioni si lessero in merito all'accoglienza del pubblico, sulle cronache del tempo: secondo alcuni la «Sinfonia» ottenne applausi vivissimi, secondo altri passò inosservata. Il fatto poi che l'autore non si proponesse mai più di presentarla all'ascolto, e che quindici anni dopo la trasferisse in un Quartetto d'archi (il II"), — variandone il secondo movimento «Larghetto cantabile» — confermò l'idea della scarsa convinzione di Cherubini sulla validità della propria composizione. Quanto in realtà fosse errata tale valutazione, si potè giudicare allorché la «Sinfonia» nel 1935 venne riesumata e trascritta dal musicologo Joseph St. Winter e pubblicata presso il Musikwissenschaftlicher Verlag di Lipsia; Adriano Lualdi, per festeggiare l'avvenimento, ne curò la prima incisione discografica e poi Arturo Toscanini, per il suo 80° compleanno, ne diresse l'esecuzione in America.

Su un piano generale si può notare che nella «Sinfonia» Cherubini sbalordisce per la peculiare grandiosità delle concezioni architettoniche oltre che per la geniale maestria formale e contrappuntistica, la doviziosa elaborazione tematica, la varietà degli impasti strumentali, il vigore ora drammatico ora trapunto di sottile umorismo, esibiti secondo un carattere del tutto personale, che esalta la «originalità» della «Sinfonia» anche nel raffronto con la produzione orchestrale del classicismo viennese, in quell'epoca fiorentissima. Su un piano più specifico, all'ascolto attuale di questa composizione cherubiniana, si percepiscono con marcata evidenza gli aspetti insoliti ed «italiani» della «Sinfonia in re maggiore», a cominciare dal primo soggetto tematico dell'«Allegro» che appare prossimo maggiormente all'opera comica napoletana di Cimarosa e Paisiello che non al lessico melodico e ritmico di un Mozart o di un Haydn, nonostante un certo aspetto accademico e serioso dell'«Adagio» introduttivo. La corrispondenza operistica non viene meno nel secondo movimento, «Larghetto», specie nella seconda parte in cui certi effettismi d'ascendenza teatrale sono regolati da una superiore unità di disegno. Segue un sontuoso ed energico «Scherzo», dal contenuto tra il grottesco e il rapsodico, non influenzato da alcun maestro precedente o contemporaneo, e, alla conclusione della «Sinfonia», si giunge con un vitalistico ed indiavolato «Finale». In definitiva il tratto essenziale di questa composizione cherubiniana sembra risiedere nel ritmo della «Sinfonia», nel contrasto continuo tra stati d'animo opposti, nei rapidi passaggi da una sezione strumentale all'altra, nell'inserzione di frasi indipendenti e quasi stornanti entro forme cadenzate e strofiche» (Confalonieri).

Luigi Bellingardi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 16 settembre 1985
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 13 npvembre 1974


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Ultimo aggiornamento 21 febbraio 2019