Ballata n. 3 in la bemolle maggiore per pianoforte, op. 47, BI 136, CI 4


Musica: Fryderyk Chopin (1810 - 1849)
Organico: pianoforte
Composizione: 1840 - 1841
Prima esecuzione: Parigi, Sala Pleyel, 21 febbraio 1842
Edizione: Schlesinger, Parigi, 1842
Dedica: Pauline de Noailles
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

La Ballata op. 47, composta nel 1840-41, è un lavoro rivoluzionario in un modo tutto particolare, anche se sfrutta con estrema leggerezza e fantasia le ricerche formali delle precedenti Ballate. Non si può parlare di una vera e propria "forma della ballata" creata da Chopin, ma le quattro Ballate hanno in comune due elementi essenziali: 1) il bitematismo, 2) il metro binario composto (sei quarti nella Ballata n. 1, sei ottavi nelle altre). Il bitematismo definisce la drammaticità delle quattro composizioni, il metro binario composto, un po' cantilenante (è quello della pastorale, della barcarola, della ninna nanna), conferisce al discorso un tono di racconto epico, di canzone di gesta. Nella Ballata op. 47, fluidissima, formalmente aerea, Chopin compie un mirabile lavoro di intarsio tematico perché dopo il primo tema principale e dopo il primo tema secondario, modulante da la bemolle maggiore a do maggiore, riprende il primo tema in la bemolle maggiore. Il secondo tema viene esposto in do maggiore (la tonalità "giusta" sarebbe stata mi bemolle maggiore), sviluppato e ripreso; segue il secondo tema secondario, che viene sviluppato e ripreso, in modo tale che non si avverte più la netta scansione formale tra l'esposizione e lo sviluppo. Allo stesso modo non si avverte la scansione formale fra sviluppo e riesposizione. Ormai sappiamo che Chopin preferisce iniziare la riesposizione dal secondo tema principale. E infatti il secondo tema principale riemerge, in la bemolle maggiore, ma è seguito da un nuovo sviluppo, al culmine del quale compare, luminosissimo, trionfale, il primo tema principale. La Ballata si conclude con il secondo tema secondario.

Piero Rattalino

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Negli anni Venti e Trenta del XIX secolo, il repertorio del pianista virtuoso era abbondante di composizioni, tipiche del gusto Biedermeier, brevi e di grande effetto, fra le quali non mancavano certo delle pagine rapsodiche che, in qualche modo, potevano prefigurare quella che sarebbe divenuta la tipologia della ballata strumentale romantica. Tuttavia, prima che Chopin si accingesse, nel 1831, alla stesura della Prima Ballata, il genere che portava questo nome aveva trovato espressione, in ambito musicale, solamente in composizioni liederistiche, o all'interno di opere liriche; in sostanza in pagine che prevedevano l'impiego della voce umana e dunque di un testo poetico; Chopin fu dunque il primo ad attribuire il nome di "ballata" a un brano puramente strumentale. Ciò nonostante si pone ugualmente, per le quattro ballate del compositore polacco, il problema del rapporto con una fonte letteraria.

Già Schumann nel 1841 - nel periodo più intenso della sua attività di critico - affermava di aver appreso dallo stesso Chopin che questi «era stato ispirato per le sue ballate da alcune poesie di Adam Mickiewicz», il sommo poeta romantico polacco; da qui ebbe origine quella tradizione critica, viva ancora nel nostro secolo, che si sforzò di stabilire una correlazione fra alcune delle Ballate e Romanze di Mickiewicz (pubblicate nel 1822) e le ballate di Chopin, attribuendo perfino i titoli di alcune delle opere poetiche alle composizioni musicali. Certo Chopin avrebbe rifiutato questi titoli (come fece in altre occasioni), ma è indiscutibile che egli fosse affascinato dal carattere nazionalistico e insieme epico delle opere del poeta polacco. Il problema centrale della ballata pianistica, dunque, deve essere stato quello di attribuire un carattere narrativo a composizioni prive di un referente testuale, problema risolto da Chopin principalmente sul piano della forma. Le quattro ballate, infatti, hanno in comune, oltre all'adozione del metro fluido di 6/8 o 6/4, il contrasto fra due principali idee tematiche; esse si riallacciano così alla dialettica propria della forma-sonata dell'età classica; ma essendo prive quasi completamente di sviluppi tematici di tipo beethoveniano - reinterpretano l'opposizione bitematica in modo libero, assolutamente originale e specifico per ciascuna ballata.

Nelle ultime due ballate l'interesse di Chopin per le contrapposizioni formali sembra affievolito. Così la Ballata, op. 47 - scritta nel 1841 - smussa i contrasti dei precedenti spartiti, presentando due temi affini e derivanti l'uno dall'altro, ed elaborandoli con maggiore libertà e fantasia; dunque l'ambientazione espressiva del brano è piuttosto omogenea, evitando i toni drammatici e mantenendosi piuttosto su tinte intimistiche, che procedono verso una luminosa lievitazione interna.

Arrigo Quattrocchi

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

La Ballata op. 47 fu abbozzata già nell'autunno 1840 e completata nella sua versione definitiva solo un anno dopo; pubblicata nel novembre 1841, fu eseguita la prima volta dall'autore il 21 febbraio 1842 alla Salle Pleyel. Rispetto all'op. 38 questa terza Ballata si avvale di uno schema costruttivo già più complesso, rinunciando a ogni diversificazione agogica dei due elementi tematici principali: tutta l'evoluzione psicologico-espressiva del materiale tematico si svolge all'interno della stessa indicazione iniziale (Andantino) secondo una concezione solidamente unitaria che ha il suo epilogo nell'ultima ripresa del secondo tema, tesa e drammatica, e del primo tema, che si espande in una nobile e appassionata perorazione.

Francesco Dilaghi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 7 giugno 1996
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 11 marzo 1999
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 21 maggio 1988


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Ultimo aggiornamento 30 marzo 2016