Concerto n. 2 in fa minore per pianoforte e orchestra, Op. 21, BI 43, CI 48


Musica: Fryderyk Chopin (1810 - 1849)
  1. Maestoso
  2. Larghetto
  3. Allegro vivace
Organico: pianoforte solista, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, trombone, timpani, archi
Composizione: Varsavia, 1829 1830
Prima esecuzione: Varsavia, Teatro Nazionale, 17 Marzo 1830
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1836
Dedica: Mme Delphine Potocka
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Le non molte composizioni per pianoforte e orchestra di Chopin furono tutte scritte negli anni giovanili, prima di lasciare Varsavia, sotto l'influenza d'un ambiente musicale un po' provinciale e superficiale, che nel concerto vedeva soltanto l'occasione in cui un solista di cartello poteva esibire il suo scintillante virtuosismo e la sua accattivante cantabilità. Dunque non c'è da meravigliarsi se i temi e l'architettura dei due Concerti di Chopin recano tracce di questo tipo di concertismo: tuttavia il non ancora ventenne compositore lascia emergere anche in questi lavori giovanili più d'una anticipazione della sua scrittura pianistica, del suo fascino melodico e del suo colorito armonico, inconfondibili.

Insomma la personalità di Chopin risulta chiaramente nei Concerti giovanili, e tanto basta a spuntare le armi nelle mani dei suoi critici. Osservare, come Berlioz, che «tutto si concentra nella parte pianistica e l'orchestra dei suoi Concerti non è che un freddo e quasi superfluo accompagnamento», è fin troppo ovvio, ma inlnfluente, anzi fuorviante al fine della comprensione di questa musica. La semplicità dell'orchestrazione di Chopin è attribuibile non tanto all'inesperienza quanto alla difficoltà di conciliare la sua delicata scrittura pianistica con una grande orchestra ottocentesca: si pensi in particolare alla funzione fondamentale del pedale di risonanza, che potrebbe facilmente essere vanificata da un'orchestra massiccia. Si devono piuttosto rilevare alcune geniali combinazioni tra la scrittura pianistica molto pedalizzata e gli sfondi orchestrali morbidissimi. Nel Concerto n. 2 si possono citare come soluzioni strumentali particolarmente riuscite anche i tremoli degli strumenti ad arco nel "recitativo" della parte centrale del secondo movimento e la percussione "col legno" degli strumenti ad arco (prodotta percuotendo le corde col legno dell'archetto) nel finale.

Il Concerto n. 2 in fa minore per pianoforte e orchestra, op. 21 fu scritto tra la fine del 1829 e l'inizio del 1830 (dunque precede di qualche mese quello che è indicato come Conceno n. 1, op. 11) e fu presentato a Varsavia il 17 marzo 1830 da Chopin stesso, che lo scelse anche per il suo esordio parigino, il 26 febbraio 1832. È dedicato alla contessa Delphine Potocka: per sfatare una delle tante fantasticherie su Chopin, bisogna ricordare che, sulla base di alcune lettere ardenti e disinibite ma sicuramente apocrife, questa bellissima giovane aristocratica fu falsamente ritenuta un'amante di Chopin. Semmai la musa ispiratrice di questo Concerto fu Konstancja Gladkowska, studentessa di canto al conservatorio di Varsavia; di lei Chopin scriveva a un amico: «Forse, per mia sfortuna, ho trovato il mio ideale, a cui sono rimasto fedele, pur senza dirle una parola, per sei mesi; quella che sogno, a cui ho dedicato l'Adagio del mio Concerto...». E infatti Chopin si abbandona ad ardenti toni melodrammatici nella parte centrale dell'Adagio, ma nel resto del Concerto domina un tono elegante, malinconico, sognante, intimo.

Il primo movimento, Maestoso, inizia con un'ampia introduzione orchestrale, che presenta i due temi, dapprima con un andamento trattenuto, poi più energico e sincopato. Un piccolo motivo lirico dei legni prepara l'entrata fervida e maestosa del pianoforte, che espone i temi anticipati dall'orchestra: il primo è ampio ed esteso su ben cinque ottave, il secondo è più cantabile e sentimentale, ma anche riccamente ornato. Uno sviluppo di grandi dimensioni, che vede il predominio del pianoforte ma anche importanti interventi dell'orchestra, assicura il dinamismo del discorso, passando attraverso numerose modulazioni che trasportano i temi in lontane tonalità. La breve conclusione si basa sulla prima parte del tema principale.

Schumann e Liszt ammiravano molto il Larghetto, in un sereno la bemolle maggiore: qui Chopin si abbandona ad una cantabilità di gusto italiano, elegante, intima, tenera, sentimentale, arrichita da delicati arabeschi, che ricordano le fioriture dei grandi cantanti dell'epoca. Contrasta con questo tono sommesso il drammatico episodio centrale, con il tempestoso tremolo degli archi, la cupa scansione degli strumenti gravi, le interiezioni dei fiati, su cui il solista si lancia in frasi appassionate e veementi.

L'Allegro vivace ritorria al fa minore. Secondo una tradizione che da Haydn arriva fino a Brahms, una danza popolare è la soluzione ideale per suggellare in modo colorito e trascinante un pezzo da concerto: Chopin, dopo un primo tema di volteggiante leggerezza, mette dunque in campo un caratteristico ritmo di mazurka, danza d'origine popolare che dalle campagne polacche era ormai approdata ai salotti. Vivaci segnali dei corni annunciano la stretta finale e, dopo una brillante cadenza del pianoforte, il Concerto si conclude in un Allegro in fa maggiore.

Mauro Mariani

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Chopin ha scritto due Concerti per pianoforte e orchestra: n. 1, in mi minore, op. 11, e n. 2, in fa minore, op. 21. Il secondo fu, in effetti, composto prima, ma pubblicato solamente nel 1836, essendo state smarrite da Chopin, in un viaggio da Parigi a Vienna, le parti d'orchestra.

Son noti gli sforzi di molti musicisti (Tausig, Messagger, Fitelberg, Klindworth, Granados) di riorchestrare i due Concerti, perché convinti dell'acerba e puerile struttura orchestrale data loro dal grande artista polacco (li scrisse nel suo diciannovesimo e ventesimo anno di età). Malgrado questi tentativi di sapiente e tecnico irrobustimento, i critici più avveduti e sensibili sono d'accordo nel ritenere che la malia più sottile i due Concerti la esercitano proprio nella loro originaria veste. Non è da chiedersi a Chopin, nell'impiego dell'orchestra come compartecipe dello strumento solista, dinamici e drammatici colloqui o fitti intrecci di proposte e repliche; la funzione della orchestra chopiniana consiste piuttosto nell'agganciare e sostenere il canto e le tramutanti fantasie del pianoforte o nell'agire da tela di fondo al fascinoso gioco degli arabeschi. Il concerto in fa minore è dedicato a una grande ammiratrice di Chopin, la contessa Delfina Potocka, colei che canterà la romanza belliniana sul letto di morte del musicista. Esso è diviso in tre tempi: il primo tempo — Maestoso — inizia con una intonazione piuttosto languida nei primi violini che si spezza subito in accenti alteri e drammatici, e dà origine a una abbastanza diffuso sviluppo orchestrale. Il tema principale, sussunto dallo strumento solista sarà oggetto di una complessa tessitura, contesta di rudi cadenze, di languide distensioni, d'improvvise riprese e di labili intrecci, sullo sfondo di discreti interventi della orchestra, che conclude il tempo con una enfatica conclamazione del tema dominante. Il secondo tempo — Larghetto — il più felice della composizione per la freschezza dell'ispirazione, l'alta qualità musicale delle fioriture, l'originalità delle armonie, porta, indelebile, il sigillo del genio. L'incanto, il mistero, la vaghezza fluttuante d'un amore giovanile (un primo amore di Chopin per Costanza Gladkowska) non hanno mai trovato, sulla tastiera, una cosi immediata traduzione. In esso si avvertono premonizioni ed atmosfere dei futuri «Notturni». Il Larghetto si mantiene, generalmente, in un clima sospeso di sogno e di fantasticheria amorosa, ma, nella parte mediana, l'estasi rapita, per una improvvisa impennata dello strumento solista sul tremolo inquieto degli archi, si converte in dolorosa agitazione, concludendosi, però, in suono pacato o rassegnato che, lentamente, smuore. Gli echi delle danze del paese di Chopin risuonano, invece nel terzo tempo — Allegro vivace — che scatta subitaneo, leggero, rapido e mussante, su ritmo di mazurca, concludendo il Concerto all'insegna del moto più incontenibile.

Vincenzo De Rito


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 21 Aprile 2001
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino
Firenze, Reatro Comunale, 27 marzo 1976


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Ultimo aggiornamento 19 settembre 2019