Ventiquattro preludi per pianoforte, Op. 28


Musica: Fryderyk Chopin (1810 - 1849)
  1. do maggiore: Agitato
  2. la minore: lento
  3. sol maggiore: Vivace
  4. mi minore: Largo
  5. re maggiore: Molto allegro
  6. si minore: Lento assai
  7. la maggiore: Andantino
  8. fa diesis minore: Molto agitato
  9. mi maggiore: Largo
  10. do diesis minore: Molto allegro
  11. si maggiore: Vivace
  12. sol diesis minore: Presto
  13. fa diesis maggiore: Lento
  14. mi bemolle minore: Allegro
  15. re bemolle maggiore: Sostenuto
  16. si bemolle minore: Presto con fuoco
  17. la bemolle maggiore: Allegretto
  18. fa minore: Molto allegro
  19. mi bemolle maggiore: Vivace
  20. do minore: Largo
  21. si bemolle maggiore: Cantabile
  22. sol minore: Molto agitato
  23. fa maggiore: Moderato
  24. re minore: Allegro appassionato
Organico: pianoforte
Composizione: 1831 - 1839
Edizione: Pleyel, Parigi, 1839
Dedica: Camille Pleyel (ediz. francese); J. K. Kessler (ediz. tedesca)
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Con l'impetuoso sviluppo del pianoforte nei primi decenni dell'Ottocento, la vecchia trattatistica sul "vero modo" di suonare cembali e fortepiani fu sostituita da quella sorta di metodi già messi in pratica che erano le raccolte di Studi e Preludi ordinati in numero di 24 per tutti i toni maggiori e minori sul modello del Clavicembalo ben temperato di J. S. Bach; dopo Clementi, Klengel, Hummel, Kalkbrenner, Kessler e un'infinità di altri meno noti, questa concezione musico didattica arriva nelle mani di Chopin, già predestinato alla sintesi più miracolosa di nuovo e antico dal suo culto per Bach appreso a Varsavia assieme ai primi rudimenti musicali.

È quindi possibile che già nel 1831 Chopin avesse abbozzato il progetto, ma come anno decisivo per la nascita dei Ventiquattro Preludi op. 28 bisognerà considerare il 1838; in ogni caso la raccolta è finita prima del 22 gennaio 1839, anno delle prime edizioni che si seguono a ritmo serrato presso Catelin a Parigi, Breitkopf & Härtel a Lipsia, Wessel a Londra (quest'ultima nel gennaio del 1840) a testimonianza della fama universale raggiunta già in vita da Chopin; solo due altri Preludi restano fuori dall'op. 28, quello in la bemolle datato Parigi 10 luglio 1834 (n. 7, IVb, del Catalogo Kobylanska, ma non incluso da Chopin nelle sue opere) e quello in do diesis minore op. 45 composto nel 1841.

È usanza molto recente presentare nei pubblici concerti l'intera op. 28 in tutti i suoi ventiquattro pezzi; Chopin non ne aveva prevista l'esecuzione integrale, ma un'intima organicità si è venuta inconsapevolmente cementando nel passaggio fra l'uno e l'altro brano come per armonia prestabilita. Sotto l'unico nome di "preludi" vivono in realtà vari registri stilistici: preludi nel senso più proprio, definito una volta per tutte dal genio critico di Schumann come «schizzi, incipit di studi, ovvero frammenti di rovine, penne d'aquila» sono tutti i brani dal primo al settimo, dal nono al dodicesimo, poi i nr. 14, 16, 18 e ancora il gruppo degli ultimi quattro: tutti monotematici, alcuni a tematismo poco evidente, implicito, come i nr. 1, 5, 14, 23, spesso con riferimenti precisi ai preludi di Bach; si possono poi riconoscere come approssimazioni stilistiche due notturni, i nr. 13 e 15, in struttura ternaria AB A, una mazurca, il nr. 7, tre studi, per l'insistenza di una formula tecnica precisa, come i nr. 8, 12 e 19; e poi, in allusioni sempre più sfumate, si può ancora dire che i nr. 9 e 20 sono dei "corali", che il nr. 17 fa pensare a uma "romanza senza parole", mentre il nr. 22 tiene qualcosa della ballata, nel senso rapinoso impiegato da Chopin negli episodi conclusivi di quelle composizioni.

Così in questa mirabile raccolta, dove ogni battuta splende come una gemma, Chopin ha inventato una poetizzazione del preludio interponendo fra modelli antichi e moderni la sua ironia romantica: che si realizza nella coscienza di una perenne mobilità linguistica, di una contemporaneità di senso letterale e allusione: preludio bachiano e pezzo per pianoforte romantico scivolano uno dentro l'altro come due anelli incatenati, e lo charme aumenta per la caratteristica, tutta chopiniana, di non dare mai l'impressione di aver messo in atto tutti i mezzi possibili; una discrezione, una maschera che non fa che rendere più penetrante la forza delle sue invenzioni immortali.

Giorgio Pestelli

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Per la forma del Preludio nell'Ottocento si può fare un discorso analogo a quello proposto prima, parlando della Rapsodia. Mentre per altri autori la forma mantiene ancora quel carattere strumentale di introduzione a un qualcosa di diverso (è il caso di Mendelssohn, di Liszt, di Franck, con l'obiettivo principale di prepararci alla fuga), in Chopin si viene affermando una nuova autonomia: i 24 Preludi ne costituiscono la prima vera e insuperata prova, con l'ulteriore novità della raccolta su uno schema tonale preciso. L'esempio chopiniano, al di là del suo eccezionale valore in se stesso, è anche quello che aprirà la strada a Debussy come ai disparati esempi, spesso molto significativi, da Rachmaninov a Skrjabin.

Pubblicati nel 1839 da Catelin con dedica a Pleyel, che aveva acquistato il manoscritto, e da Breitkopf con dedica a Kessler, furono scritti probabilmente prima del viaggio a Majorca nel 1838, nonostante una biografia spesso troppo fantasiosa abbia legato alcuni di essi alla permanenza nelle Baleari. Se non è da escludere in assoluto quest'ultima ipotesi, è certo che nel soggiorno a Valdemosa Chopin riordinò il materiale in modo definitivo, componendo qui i due Notturni op. 37, la Ballata op. 38, lo Scherzo op. 39, la Polacca op. 40 n. 2, la Mazurka op. 41 n. 2, e progettando probabilmente anche la Sonata op. 35.

Prima di passare brevemente in rassegna ogni Preludio, ricordiamo che essi costituiscono un caso unico, dentro la straordinaria produzione pianistica di Chopin, per concentrazione, immediatezza, soluzioni armoniche spericolate, allontanamento da regole formali e da consuetudini, concedendo pochissimo alla fioritura, al pianismo esteriore, anche quando la scrittura diventa ostica, difficile, spesso assai vicina al carattere serrato dello Studio.

Sulla interpretazione extra-musicale dei Preludi le posizioni sono molto differenti, spesse antitetiche, e nascono soprattutto dalle affermazioni di George Sand, con la quale Chopin visse a Majorca, che volle creare, forse per un eccesso di fantasia, delle connessioni fra l'ambiente suggestivo dell'isola (la natura, il monastero) che sicuramente lo stesso compositore avvertiva molto intensamente (come risulta da alcune sue lettere) e alcuni Preludi più impressionisti, vale a dire più facilmente interpretabili secondo criteri diversi, nonostante il disappunto di Chopin a tale proposito.

Al di là di queste interpretazioni, che oggi interessano assai meno l'ascoltatore, fra i giudizi più acuti che sono stati espressi su quest'opera vorrei ricordare quello di Schumann: «Sono schizzi, frammenti iniziali di studi o - se vogliamo - ruderi, penne d'aquila, selvaggiamente disposte alla rinfusa. Ma la scrittura delicata e perlacea indica in ciascuno di essi: lo scrisse Fryderyk Chopin. Lo si riconosce dalle pause e dal respiro impetuoso. Egli è e rimarrà il più ardito e il più fiero spirito poetico dell'epoca». Più singolare forse un altro giudizio, pubblicato nel 1931 su "La Revue Musicale" e firmato da André Gide: «Ognuno di essi prelude alla meditazione. Essi non sono affatto composizioni da concerto. In nessuna altra opera Chopin crea un'atmosfera particolare, crea uno sfondo sentimentale e quindi si spegne, tace. Non tutti hanno uguale valore. Alcuni sono pieni di grazia e di incanto, altri spaventosi, ma nemmeno uno di essi suscita indifferenza».

Il Preludio n. 1 in do maggiore ("Agitato") ha il carattere di Toccata ed è stato avvicinato, per qualche aspetto, al n. 9 in mi maggiore, anche se quest'ultimo ha un andamento più solenne di marcia. Il n. 2 in la minore ("Lento") è uno dei due scritti sicuramente per primi, forse a Stoccarda dopo la notizia della caduta di Varsavia: alla linea fragile della mano destra, che non si sviluppa in una vera melodia, si contrappone un intricato gioco accordale della sinistra, armonicamente ambiguo, che ha fatto parlare, ad alcuni biografi, di disperazione, di follia, di malattia, di un frammentarismo che ha dello sconcertante, se pensiamo al periodo in cui questo preludio fu scritto. Posto proprio all'inizio della raccolta, è però oltremodo significativo ed emblematico per una concezione compositiva che interesserà da vicino molti altri preludi.

Il Preludio n. 3 in sol maggiore ("Vivace") ci porta invece, con il suo movimento fluido, in un'atmosfera molto diversa, di carattere idillico; per il disegno della sinistra è stato avvicinato allo Studio in do minore n. 12. Il Preludio n. 4 in mi minore ("Largo") è uno dei più noti e più belli, per l'accorato patetismo della linea melodica, sorretta da un continuo movimento accordale in una quadratura formale perfetta. Esso fu eseguito, insieme con il n. 6 in si minore ("Assai lento") (che è per molti aspetti complementare al primo, con la melodia che però sta alla sinistra) durante i funerali di Chopin il 30 ottobre 1839, nella chiesa della Maddalena a Parigi. Ricordiamo che in quella occasione venne eseguita anche la Marcia funebre dell'op. 35 (strumentata da Reber) e, secondo il desiderio espresso dallo stesso Chopin morente, il Requiem di Mozart.

Il Preludio n. 5 in re maggiore ("Molto allegro") fa parte di un folto gruppo molto vicino al carattere dello Studio. Del n. 6 già si è detto, e ascoltiamo quindi il n. 7 in la maggiore ("Andantino") che è fra i più brevi di tutto il ciclo: 16 battute in tutto, con un inequivoco legame alla musica nazionale polacca. Sul Preludio n. 8 in fa diesis minore ("Molto agitato"), che ha la forma di uno Studio, si sono concentrate in modo particolare le fantasie di alcuni biografi. Chopin era indignato di queste precisazioni naturalistiche, ma ciò non impedi il proliferare di voci, dalla Sand a Liszt, che videro qui (o in altri due, quelli in si minore e in re bemolle maggiore) un nesso con la preoccupazione del musicista in attesa della Sand e dei figli di lei durante un temporale, con il rumore delle gocce d'acqua cadenti sul tetto.

Il Preludio n. 9 in mi maggiore ("Largo"), avvicinato per qualche verso al primo, ha il carattere di una marcia, segnata dalla linea del basso, sul movimento ostinato a terzine della destra. Il n. 10 in do diesis minore ("Molto allegro"), breve e leggero nell'alternarsi di due momenti, brillante e intimo, lascia il posto al n. 11 in si maggiore ("Vivace"), altro interessante abbozzo di Studio, e al n. 12 in sol diesis minore ("Presto"), di carattere analogo ma di maggiore estensione. Il n. 13 in fa diesis maggiore ("Lento") si distacca nettamente dai precedenti per il carattere di Notturno. Dopo il n. 14 in mi bemolle minore ("Allegro"), altro esempio strutturale di Studio in miniatura (che per alcuni ha fatto pensare allo schizzo per il finale della Sonata op. 35), il n. 15 in re bemolle maggiore ("Sostenuto"), è certamente il più noto di tutti i Preludi, in lizza con i due citati a proposito del temporale che lo avrebbe ispirato. Al di là di interpretazioni extra-musicali, si tratta di una pagina estremamente significativa, di taglio tripartito. La prima parte (che ritorna alla fine abbreviata e modificata) è contraddistinta dall'ossessivo pedale di la bemolle in una atmosfera di malinconia e intimità, con la quale contrasta la zona centrale (sempre contraddistinta dalla ripetizione ossessiva del la bemolle che ritorna come sol diesis), di un carattere cupo e angosciato.

Il Preludo n. 17 in si bemolle minore ("Presto con fuoco") dopo i primi sei accordi perentori acquista il carattere di uno Studio di notevole virtuosismo. Il n. 17 in la bemolle maggiore ("Allegretto") ha il fascino di un Notturno ed è uno dei più seducenti dell'intera raccolta. Di contrasto, il seguente in fa minore ("Molto allegro") è un'esplosione fantastica e drammatica insieme. La struttura pianistica del n. 19 in mi bemolle maggiore ("Vivace") è ancora quella di uno Studio, con la novità di possibili richiami alla musica polacca. 13 battute soltanto costituiscono il Preludio n. 20 in do minore ("Largo") il più breve dell'op. 28: si tratta di un corale maestoso nello spirito di una Marcia funebre. A proposito di esso la Sand scrisse che "un Preludio di Chopin contiene più musica di tutto il trombettamento di Meyerbeer".

Dopo il n. 21 in si bemolle maggiore, che vive nello spirito di un Notturno, il n. 22 in sol minore ("Molto agitato") è un esempio mirabile di drammaticità e di forza. Il n. 23 in fa maggiore ("Moderato") ha il tono riposante di un breve Studio. L'ultimo, in re minore ("Allegro appassionato") è uno dei più importanti in assoluto e fra i primi (con quello in la minore) ad essere composti, da collegarsi probabilmente alla notizia della caduta di Varsavia; ma la cosa certa resta l'impressione di una caduta interiore, vissuta da dentro con ipersensibilità, mentre sotto l'aspetto pianistico, considerato il tempo richiesto, le difficoltà che esso presenta sono enormi, ma al di là di ogni sfoggio virtuosistico fine a se stesso.

Renato Chiesa


(1) Testo tratto dal programma di sala del concerto dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 21 Gennaio 1994
(2) Testo tratto dal programma di sala del concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 11 aprile 1989


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Ultimo aggiornamento 14 gennaio 2014