Appalachian Spring

Versione per orchestra sinfonica dal balletto in un atto

Musica: Aaron Copland (1900 - 1990)
Organico: 2 flauti (2 anche ottavino), 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, 2 tromboni, timpani, xilofono, glockenspiel, tamburo piccolo, tamburino provenzale, grancassa, piatti, triangolo, woodblock, carta vetrata, arpa, pianoforte, archi
Composizione: 1954
Edizione: Boosey & Hawkes, New York
Guida all'ascolto (nota 1)

Il balletto «Appalachian Spring» (Primavera appalachiana, dal nome della nota regione degli U.S.A.) fu composto da Copland nel 1944 per la celebre danzatrice Martha Graham, dietro invito della «Fondazione Coolidge», cui la musica contemporanea deve tanti e generosi aiuti.

Aaron Copland, nato a Brooklyn nel 1900, è considerato uno dei più rappresentativi compositori americani della sua generazione. Formatosi in patria con R. Goldmark (un nipote di Carlo Goldmark), perfezionatosi a Parigi con Nadia Boulanger, egli unisce nella sua musica la giovanile baldanza, il generoso entusiasmo e la tipica «ingenuità» americana con la sapienza tecnica europea. Ha composto opere in tutti i generi, ma la sua vocazione più autentica si è rivelata nel balletto, fin dal primo lavoro «Grogh» del 1929 cui seguono «Hear ye!», «Billy the Kid», «Rodeo» e «Appalachian Spring», che è il suo capolavoro del genere. Questo, nella sua colorita orchestrazione, nel suo caratteristico melos popolaresco, nel suo ritmo jazz, nell'intonazione religiosa di certi passi, ci offre come una immagine sintetica dell'America: da quella primitiva e romantica delle praterie a quella moderna e dinamica dei grattacieli.

La Suite tratta da questo balletto consta di otto pezzi, scelti fra le migliori pagine della partitura. Nel primo vengono presentati i «personaggi», con una lenta introduzione; nel secondo, ha inizio l'azione, in una atmosfera religiosa; il terzo dipinge una scena tenera e appassionata; il quarto è di carattere folkloristico, con echi di strumenti campagnoli e suggestioni di danze all'aperto; il quinto, si svolge sul ritmo di una danza giocosa ed esaltante; il sesto costituisce una transizione, con ripresa dei temi dell'introduzione; il settimo presenta un motivo derivato da un canto popolare americano e seguito da cinque variazioni; l'ottavo conclude in un clima intimo espresso dalla sonorità degli archi: le ultime, battute richiamano ancora l'introduzione.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 15 aprile 1962


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Ultimo aggiornamento 24 febbraio 2017