Eseguiti la prima volta al Festival veneziano di quest'anno (Teatro alla Fenice, 17 settembre 1960, n.d.r.), i «Dialoghi» per violoncello e orchestra sono dedicati a Gaspar Cassadò. L'autore li ha scritti in gran parte durante la sua permanenza a New York (settembre 1959 - ottobre 1960), quale professore «ospite» al «Queens College».
L'opera, che è stata terminata a Firenze nel giugno scorso - impiega un'orchestra con pochi archi, vari tipi di strumenti a fiato (con il saxofono contralto e tre specie di clarinetti) e un'abbondante percussione, con marimba, vibrafono e xilofono. In essa si possono distinguere cinque episodi (che si succedono ininterrottamente), basati su un'unica «serie» dodecafonica, esposta dal solista. Ripetendo il caratteristico procedimento usato da Webern per dare la massima unità strutturale alla serie, questa dei «Dialoghi» è congegnata in modo che il secondo troncone di sei suoni non è altro che l'inversione retrograda del primo (portato, in questo caso, mezzo tono sopra): i sei suoni iniziali vengono, cioè, ripetuti a partire dal sesto per tornare al primo, invertendo però la direzione intervallare, col rendere discendente quella ascendente e viceversa. Facendosi integrale, tale strutturalismo estende ora la sua azione, oltre che sul ritmo, la dinamica e il timbro, anche sull'espressione e sull'agogica: nel primo caso con un «fronteggiarsi simmetrico (come è detto nel programma illustrativo del Festival) di stati espressivi, di esplosioni e di zone statiche che solo alla fine cede, confluendo nella sospesa inquietudine dell'inizio»; e, nel secondo, usando una «costante» di velocità che varia soltanto secondo i suoi multipli (il primo, terzo e quinto episodio assegnano alla minima la velocità metronomica 40; il secondo, 80 ; il quarto, 120.
Il carattere dialogante della musica è chiaramente indicato dal titolo: un dialogo condotto con quella delicatezza di tratto che è propria del musicista istriano.
Nicola Costarelli