Divertimento in quattro esercizi

per soprano e strumenti

Musica: Luigi Dallapiccola (1904 - 1975)
Testo: da poesie del XIII° secolo
  1. Introduzione: Non mi mandar messaggi - Come recitativo
  2. Arietta: E per il bel cantar d'un merlo - Moderato, grazioso
  3. Bourrée: L'acqua corre alla borrana - Vivo ma non troppo
  4. Siciliana: Mamma, lo temp'è venuto - Movimento di siciliana
Organico: soprano, flauto, oboe, clarinetto, viola, violoncello
Composizione: 1934
Prima esecuzione: Ginevra, Le Carillon, 22 ottobre 1934
Edizione: Carisch, Milano, 1935
Dedica: Alfredo Casella
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Scritto nel 1934 su commissione dalla società di musica da camera Le Carillon di Ginevra, il Divertimento in quattro esercizi rappresenta una svolta nella carriera compositiva di Luigi Dallapiccola. Con questa composizione per soprano, flauto, oboe, clarinetto, viola e violoncello, il compositore istriano, all'epoca trentenne, reduce dagli studi con Vito Frazzi al Conservatorio di Firenze e dalle sue prime affermazioni come compositore, compiva il suo «primo passo sulla strada dell'indipendenza», cominciava ad emanciparsi dai modelli ai quali si era ispirato negli anni di apprendistato e a chiarire alcune scelte poetiche che saranno tipiche del suo linguaggio maturo. Uno stimolo importante era venuto dal Pierrot Lunaire di Schönberg, che Dallapiccola aveva ascoltato a Palazzo Pitti il primo aprile del 1924 (in un concerto diretto dallo stesso Schönberg), lasciando una traccia profonda che influenzerà, a distanza di dieci anni, la composizione del Divertimento, capostipite di una lunga serie di opere per voce e ensemble strumentale. Scritto subito dopo la famosa prima serie dei Cori di Michelangelo Buonarroti il Giovane, contributo di Dallapiccola alla corrente del neomadrigalismo, e prima della Musica per tre pianoforti (Inni), il suo primo lavoro solo strumentale, il Divertimento porta la locuzione «in quattro esercizi» per sottolineare il suo carattere sperimentale, la ricerca di nuove strade. È evidente ad esempio il tentativo di creare una scrittura ritmica varia e fluttuante (come lo schwebender Rithmus caro a Webern, che sarà ricorrente nella produzione successiva di Dallapiccola) attraverso giustapposizioni di battute diverse e continui sfasamenti tra figure ritmiche e strutture metriche; la ricerca dì artifici contrappuntistici che compaiono in brevi episodi canonici; l'ansia di sperimentare nuove e complesse combinazioni armoniche che esulano dal sistema tonale (soprattutto nei primi due pezzi) ricorrendo a scale per toni interi o a strutture accordali basate su intervalli di quarta; l'impiego di elementi modali usati in modo personale e non "neoclassico"; la volontà di emancipare il timbro come elemento costruttivo autonomo che contribuisce a creare una scrittura strumentale di grande freschezza. Eseguito per la prima volta a Ginevra il 22 ottobre 1934, e dedicato ad Alfredo Casella (che aveva sostenuto il giovane Dallapiccola, esercitando pressioni sull'editore Carisch perché pubblicasse le sue prime composizioni importanti), il Divertimento in quattro esercizi è costituito da quattro brevi canzoni su testi popolareschi del Trecento. La forma segue lo schema della Suite, con una Introduzione e tre danze (Arietta, Bourrée e Siciliana). La lenta Introduzione, un'intensa invocazione amorosa, si apre con una melodia arcaica e modale, declamata «come un recitativo» accompagnato solo dalla viola, seguita da una libera cadenza dell'oboe prima di espandersi in un melodizzare drammatico, intorno al quale gli strumenti disegnano un Canone mentre il clarinetto si muove con disegni ostinati fuori metro. Carattere tutto intimistico ha invece l'Arietta (Moderato, grazioso) che ha una trama strumentale più rarefatta, piena di ondeggiamenti dal gusto impressionistico: un arabesco cantabile e «dolce» del flauto appoggiato su un lungo pedale del violoncello, introduce una linea vocale dal carattere cullante, punteggiata da singulti marcati del clarinetto, che imitano il canto del merlo («E per il bel cantar d'un merlo la bella non può dormire»). Dei quattro esercizi la Bourrée (Vivo, ma non troppo) è quello più vivace: un assolo del clarinetto (che deve suonare fortissimo e «rozzamente»), dal profilo spigoloso per gli staccati, gli ampi salti, gli accenti, viene poi imitato dalla viola, e prepara l'ingresso della voce che intona la filastrocca popolaresca con piglio dinamico e insistente. Dopo una sezione centrale ritmica e piccante (con l'ottavino proiettato nel registro acuto), che sottolinea il carattere dispettoso del testo poetico («Questo ballo non sta bene»), la Bourrée si conclude con un fitto intreccio di figure ritmiche e una incalzante e violenta coda strumentale. L'ultimo movimento è una Siciliana che si distende, lenta e indolente, sul ritmo ossessivo dei bicordi della viola. L'atmosfera sospesa della parte centrale (un poco meno mosso: «Tanto me piaze 'l so fatto, li soi portamenti e i sembianti»), data dall'uso di scale esatonali e da un sinuoso arabesco del clarinetto, è interrotta dal violoncello che intona, con intensa espressione, il tema principale: così viene introdotta la ripresa, costruita come un graduale crescendo che culmina nella grande foga delle ultime frasi vocali, e che coincide con il tono minaccioso con il quale la fanciulla si rivolge alla madre chiedendo di maritarsi («Madre, lo cor te se scianti si tu me lo voi contrariare»).

Gianluigi Mattietti

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Il linguaggio musicale di Luigi Dallapiccola è certo tra i più individualmente caratterizzati di tutto il '900 e questo a onta della dodecafonia di cui si serve. Ciò valga a riprova del fatto che, come già il sistema tonale, così anche la dodecafonia è assolutamente insufficiente di per sé a definire, non dico uno stile, ma neppure un linguaggio. Che essa rispecchia tutt'al più un atteggiamento mentale del compositore in relazione all'oggetto musicale, atteggiamento certo assai diverso dal pensiero armonico-verticale degli ultimi quattro secoli o da quello melodico-lineare dei secoli precedenti, ma altrettanto non vincolante sul piano operativo o tutt'al più vincolante in modo del tutto generico. Dallapiccola ad esempio ci dà (a differenza, poniamo, di Webern, sistematico livellatore dei rapporti verticali) una variante della dodecafonia che possiamo senz'altro chiamare armonica. Non che l'armonia imponga le sue leggi al discorso musicale, come accadeva per il passato, anzi le riceve ora come regole del giuoco seriale; ma proprio queste regole sono stabilite dal compositore in modo da soddisfare il suo «orecchio interno», che nel caso di Dallapiccola è appunto un orecchio armonico. E' quindi possibile, sia pure per questa via traversa, affermare anche per Dallapiccola il predominio dell'armonia. Di qui la penetranza della sua musica, così astratta all'analisi, così concreta all'ascolto; di qui la sua affascinante ambiguità sia sul piano tecnico (non tanto lontana, in fondo, dall'ambiguità del «contrappunto armonico» di Bach) che sul piano espressivo (certe estenuanti eufonie dallapiccoliane rischiano consapevolmente il disfacimento nel puro edonismo sonoro); di qui la presa immediata della sua potente drammaticità; di qui infine il colore originalissimo della sua scrittura strumentale, mai informata a un'ipotetica autonomia del timbro (come in tanta musica di oggi), ma sempre derivante la fisionomia timbrica dalle sue stesse strutture interne secondo un superiore concetto di armonia-timbro. Tale è in Dallapiccola la sicurezza dell'«orecchio interno», che la stessa dodecafonia non è valsa a mutarne" sostanzialmente lo stile. E' noto infatti che la produzione di Dallapiccola presenta, superficialmente almeno, una cesura, corrispondente all'adozione del metodo dodecafonico e localizzabile all'inarca negli anni intorno ai Canti dì Prigionìa (1938-41), al Mursia (1942) e alle Liriche greche (1942-45).

Mutamento di linguaggio, può darsi, ma non di stile, il quale del resto o c'è o non c'è, e se non c'è è assai improbabile che un qualsiasi metodo o atteggiamento mentale possa sostituirlo. Ma Dallapiccola non ha avuto bisogno della dodecafonia, l'ha semplicemente scelta, per delle ragioni che qui non è il caso di indagare. E dell'unità del suo stile, al di sopra delle eventuali cesure, dà una convincente prova il concerto di questa sera, il cui programma abbraccia riassuntivamente tutto l'arco della produzione dallapiccoliana dal lontano Divertimento alle recentissime Parole di San Paolo.

Il Divertimento in quattro esercizi (Introduzione, Arietta, Bourrée, Siciliana) è stato scritto nel 1934 e porta la dedica ad Alfredo Casella. Perfettamente inserito nel clima diatonico-arcaicizzante (sintomatica anche la scelta dei testi duecenteschi) del Novecento musicale italiano, questo lavoro è però già tutto dallapiccoliano nei suoi scatti drammatici (si veda ad esempio l'introduzione alle parole «Riguardami le labbra mie rosse»), nella fermezza lineare del suo contrappunto, preannunciante la futura poliritmia. (Arietta alle parole «E la si leva» ecc.), nella precoce tendenza a tutto ricondurre a pochi elementi base (nella Siciliana l'idea principale subisce un trattamento non troppo dissimile da quello delle serie dodecafoniche nel Dallapiccola di poi).

Boris Porena

Testo

1. Introduzione
Non mi mandar messaggi, che son falsi;
Non mi mandar messaggi, che son rei.
Messaggio sieno gli occhi quando gli alsi.
Messaggio sieno gli occhi tuoi a' miei.
Riguardami le labbra mìe rosse.
Ch'aggio marito che non le conosce.

2. Arietta
E per il bel cantar d'un merlo
La bella non può dormire;
E quando dorme e quando vegghia
E quando trae di gran sospiri.
E la si leva nuda nudella
Fuor del suo letto pulì;
E poi ne già nel suo giardino
Sotto il suo mandorlo fiorì;
E lì sì calza e lì si veste
E lì aspetta el suo dolze amor ti.

3. Bourée
L'acqua corre alla borrana,
E l'uva è già vermiglia;
El mio amor mi vuol gran bene,
E datemi quella figlia.
Questo ballo non sta bene,
E potrebbe stare meglio.
E tu, compagno mio.
Vanne al lato al tuo desìo
E quivi ti sta fermo.

4. Siciliana
Mamma, lo temp'è venuto
Ch'eo me vorìa maritare.
D'un fante che m'è si plazuto
Noi te podria contare,
tanto me piaze 'l so fatto,
Li soi portamenti e i sembianti,
Che ben te lo dico entrafatto,
Sempre 'l vorìa aver davanti.
El drudo meo ad omne patto
Del meo amor voì che se vanti.
Matre, lo cor te se scianti
Si tu me lo voi contrariare.
(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 4 maggio 2007
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 25 marzo 1965


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Ultimo aggiornamento 10 gennaio 2016