La prima esecuzione della Piccola
musica notturna ebbe luogo a Hannover nel giugno 1954;
Luigi Dallapiccola l'aveva portata termine nell'aprile di quello stesso
anno, dedicandola a Hermann Scherchen, uno dei rari grandi direttori
d'orchestra che allora si dedicasse anche alla musica d'avanguardia.
Alla partitura il compositore ha preposto una poesia di Antonio
Machado, intitolata Notte
d'estate, che riportiamo qui nella traduzione dallo
spagnolo di Carlo Bo:
La musica di Dallapiccola riflette effettivamente il realismo magico della poesia, individuandone le valenze oniriche e metafisiche al di sotto dell'apparenza realistica ed escludendo perciò ogni intento impressionistico o descrittivo.
L'orchestra è di dimensioni settecentesche e potrebbe essere definita haydniana o mozartiana, se non vi comparissero una celesta, un'arpa e una sezione di percussioni ben fornita ma maneggiata con grandissima delicatezza per produrre fruscii, fremiti, sussurri notturni e misteriosi. Quest'orchestra di dimensioni medio-piccole è trattata con una scrittura quasi cameristica, che diventa esplicita nella versione per un piccolo complesso di otto strumenti che Dallapiccola realizzò nel 1968: sono numerosissime le indicazioni come leggerissimo, bisbigliando, dolcissimo e misterioso, inoltre agli strumenti ad arco è spesso prescritta la sordina, oppure il loro suono è reso incorporeo da lontani, indefiniti tremoli.
La Piccola musica notturna si svolge in atmosfere sonore rarefatte e sospese, quasi immobili e senza tempo, ma sotto quest'apparente serenità traspaiono un senso di mistero e una ricerca di dolcezza, sognata più che afferrata dalle delicate sonorità richieste da Dallapiccola. In questa quasi completa impassibilità assumono rilievo anche i pochi contrasti tra i brevi e marcati fortissimo e sforzando e il prevalente piano (in tutte le gradazioni da p a pppp): questi contrasti hanno funzioni insieme strutturali (sono le chiavi di volta di un'architettura apparentemente libera ma in realtà solida e chiara nella sua simmetria) ed espressive (sono i momenti in cui il fervore e l'intensità trattenuti sfociano in brevi attimi di più aperta drammaticità).
I timbri e le dinamiche hanno dunque una parte determinante nella concezione di questo brano, ma importante è anche l'aspetto melodico, interamente basato su piccolissimi intervalli cromatici e germinante quasi interamente dalla frase esposta dal clarinetto nelle prime tre battute: questa frase viene ripresa numerose volte da diversi strumenti, nella forma originaria o in quella inversa, per intero o per frammenti, secondo procedimenti derivati dalla dodecafonia, sebbene questo sia uno dei brani in cui Dallapiccola utilizza più liberamente tale tecnica, adottata a partire dal 1942, tra i primi in Italia.
Mauro Mariani