Con Requiescant siamo ad un lavoro della piena maturità di Luigi Dallapiccola: secondo un modo di accostare testi diversi, che è un dato quasi costante nella produzione del maestro istriano-fiorentino (si pensi ai Canti di prigionia e alla stessa esperienza dell'opera Ulisse), qui alcuni versetti di San Matteo, del Requiescat di Oscar Wilde e di A portrait of the Artist as a young Man di James Joyce si collegano idealmente in un'unica drammatica contemplazione del mistero della morte. Il tema rispecchia la stessa ansia religiosa che anima, si può dire, tutta l'opera di Dallapiccola; ma testimonia anche una sicurezza di linguaggio che lo rende, specialmente nelle composizioni in cui abbian parte preponderante le voci umane, una delle personalità più vigorose della musica europea del Novecento.
Dallapiccola cominciò la composizione di Requiescant nel 1957, al ritorno dagli Stati Uniti, dove si era recato nel 1956 per insegnare al Quenn's College di New York. (Di qui la citazione in inglese di San Matteo, che idealmente si collega a quella di Sant'Agostino, «scoperta» in una stazione ferroviaria americana e che è posta in calce all'ultima pagina della partitura di Ulisse). Il lavoro si protrae a più riprese fra il 1957 e il 1958, e la prima esecuzione avviene alla radio di Amburgo, il 17 novembre 1959, sotto la direzione di Hermann Scher-hen. Nei cinque episodi che lo compongono (di cui il secondo e il quarto per la sola orchestra) emergono i caratteri tipici del linguaggio di Dallapiccola: la sua fiducia nel «numero» dodecafonico è di fatto continuamente corroborata da una musicalità che gli consente di collocare le voci e gli strumenti in una loro «natura», senza bruschi passaggi e senza che il «fiamminghismo» contemporaneo attenui la suggestione di colori e di andamenti che si collegano alle più vigorose tradizioni del nostro polifonismo. Ne derivano una coralità e una tensione espressiva singolarissime, coerenti con tutto il cammino dallapiccoliano e qui aperte a chiarori timbrici (si pensi al coro dei ragazzi e alle voci femminili del quinto episodio) di una suggestione che potremmo dire mahleriana.
Leonardo Pinzauti
I
Come unto me, all ye that labour arid are heavy laden, and I will give you rest. (St. Matthew, 11/28) |
I
Venite a me, voi tutti che siete affaticali e oppressi, ed Io vi darò sollievo. |
II
Tread lightly, she is near Under the snow, Speak gently, she can hear The daisies grow. All her bright
golden hair
Tarnished with rust, She that was young and fair Fallen to dust. Lily-like, white as snow, She hardly knew She was a woman, so Sweetly she grew. Coffin-board, heavy
stone,
Lie on her breast, I vex my heart alone, She is at rest. Peace, peace, she cannot hear Lyre or sonnet, All my life's buried here, Heap earth upon it. (Oscar Wilde: «Requiescat») |
II
Sia lieve il vostro passo, essa è vicina Sotto la neve, Sommessa la vostra voce, essa può udire Crescer le margherite. Tutti i lucenti
capelli d'oro
Scolorati dalla ruggine Essa che era giovane e bella Dissolta in polvere. Simile a un giglio, bianca comè neve, Essa sapeva appena Di essere donna, tanto Nobilmente essa crebbe. Bara e pesante pietra
Gravano sul suo petto, Solo il mio cuore è afflitto, Essa riposa. Pace, pace, essa non può udire Né lira ne sonetto, Tutta la mia vita è qui sepolta. Fateci sopra un cumulo di terra. |
III
Dingdong! The castle bell! Farewell, my mother! Bury me in the old churchyard Beside my eldest brother. My coffin shall be black, Six angels at my back, Two to sing and two to pray And two to carry my soul away. (James Joyce: «A Portrait of the Artist as a young Man») |
III
Din Don! La campana del castello! Addio, madre mia! Seppellitemi nel vecchio cimitero a fianco del mio fratello maggiore. La mia bara dovrà esser nera, Sei angeli mi accompagnino, Due per cantare e due per pregare E due per portar via la mia anima. |