Questo celebre gruppo di liriche, composto durante gli anni della guerra, costituisce uno dei momenti più significativi e poeticamente più alti nell'attività creativa di Dallapiccola. L'aver scelto testi del grande classicismo greco rispondeva non tanto ad una volontà di evasione dalla dura realtà dei tempi (il musicista istriano aveva già presente il disegno dei Canti di prigionia), quanto il bisogno di affermare, con accentuato rigore linguistico, la realtà di un nuovo umanesimo, diverso da quello che il «neoclassicismo» aveva riscoperto negli anni trenta, e che ormai si avviava al tramonto. La definitiva conversione di Dallapiccola alla tecnica dodecafonica, già a lungo maturata nei precedenti lavori, realizza infatti in queste liriche un personale «romanticismo» che, rifiutando le suggestioni di un ritorno barocco, punta ad una nuova essenzialità di espressione. E questa si caratterizza in una perfetta fusione di sollecitazioni culturali diverse: dove l'istintivo fiamminghismo del musicista trova nella regola dodecafonica un materiale di minuziosa ed essenziale purezza timbrica e contrappuntistica, ma dove si accentua, quasi per contrasto talvolta, il valore emotivo della voce umana, verso la quale Dallapiccola mostra sempre una naturale propensione.
I Cinque frammenti di Saffo (Vespro, tutto riporti - O mia Gongila, ti prego - Muore il tenero Adone, o Citerea - Piena splendeva la luna - Io lungamente) furono composti durante il 1942, nel testo della traduzione di Salvatore Quasimodo, e portano - come altri cicli di Dallapiccola - una dedica; in questo caso, però, limitata all'ultima delle cinque liriche, offerta a Guido M. Gatti. La voce s'innesta in un'orchestra da camera di quindici esecutori, in un caratteristico giuoco di rimandi «grafici» e timbrici. I Cinque frammenti di Saffo, come gli altri cicli delle Liriche greche, ebbero la prima esecuzione soltanto dopo la guerra: Radio Torino li trasmise, diretti da Franco Caracciolo e con Magda Laszló solista, il 7 luglio 1947.
Leonardo Pinzauti