Ariettes, paysages belges et aquarelles (o Ariettes oubliées), L 63

Canti per voce e pianoforte

Musica: Claude Debussy (1862 - 1918)
Testo: Paul Verlaine
  1. C'est l'extase - Lent et caressant (mi maggiore)
    Composizione: marzo 1887
  2. Il pleure dans mon coeur - Modérément animé - triste et monotone (sol diesis minore)
    Composizione: marzo 1887
  3. L'ombre des arbres - Lent et triste (do diesis maggiore)
    Composizione: 6 gennaio 1885
  4. Chevaux de bois - Allegro non tanto - joyeux et sonore (mi maggiore)
    Composizione: 10 gennaio 1885
  5. Green - Joyeusement animé (sol bemolle maggiore)
    Composizione: gennaio 1886
  6. Spleen - Lent (fa minore)
Organico: voce, pianoforte
Composizione: 1885 - 1887
Edizione: Jobert, Parigi, 1888
Dedica: Mary Garden
Guida all'ascolto (nota 1)

A giudizio unanime dei suoi critici, la prima affermazione autentica e sincera della originalità creativa di Debussy va colta proprio nel ciclo delle melodie per canto e pianoforte Ariettes oubliées, abbozzato a Roma nel 1887, durante il soggiorno a Villa Medici, e pubblicato l'anno successivo a Parigi. Secondo Robert Godet, che fu amico ed estimatore di Debussy, in queste sei liriche delle Ariettes, scritte su poesie di Paul Verlaine, la melodia debussiana così elegante e sfumata nei suoi contorni e così indefinita nei suoi effetti psicologici prende rilievo e consistenza. È significativo che sia proprio un testo vocale ad indicare il primo passo decisivo verso la rivoluzione espressiva aperta da Debussy e che porterà attraverso le due raccolte delle Fètes galantes e dei Trois poèmes de Mallarmé fino all'esperienza unica e irrepetibile del Pelléas et Mélisande, un traguardo importante al quale il musicista giunse dopo nove anni di alterni ripensamenti, fra momenti di entusiasmo e crisi di scoraggiamento nel fissare le linee di una nuova concezione del dramma musicale.

Certo, dopo il ritorno da Roma, Debussy compie nuove esperienze e progetti di lavoro, avvicina e stringe amicizia coi personaggi di diversa estrazione culturale, come Pierre Louys, Erik Satie ed Ernest Chausson, legge scrittori come Villiers de l'Isle Adam e Edgar Poe, fantasiosi e simbolisti nei loro racconti irreali, si reca due volte in pellegrinaggio a Bayreuth per capire meglio il messaggio wagneriano, manda a memoria la partitura del Boris Godunov che gli schiude straordinari orizzonti estetici e musicali, ascolta il gamelan indonesiano all'Esposizione Universale parigina del 1889; ma queste acquisizioni di un bagaglio culturale più vasto e determinante nell'arricchimento del suo linguaggio non tolgono nulla al fatto che già nelle Ariettes oubliées ci siano gli elementi caratterizzanti della sensibilità e del gusto di Debussy, fatto di lirismo malinconico e di coloriture delicate e sfumate, a volte fissate nella semplice declamazione e in brevi immagini pittoriche da acquarello.

Il primo pezzo, C'est l'extase (Lent et caressant), in mi maggiore si basa su una frase melodica discendente del pianoforte, ripresa dal canto per evocare con uno stile impregnato di cromatismi il senso di languore e di stanchezza in una giornata primaverile. Segue Il pleure, dans mon coeur (Modérément anime) nella tonalità di do diesis minore in cui viene dispiegata una melodia dal carattere triste, ben contrappuntata dalla mano sinistra del pianoforte e sorretta da morbidi arpeggi. L'ombre des arbres (Lent et triste) presenta una armonizzazione pianistica di estrema eleganza e dolcezza. La tonalità di do diesis maggiore viene arricchita da sottili cromatismi dal contenuto altamente espressivo. Chevaux de bois (Allegro non tanto) in mi maggiore mostra l'altra faccia di Debussy, quella festosa e brillantemente sonora; la successione dei temi, sorretta da una dinamica mutevole e varia, imprime all'intera lirica un senso di movimento e di gioco fanciullesco, felice e spensierato. Green (Joyeusement animé) in sol bemolle maggiore punta la sua chiave di lettura sull'alternanza di un metro binario ad un ternario, che determina una situazione psicologica di desiderio verso l'oggetto amato. L'ultimo pezzo, Spleen (Lent) in fa minore, è costruito su una melodia intonata inizialmente dal pianoforte, su cui poggia l'ampio lirismo della cantante che si esaurisce progressivamente sulle fredde armonie pianistiche.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 7 aprile 1990


I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 3 luglio 2012