L'enfant prodigue

Cantata per soli, coro e orchestra, L 61

Musica: Claude Debussy (1862 - 1918)
Testo: Édouard Guinand

Personaggi Organico: 3 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, grancassa, piatti, tamburo, 2 arpe, archi
Composizione: 1884
Prima esecuzione: Parigi, Académie de Beaux Arts, 27 Giugno 1884
Edizione: Durand, Parigi, 1884 (spartito) e 1908 (partitura)
Dedica: Ernest Guiraud

Scritta per il Grand Prix de Rome 1884
Struttura musicale
  1. Prélude - Andante, très calme (si maggiore)
  2. a. L'année, en vain chasse l'année - Recitativo (Lia)
    b. Azael, pourquoi m'as-tu quitté? - Aria (Lia) - Andante non troppo (si minore)
  3. Eh bien! Encore des pleurs - Recitativo (Siméon)
  4. a. Cortège - Moderato (do diesis minore)
    b. Air de danse - Tempo quasi andante rubato (do diesis minore)
  5. a. Ces airs joyeux - Recitativo (Azael)
    b. O temps à jamais effacé - Aria (Azael) - Andantino (la maggiore)
  6. Je m'enfuis - Recitativo (Lia)
  7. Rouvre les yeux à la lumière - Duetto (Lia et Azael) - Andantino (fa diesis minore)
  8. a. Mon fils est revenu - Recitativo (Siméon)
    b. Plus de vains soucis - Aria (Siméon) - Andante maestoso (mi bemolle maggiore)
  9. a. Mon cœur renaît - Trio (Lia, Azael, Siméon) - Andantino (do maggiore)
    b. Dieu d'Israël - Trio (Lia, Azael, Siméon) - Allegro moderato (si maggiore)

Guida all'ascolto (nota 1)

La cantata L'enfant prodigue per soli, coro e orchestra fu composta da Debussy a conclusione degli studi al Conservatoire, e con essa il ventiduenne compositore vinse nel 1884 il Grand Prix de Rome. L'opera nata sotto la diretta influenza di Massenet e di Lalo risale dunque al periodo formativo del Maestro e musicalmente è alquanto inferiore alla successiva cantata La damoiselle élue scritta quattro anni più tardi, quando l'insofferente pensionante di Villa Medici aveva già abbandonato Roma. Parte della critica ha trattato L'enfant prodigue in modo sbrigativo, come un'opera ancora impersonale di un esordiente. Uno studioso recente l'ha addirittura qualificata il saggio di un allievo di conservatorio; e sia, ma di un allievo, aggiungiamo, che si chiama Debussy. Se la scrittura presenta solo dei brevi tratti personali ravvisatili in certe disposizioni degli accordi, nel gusto di un'armonia ariosa, dal frequente uso di quinte vuote, di successioni di settime, al fondo della musica scopriamo qualche cosa di più interessante, che può definirsi già un atteggiamento dell'animo debussiano. Intendiamo quel sentimento di profondo pudore con cui la scena drammatica è musicalmente interpretata, a dispetto del testo convenzionale fornitogli da Edouard Guinand. Debussy non si è lasciato attrarre da elementi melodrammatici, non ha sottolineato pateticamente gli episodi di Lia e quelli del figlio che pentito e angosciato ritorna alla casa paterna.

Come giustamente il Lockspeiser osserva, Debussy è andato diritto al cuore della parabola con una musica dall'accento umanamente vero e pacato. Troviamo pertanto in questa interpretazione, sia pure in termini vaghi, il preannuncio dell'intimità poetica di Pelléas et Mélisande. Qualche pagina del Figliol prodigo è diventata celebre, come l'aria della madre invocante Azaele, pagina bellissima anche se nettamente massenettiana, e il Corteggio e aria di danza, dalla trasparente, raffinata, orchestrazione.

Scarsa aderenza con le precedenti pagine ha il finale, dove il giovane Debussy sembra aver voluto calcare, forse non senza una punta di malizia, i modi usuali del concertato.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 30 ottobre 1971


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Ultimo aggiornamento 28 maggio 2011