Danze slave, seconda serie, op. 72 (B. 147)

Versione per orchestra

Musica: Antonin Dvoràk (1841 - 1904)
  1. Odzemek - Molto vivace (si maggiore)
  2. Dumka - Allegretto grazioso (mi minore)
  3. Skocná - Allegro (fa maggiore)
  4. Dumka - Allegretto grazioso (re bemolle maggiore)
  5. Spacírka - Poco adagio-vivace (si bemolle minore)
  6. Polonaise - Moderato, quasi menuetto (si bemolle maggiore)
  7. Kolo - Allegro vivace (do maggiore)
  8. Sousedská - Grazioso e lento, ma non troppo, quasi tempo di Valse (la bemolle maggiore)
Organico: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, timpani, cassa, piatti, triangolo, archi
Composizione: Praga, 11 Novembre 1886 - 5 Gennaio 1887
Prima esecuzione parziale: Praga, Národní Divadlo, 6 Gennaio 1887 (solo le danze n. 1, 2 e 7)
Prima esecuzione completa: Chicago, Auditorium Theatre, 12 Agosto 1893

Composte per la Philharmonic Society di Londra
Guida all'ascolto (nota 1)

Non c'è dubbio che Dvorak sia considerato, insieme a Bedfich Smetana, il più importante e autentico rappresentante della musica nazionalistica ceca della seconda metà dell'Ottocento. Però, mentre Smetana si richiama nella sua opera agli aspetti eroici e leggendari della Boemia in lotta per la propria libertà e indipendenza, Dvorak esalta l'anima popolaresca e contadina della sua terra. Infatti in questo artista, stimato e protetto da Liszt, Brahms, Hanslick e Bülow, si incarna la tradizione del caratteristico musicista boemo, legato profondamente al tessuto folklorico, ai costumi e alle cerimonie di una popolazione campagnola e rusticana, ancora lontana da qualsiasi processo di urbanizzazione e di industrializzazione. Per questo motivo la sua musica, contraddistinta da inesauribile freschezza melodica e da straordinaria spontaneità inventiva (qualche musicologo lo ha paragonato a Schubert), è ricca di danze e di ritmi nostalgici e allegri, sentimentali e festosi che provengono dal patrimonio boemo e slavo, anche se rielaborati e reinventati con un gusto e una sensibilità di piacevole effetto armonico e strumentale. Natura istintiva, sinceramente ottimistica, sorretta da una schietta fede in Dio, Dvorak non ha nulla del compositore intellettuale e tormentato da problemi tecnici e linguistici: nella sua musica - sinfonica, da camera e operistica - tutto scorre limpidamente e su un piano di assoluta chiarezza di idee, con una straripante pienezza di temi che si innestano saldamente in un'orchestra molto descrittiva e densa di colori timbrici di poetica suggestione.

Cresciuto sotto l'influsso delle teorie sul canto popolare esposte da Herder, Goethe e i fratelli Grimm, che contribuirono allo sviluppo e alla conoscenza delle varie letterature autoctone e dialettali, Dvorak si muove nell'ambito di un Romanticismo di stampo popolaresco, dove trovano largo spazio le tipiche danze di estrazione panslavica, come il furiant, la polka, il rejdovak, la sousedskà, lo skocknà, l'odzemek slovacco, il kolo serbo e la mazurka polacca. Ciò spiega la vastissima diffusione che hanno avuto sin dall'inizio le sue sinfonie e soprattutto le due raccolte di Danze slave, dell'op. 46 e dell'op. 72, ordinategli dall'editore Simrock di Berlino per essere lanciate sul mercato insieme a quelle ungheresi di Brahms.

La prima serie delle Danze slave (otto in tutto) fu composta per pianoforte a quattro mani nella primavera del 1878 e l'anno successivo fu trascritta per orchestra. Visto il successo di questa musica, apprezzata anche da Brahms, il compositore boemo scrisse nell'estate del 1886 la seconda serie delle otto danze, quella dell'op. 72, sempre per pianoforte a quattro mani orchestrate in un secondo momento, in una brillante e smagliante edizione strumentale.

Nel ciclo dell'op. 72 confluiscono danze di carattere boemo, polacco, slovacco, ucraino e serbo, dalle quali si sprigiona un profumo fresco e gradevole di aria nativa, con infiltrazioni di ritmi di derivazione zingaresca. La prima danza in si maggiore, definita nella raccolta originale con il nome di Odzemek, si richiama alla musica popolare slovacca: ha un piglio slanciato e vigoroso in tempo 2/4, alternato con momenti di più distesa e dolce cantabilità. La seconda danza, la più celebre ed esaltata dell'intero album e un tempo una delle melodie più eseguite nei café-concert, è una Dumka, parola che etimologicamente sta a significare pensiero o riflessione: è un canto popolare ucraino in mi minore, intriso di lirismo elegiaco con il suo ritmo malinconicamente struggente, di chiara ascendenza slava. La terza danza in fa maggiore è una vivace e spumeggiante Skocnà di origine boema, un tipo di musica già utilizzata da Smetana nell'opera La sposa venduta. Segue un'altra Dumka in re bemolle maggiore elaborata con armonie di nostalgico sapore contadino. Ecco quindi una Spacirka boema in si bemolle minore contrassegnata da due temi: uno solenne e pomposo, l'altro più mosso e trascinante in tempo 4/8. La Polacca in si bemolle maggiore ha un andamento cullante e carezzevole, mentre per contrapposizione psicologica il Kolo serbo in do maggiore si snoda con esaltante brillantezza ritmica e secondo una impostazione espressiva molto affine al Furiant di spirito boemo. La Sousedskà finale in la bemolle maggiore è un valzer simile al Ländler austriaco e sembra quasi indicare una pausa di riposante raccoglimento dopo tanta fantasia orchestrale, ispirata dagli archi e dai legni. In queste Danze slave, e non solo in esse, si può cogliere il messaggio più sincero e autentico dell'arte di Dvorak, alla quale non è mai mancato il consenso del pubblico sotto qualsiasi latitudine e nelle situazioni culturali e storiche più diverse.

Ennio Melchiorre


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 30 Ottobre 1994


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Ultimo aggiornamento 22 Luglio 2011