Serenata per 10 strumenti a fiato, violoncello, contrabbasso in re minore, op. 44


Musica: Antonin Dvoràk (1841 - 1904)
  1. Moderato quasi marcia
  2. Minuetto: Tempo di minuetto - Trio: Presto
  3. Andante con moto
  4. Finale. Allegro molto
Organico: 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, controfagotto, 3 corni, violoncello, contrabbasso
Composizione: Praga, 4 Gennaio - 18 Gennaio 1878
Prima esecuzione: Praga, Prozátimní Divadlo, 17 Novembre 1878
Edizione: Simrock, Berlino 1879
Dedica: Herrn Louis Ehlert zugeeignet
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

La Serenata per 10 strumenti a fiato, violoncello e contrabbasso in re minore op. 44, concepita nel gennaio del 1878, apre un periodo felice nella vita di Antonin Dvoràk: la nascita delle due bambine Otilie (1878) e Anna (1880) servì a compensare infatti la tragica scomparsa dei primi tre figli e a porre le basi per una rinnovata vita familiare. Dal punto di vista artistico, gli anni 1878-1880 segnarono anche una notevole crescita della personalità artistica di Dvoràk, unitamente a un sensibile incremento della sua attività musicale, sia compositiva che esecutiva.

La Serenata op. 44 è articolata in quattro movimenti nei quali le forme classicheggianti, che richiamano gli analoghi modelli in Haydn e Mozart, si combinano mirabilmente con elementi ritmici e melodici del folclore boemo. Interessante è poi notare come tutti i movimenti si aprano con un intervallo di quarta ascendente, elemento questo che contribuisce notevolmente alla coesione formale dell'intero lavoro.

Il primo movimento, Moderato quasi marcia, non presenta sezioni di elaborazione motivica. ma vive del continuo succedersi dei due temi principali: il primo è simmetrico, ben scandito dall'orchestra e «rilanciato» ogni volta dalle rapide scalette di violoncello e contrabbasso. Dopo questo perentorio avvio, si apre subito una parentesi lirico-popolare, con oboi e clarinetti che riprendono dolcemente l'incipit della marcia. Il secondo tema è oggetto di due piccole variazioni ornamentali, la seconda delle quali conduce alla ripresa della marcia. La pagina si conclude con un ultimo accenno al secondo tema.

Il Minuetto successivo è interamente basato su un cullante motivo esposto tre volte con crescente intensità dinamica e sonora: la prima volta (clarinetti, fagotti, corni) in piano, la seconda volta (oboi, con arpeggi di clarinetti e violoncello) in mezzoforte, l'ultima, a tutta orchestra, in forte. Il Trio centrale è una pagina briosa e vivace, di schietta ispirazione popolare, giocata sul vivace trillo dei clarinetti, sostenuto dalle punteggiature ritmiche dei corni e cadenzato ritmicamente dal pizzicato degli archi.

Anche l'Andante con moto è sostanzialmente basato su un unico tema di ispirazione boema, dolce ma nostalgico, esposto da oboi. clarinetti e fagotti e caratterizzato da quell'intervallo di quarta ascendente che abbiamo individuato all'inizio come elemento unificante dell intera Serenata. Interessante è qui notare la trasformazione sonora cui va incontro il tema, sempre uguale dal punto di vista del materiale musicale, ma sempre diverso timbricamente perché affidato a soluzioni strumentali nuove.

Il Finale è una pagina travolgente, ricca di vivaci temi di ispirazione popolare e di delicate oasi sonore. Dopo la regolare esposizione dei due temi principali e una breve sezione di elaborazione motivica, un nuovo tema, una sorta di delicata ninnananna esposta da clarinetti e corni, prepara la ripresa del tema di marcia del primo movimento, che giunge all'ascoltatore improvvisa e inaspettata, facendo da trampolino di lancio per la veemente coda finale, nella quale fanno ancora capolino elementi motivici del tema principale.

Alessandro De Bei

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Quando, poco più che trentenne, il compositore cèco scrisse nel 1875 una prima Serenata per archi (l'op. 22) il suo modello non era certo Mozart. Era semmai, a distanza, il Brahms delle due Serenate op. 11 e op. 16.

A suggestioni romantico-elegiache può infatti essere ricondotta l'atmosfera malinconica che domina questo lavoro. Ma fu tuttavia proprio Brahms, divenuto il suo protettore presso l'editore Simrock, ad incoraggiare la vocazione nazionale ed autoctona di Dvorak. Fu così che egli, nel 1878, dette un pendant di carattere quasi opposto alla prima Serenata, scrivendone una seconda per dieci strumenti a fiato, violoncello e contrabasso. Essa fu presentata per la prima volta a Praga nel corso di un concerto in cui Dvorak diresse musiche proprie e che si svolse il 17 novembre 1878. Questa serata fu fondamentale per la sua notorietà di compositore e per la sua carriera di direttore. Abbandonando definitivamente certe velleità tardo-romantiche, la Serenata costituisce una significativa presa di coscienza della vera vocazione dell'autore e nello stesso tempo un ritorno al gusto per una musica «all'aperto» e di sapore villareccio o contadino.

I dieci strumenti a fiato sono clarinetti, due fagotti, un controfagotto (che è ad libitum e quando è indicato si limita per lo più a raddoppiare la parte del contrabasso) e tre corni. Apparentemente la Serenata obbedisce alla tradizionale suddivisione in quattro tempi. Ma il materiale usato è popolare. Già il primo movimento è una fantasiosa e libera marcia. Il secondo poi, dietro le due etichette di minuetto e trio, ospita due danze popolari cèche, una sousedka e un furiant (di quest'ultimo Dvorak farà grande e brillantissimo uso anche in altri lavori). Il tempo lento è costituito da un andante con moto che è un notturno, ma con una melodia semplice, di gusto cèco. Anche il finale consta di una danza popolare, una brillante polka che ospita, prima della ripresa, un richiamo alla marcia del primo movimento. Pochi mesi dopo la prima esecuzione, la Serenata entrò nel catalogo di Simrock a Berlino, insieme con la prima serie delle Danze Slave e alle tre Rapsodie Slave. I tre lavori erano in effetti nati contemporaneamente e per effetto dello stesso impulso creativo.

Bruno Cagli


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD AM123-2 allegato alla rivista Amadeus
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 8 febbraio 1978


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Ultimo aggiornamento 9 marzo 2016