Sinfonia n. 4 in re minore, op. 13


Musica: Antonin Dvoràk (1841 - 1904)
  1. Allegro
  2. Andante sostenuto e molto cantabile
  3. Scherzo: Allegro feroce - Trio: L'istesso tempo
  4. Allegro con brio - Poco meno mosso
Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, timpani, triangolo, archi
Composizione: Praga, 1 gennaio - 26 marzo 1874
Prima esecuzione: Praga, Národní Divadlo, 6 aprile 1892
Guida all'ascolto (nota 1)

Insieme a Smetana e Janàcek, Dvoràk è il più degno e autorevole rappresentante della musica boema. Benché influenzate nella struttura armonica e formale dal sinfonismo tedesco, le sue composizioni sono dominate da elementi tradizionali dell'anima cèca e si ispirano ai sentimenti della società contadina, che egli esprime con un linguaggio musicale spontaneo e melodicamente fluente. Musicista essenzialmente sinfonico (ma importante è anche la sua produzione quartettistica), si impose all'attenzione del mondo artistico non solo europeo con le nove sinfonie scritte tra il 1865 e il 1893, che rappresentano il momento più alto della sua indefessa attività. Di esse il compositore pubblicò solamente le ultime cinque, che entrarono nel repertorio con la numerazione dall'1 al 5, mentre le prime quattro, pubblicate postume, assunsero la numerazione dal 6 al 9. Oggi la numerazione delle sue sinfonie rispetta l'ordine cronologico ed è disposta nel seguente modo: la numero 1 in do minore, detta «Le campane di Zlonice» (1865, ritrovata nel 1923), la numero 2 in si bemolle maggiore (1865), la numero 3 in mi bemolle maggiore (1873), la numero 4 in re minore (1874), la numero 5 in fa maggiore, già conosciuta come numero 3 (1875, modificata nel 1887), la numero 6 in re maggiore, già conosciuta come numero 1 (1880), la numero 7 in re minore, già conosciuta come numero 2 (1884-'85), la numero 8 in sol maggiore, già conosciuta come numero 4 (1889) e la numero 9 in mi minore, detta «Dal nuovo mondo», già nota come numero 5 (1893).

Si sa che nel primo periodo della sua attività di sinfonista Dvoràk non sfuggì alle seduzioni dell'armonia e della strumentazione wagneriana, così che non è difficile riscontrare nelle sinfonie in do minore, in si bemolle maggiore, in mi bemolle maggiore e nella Quarta echi della musica del creatore del Tristano e Isotta, anche se non manca quella freschezza melodica e popolaresca tipica del compositore boemo. Del resto non c'è da stupirsi che nel decennio fra il 1865 e il 1875 un artista si sentisse attratto dal canto della sirena wagneriana, soprattutto per l'aspetto originale dell'orchestrazione, insostituibile punto di riferimento per chiunque volesse esprimersi nelle forme sinfoniche e operistiche. Wagner aveva ampliato, sviluppato e potenziato l'orchestra beethoveniana, adeguandola perfettamente al suo mondo espressivo e alla sua grandiosa concezione del dramma musicale e le sue esperienze erano oggetto di studio e anche di polemiche nella vita artistica tedesca ed europea. Dvork non poteva rimanere estraneo a questa «querelle», ma è evidente che le sue preferenze andavano a Beethoven e Schubert, i più autorevoli rappresentanti del classicismo tedesco, e quando Brahms, suo malgrado, divenne il portabandiera dell'antiwagnerismo e il simbolo degli ideali legati al razionalismo della forma-sonata, il musicista boemo si schierò con i seguaci del neo-classicismo sorretti dall'autorevole critico Eduard Hanslick e dal direttore d'orchestra Hans Richter. Lo stesso Brahms espresse chiaramente la sua stima per il giovane compositore cèco, che raccomandò all'editore berlinese Simrock perché pubblicasse le sue opere.

Si può dire che la Sinfonia op. 13 si collochi sullo spartiacque di questa crisi nella scelta del linguaggio attraversata da Dvorak e in essa si riscontrano echi wagneriani, specialmente nel secondo movimento, inseriti in una solida struttura tematica, su cui spira a volte il dolce vento primaverile delle reminiscenze beethoveniane e schubertiane. La sinfonia si apre con un motivo vigoroso ed energico, al quale subentra in contrasto un secondo tema in si bemolle maggiore di straordinaria effusione lirica. Ritorna l'ostinato del registro basso insieme alla fanfara dei fiati e poi si riascolta, tra modulazioni e varie trasformazioni, il secondo tema in uno slancio strumentale di derivazione bruckneriana, prima della ricapitolazione finale sfociante in una breve coda. L'Andante affidato alle trombe, ai corni e ai clarinetti utilizza la stessa tonalità e le stesse armonie della celebre marcia del Tannhäuser: un tema di largo e possente respiro sul quale Dvorak elabora delle variazioni di pungente efficacia strumentale e rivelatrici dello schietto temperamento musicale del compositore, che in questo caso si avvicina molto all'intimismo brahmsiano. I suoni dei violini, dei violoncelli, dell'oboe e del clarinetto risaltano con notevole evidenza timbrica e producono un sentimento di profonda tenerezza romantica. Lo Scherzo, almeno inizialmente, è la pagina che trovò subito immediato consenso nel pubblico, da quando, estrapolato dalla sinfonia, lo diresse Smetana in un concerto a Praga nel maggio 1874 (l'esecuzione completa della sinfonia avvenne nel 1892 sotto la direzione dello stesso autore, che l'aveva composta tra il gennaio e il marzo del 1874). E' una pagina estroversa e brillante, dal ritmo vivace e popolaresco, rievocante certamente il clima delle feste contadine nei villaggi boemi. E' veramente un piacevole brano di musica all'aperto, i cui accordi finali alludono alle cesure degli scherzi beethoveniani. L'Allegro dell'ultimo movimento è costruito secondo il tradizionale schema ternario, in cui affiora una cantabilità espansiva di ascendenza schubertiana e di sicuro effetto psicologico (si vede in controluce anche il profilo beethoveniano con un tema riecheggiante la Nona sinfonia). Lo sviluppo del discorso strumentale è piuttosto esuberante e impegna tutta l'orchestra, impostata su un organico ottocentesco, arricchito però nella percussione e con la presenza di due arpe e tre tromboni.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 31 marzo 1980


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Ultimo aggiornamento 21 settembre 2012