Sinfonia n. 1 in la bemolle maggiore, op. 55


Musica: Edward Elgar (1857 - 1934)
  1. Andante: Nobilmente e semplice. Allegro
  2. Allegro molto
  3. Adagio
  4. Lento. Allegro
Organico: 3 flauti (3 anche ottavino), 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto basso, 2 fagotti, controfagotto, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, tamburo, grancassa, piatti, 2 arpe, archi
Composizione: giugno - 25 settembre 1908
Prima esecuzione: Manchester, Free Trade Hall, 3 dicembre 1908
Edizione: Novello & Co., Londra, 1908
Dedica: Hans Richter
Guida all'ascolto (nota 1)

La comparsa della bicicletta avvenne intorno agli anni '60 dell'Ottocento e generò un clamore molto superiore rispetto a quello che accompagnò l'apparizione dell'automobile. Poter andare a sostenute velocità senza l'ausilio del traino animale e la relativa piccolezza del mezzo che favoriva un contatto quasi diretto con il terreno, davano un senso di indipendenza e modernità ampiamente registrato dai giornali dell'epoca. Molti articoli sottolineavano anche la pericolosità di questo oggetto: una caduta poteva avere postumi molto pericolosi o addirittura mortali. La bicicletta era dunque un mezzo per uomini liberi, moderni e coraggiosi. Edward Elgar (1857-1934) ne fu grande appassionato fin dalla più tenera età: già a cinque anni la usava per perlustrare i dintorni del suo villaggio natale, Broadheath, nella contea inglese del Worcestershire.

In queste sue passeggiate egli portava spesso con sé qualche spartito. Ne poteva trovare molti nel negozio che il padre, accordatore di pianotorte e commerciante di musica, possedeva nella via principale di Worcester. La propensione per la musica e la possibilità di avere a disposizione strumenti e partiture, fece di Elgar un musicista completo, fondamentalmente autodidatta. Il suo amore per la natura (ebbe a dire che «c'è musica nell'aria, musica attorno a noi, il mondo ne è pieno e puoi semplicemente prendere quella che ti serve») ricorda quello di Beethoven o di Brahms e ci conferma l'essenza romantica delle sue emozioni, essenza a cui potè rimanere tedele anche a Novecento inoltrato, vista l'estraneità del mondo culturale inglese a certa avanguardia continentale.

Trasferitosi a Londra nel 1889 dopo il matrimonio con Caroline Alice Roberts, Elgar cominciò a comporre con serietà ma il successo non arrivò subito. Dopo aver scritto lavori per alcuni grandi festival corali che si svolgevano nelle Midlands, solo nel 1899, a quarantadue anni, ottenne un grande successo con Enigma Variations, lavoro per orchestra eseguito per la prima volta a Londra sotto la direzione di Hans Richter, direttore allora celebre. Fra il 1902 e il 1914 la fama di Elgar andò sempre crescendo. Si recò ben quattro volte negli Stati Uniti e guadagnò somme considerevoli grazie all'esecuzione delle proprie musiche. In particolare, la Sinfonia n. 1, composta nel 1908, ebbe ben cento rappresentazioni nel solo primo anno di vita.

Elgar aveva progettato per molti anni la composizione di una Sinfonia. Al 1898 risale la volontà di realizzare un'opera, da connettere idealmente alla Sinfonia "Eroica" di Beethoven, che celebrasse il Generale Charles George Gordon, eroe del colonialismo inglese. Molti anni, però, passarono senza che venisse dato seguito a questo intento. Il compositore sentì con sicurezza di poter affrontare l'arduo compito di scrivere una Sinfonia solo nel 1908. Il primo movimento fu completato a Roma (Elgar vi si era recato nell'inverno del 1908), gli altri furono terminati in Inghilterra.

L'idea di celebrare Gordon era stata abbandonata già nel 1905. Lo studio della Sinfonia n. 3 di Brahms rafforzò Elgar nella convinzione che i valori di questo genere compositivo risiedessero nella purezza delle forme e nell'astrattezza delle soluzioni musicali, in una sorta di assoluto sonoro privo di connessioni con un programma o con altre motivazioni descrittive. L'apertura del primo movimento, Andante (Elgar vi prescrive "nobilmente e semplice") possiede una solennità astratta, incorporea, che probabilmente conferma l'intenzione del compositore di voler conquistare una dimensione insolita per la grandiosità sinfonica, dimensione in cui sembrano fondersi andamento marcante e lirica contemplazione. Tale apertura risente innegabilmente dell'esperienza di Elgar nella composizione per coro; è reperibile, infatti, anche un'atmosfera sacrale nell'andamento di questo Andante introduttivo (il tema, in fondo, ricorda un corale). Il brano prosegue con un Allegro nel quale l'influenza di Brahms, seppur resa in modo assai personale, è presente. La ricorda soprattutto l'elaborazione tematica, talvolta vivacissima e serrata, in Elgar modernamente interpretata anche da cambi di misura, il tutto all'interno della forma-sonata di ascendenza classica (esposizione con due temi principali, sviluppo e ricapitolazione). Il movimento origina una miscela sonora avvincente, con momenti di vera delizia timbrica, come nella quieta chiusa.

Il brano seguente, Allegro molto, non fu da Elgar titolato "Scherzo", forse perché rimane in parte estraneo ai canoni dello Scherzo classico; tuttavia, gli assomiglia molto. Il suo andamento dinamico e a tratti sinistro, esalta le grandi capacità d'orchestratore di Elgar, la sua attitudine al moto appassionato e alle combinazioni ritmiche travolgenti. Una sorta di "Trio", dal carattere diafano e pacatamente bucolico, si inserisce nel centro del brano. La ripresa della parte iniziale si combina poi col materiale di quella centrale, elemento che va a configurarsi come una novità rispetto alle caratteristiche dello Scherzo classico.

L'Andante e Allegro iniziali, insieme a questo Allegro molto, sono buoni esempi della grande fantasia di Elgar nella costruzione dei temi; per caratterizzarli all'interno di uno scoppiettante virtuosismo orchestrale, egli utilizza un tocco di asimmetria, talvolta applicato alla coda del tema talaltra giocato su un piano più ampio di esso.

L'Allegro molto sfocia senza pausa nel grande Adagio realizzando una connessione tra queste due parti della Sinfonia: creare tale continuità era un elemento di modernità espressiva per l'epoca e significava vincere i confini dei diversi movimenti per raggiungere una coerenza della partitura a livello superiore rispetto a quella del singolo brano. In ogni modo, questo Adagio contrasta con i movimenti precedenti per l'andamento tranquillo e la distesa cantabilltà. L'Idea principale è pensosa, meditativa, sostenuta da un'orchestra ricchissima di sfumature.

Un incedere meditativo caratterizza anche l'inizio del Finale, nel quale ricompare il tema d'apertura della Sinfonia. L'indicazione di tempo si muta poi in Allegro, il ritmo e il tema del quale richiamano sempre le fattezze del primo movimento. In fondo, il Finale rappresenta un'enorme variazione del primo brano e in esso vengono esaltate caratteristiche già presenti in quello, soprattutto l'assenza di una definita direzionalità tematica, un elemento intorno al quale ruotava l'interesse della modernità musicale anche nell'Europa continentale. Non potendosi sempre trovare nel tema l'intera sintesi espressiva del movimento, Elgar carpisce l'attenzione dell'ascoltatore immergendolo in un flusso serrato, quasi travolgendolo di suono. In ogni modo, i temi, anche se privi di netti confini, sono riconoscibili. Questo permette al compositore di applicare alla Sinfonia n. 1 un principio ciclico che gioca sul ritorno variato delle idee tematiche e nel contempo, legando strettamente movimento iniziale e finale, di costruire una partitura "ad arco" nella quale la musica non è più la rappresentazione di un percorso lineare, narrativo, ma lo specchio di una struttura a cerchi concentrici nella quale il tempo drammatico è come sospeso; un strategia tipica di molta musica scritta nella prima metà del Novecento.

Elgar ha una personalità sintetica e sensibile: nella sua musica l'afflato romantico all'infinito si combina con la forma ciclica e con quella ad arco, nonché con il gusto di certi andamenti in stile antico che in ambiente italiano e francese si configuravano nei primi anni del Novecento come ritorni a un passato puro, antisentimentale. Inoltre, la stupenda variazione ritmica finale nella quale ritorna il tema principale, ci testimonia quanto Elgar, oltre al già detto, fosse anche un fine comunicatore, attento a fuggire soluzioni orchestrali troppo ermetiche.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 21 gennaio 2012


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Ultimo aggiornamento 27 maggio 2016