Oltre alle due Sonate per violoncello e pianoforte, appartenenti alla piena maturità di Fauré e annoverate tra le opere francesi più importanti del genere, il compositore scrisse per la stessa formazione strumentale una serie di pezzi di minori dimensioni. Alcuni di questi sono pagine di circostanza, fogli d'album concepiti come un omaggio ad amici o brani richiesti da editori che intendevano trarre profitto dall'originalissima vena melodica dell'autore. Ma ciò che non viene mai meno, neppure in queste pagine in qualche modo "minori", sono il lirismo - tratto distintivo di tutta l'opera di Fauré - e il tipico riserbo intimista, aspetti imprescindibili di una sensibilità raffinata ed elitaria.
La Sicilienne op. 78 è tra i pezzi più familiari di questo repertorio. Le sue origini risalgono al 1893, quando Fauré preparò uno schizzo orchestrale per le musiche di scena che avrebbero dovuto accompagnare una produzione del Bourgeois gentilhomme di Molière. Il teatro però fallì prima della rappresentazione e la partitura non venne portata a termine. Fauré recuperò più tardi, nel 1898, quanto aveva scritto trasformandolo in un brano per violoncello e pianoforte, destinato al violoncellista Joseph Hollmann. Allo stesso tempo incaricò l'allievo Charles Koechlin di orchestrarlo per inserirlo tra le musiche di scena di una produzione londinese del Pelléas etMélisande di Maeterlinck. Così la Sicilienne divenne l'introduzione alla scena della fontana, all'inizio del secondo atto, e in questa veste debuttò al Prince of Wales' Theatre di Londra il 21 giugno 1898, con Fauré stesso nelle vesti di direttore d'orchestra. Ma a divenire universalmente nota fu la versione per violoncello e pianoforte. Una melodia fluida, quasi ipnotica, si dipana creando un'atmosfera malinconica; è musica nostalgica per eccellenza, fortemente evocativa, che sembra rinviare a una Sicilia solamente sognata, un luogo indefinito e immaginario.
Claudio Toscani