Quintetto in fa minore per pianoforte e archi


Musica: César Franck (1822 - 1890)
  1. Molto moderato quasi lento (fa minore)
  2. Lento, con molto sentimento (la minore)
  3. Allegro non troppo, ma con fuoco (re minore)
Organico: pianoforte, 2 violini, viola, violoncello
Composizione: 1878 - 1879
Prima esecuzione: Parigi, Société Nationale de Musique, 17 gennaio 1880
Edizione: Hamelle, Parigi, 1879 circa
Dedica: Camille Saint-Saëns
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Tra il 1878 e il 1879, nel pieno della sua attività creatrice, Franck compose il Quintetto in fa minore per pianoforte e archi, considerato insieme alla Sonata in la maggiore per violino e pianoforte (1886) e al Quartetto in re maggiore per archi (1889) una delle opere più significative della produzione cameristica del maestro belga-francese. Tutti e tre questi lavori presentano caratteri comuni, tipici dello stile musicale dell'autore: l'introduzione, vero e proprio preludio, che sfocia nell'Allegro iniziale; la struttura ciclica di ogni partitura, costituita da materiale tematico elaborato nei primi tre movimenti e citato nell'ultimo; l'utilizzazione, oltre ai temi, di una specifica cellula originale di carattere melodico, che investe l'atmosfera lirica dei vari movimenti e determina la loro salda unità. In tal modo Franck contribuì, secondo una sua esperienza personale, a dare una nuova fisionomia alla vecchia forma-sonata, partecipando, specie in campo strumentale, a quel processo di rinnovamento della musica francese, con l'uso della variazione e del tematismo ciclico, assorbiti studiando i grandi modelli tedeschi, da Beethoven a Mendelssohn, da Schumann a Liszt a Wagner. Ma questo non significa che Franck ripercorre strade già battute da altri, perché, come scrive Norbert Dufourcq, il suo processo creativo ha una precisa individualità compositiva, in quanto egli «sceglie una cellula originale, che non gli basta per trasmettere nella sua semplicità il proprio pensiero: allora la distende, l'arricchisce di ornamenti, la ingrandisce. Annega i suoi temi in un mare di dense armonie, il cui andamento è ritardato dall'uso costante del cromatismo. Si compiace di introduzioni lente, di dense costruzioni cicliche, che gli permettono quei rimorsi, quei ritorni, quelle resurrezioni inattese nelle quali crede di vedere un elemento unitario e umano... Ed è appunto attraverso le vie più sinuose e segrete che egli costruisce la sua testimonianza, la sua certezza, la sua fede». Del resto è significativo che proprio dopo la prima esecuzione del Quintetto, avvenuta il 17 gennaio 1880 alla "Société Nationale de Musique" di Parigi, Saint-Saëns, che suonava il pianoforte (il pezzo è a lui dedicato), mostrasse delle riserve sull'abuso di cromatismo fatto in questo caso da Franck, mentre più tardi Debussy espresse un giudizio più lusinghiero nei confronti di questo brano contrassegnato da una tensione e da una "sensiblerie" poco accademica e apertamente moderna.

L'organizzazione ciclica, ancora embrionale nel Quintetto di Schumann, ma già chiaramente affermata nella Sonata in si minore di Liszt, viene esposta in maniera sistematica nel Quintetto franckiano, non immune da influenze beethoveniane, come dimostrano l'introduzione dell'opera (Molto moderato, quasi lento), con il contrasto espressivo tra il pianoforte e gli archi, e certe scansioni drammatiche. Dopo l'Allegro pervaso quasi da una febbre armonica, realizzata da una instabilità tonale, il Quintetto sfocia in un Lento centrale, carico di assorta poesia lunare e simile ad un Lied di romantica purezza di suoni, lontani da qualsiasi fremito sensuale. Poderoso ed estremamente mobile l'attacco dell'Allegro del terzo tempo (forse Ravel se ne ricorderà nell'inizio del finale del suo Quartetto), poggiato su due temi che si incontrano e si scontrano in un ribollente coagulo di sentimenti drammatici. In base alla forma ciclica si riascolta il motivo iniziale del Quintetto, che si conclude con una affermazione vigorosa e perentoria di volontà, su un unisono martellato e tagliente di robusta presenza tonale.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Cèsar Franck stese il suo unico Quintetto per pianoforte e archi negli anni 1878/1879, trentasei anni dopo che Schumann abbia composto la sua op. 44, primo capolavoro del genere. Il Quintetto del musicista franco-belga si apre, Molto moderato quasi lento, con un motivo discendente, "ff drammatico", del primo violino, sugli accordi tenuti dagli altri archi, a cui fa eco, "espressivo, piano", il pianoforte con un motivo lirico e trasognato. Tornano ancora gli archi guidati sempre dal primo violino, a cui subentra il pianoforte col suo motivo antitetico: solo nel Maestoso (batt. 26) gli archi suoneranno la prima volta assieme al pianoforte, arrivando presto a un "ff" che viene interrotto ancora dal motivo lirico: a questo punto (batt. 45) il pianoforte attacca l'Allegro. E' alimentato dal conflitto tra i blocchi antitetici degli archi all'unisono e del pianoforte che si contendono i vari temi e motivi, la cui drammaticità nasce dal cromatismo tipico di Franck. L'impiego di uno stesso motivo in tutti e tre i tempi, quasi da idèe fixe, conferisce una grande unità al Quintetto, costruito appunto in forma ciclica, ancora sottolineata dalla ripresa dell'alternanza tra l'iniziale Molto moderato quasi lento e l'Allegro alla fine del primo tempo. Il termine Lied appare quasi riduttivo di fronte all'imponente costruzione del secondo tempo, Lento con molto sentimento, in la minore, dalla sezione centrale in re bemolle maggiore. Al movimento lento, in cui i singoli strumenti ad arco godono di una certa autonomia, segue un Allegro non troppo, ma con fuoco in cui, dopo l'idea rovente (quasi accompagnamento) del secondo e poi del primo violino, si formano di nuovo i blocchi contrapposti degli archi da un lato e il pianoforte dall'altro che, dopo tante ambiguità tonali, chiudono il Quintetto in modo perentorio sulla tonica.

Johannes Streicher


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 30 gennaio 1987
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 25 settembre 1990


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Ultimo aggiornamento 26 ottobre 2013