En svane (Un cigno), op. 25 n. 2

per voce e pianoforte

Musica: Edvard Grieg (1843 - 1907)
Testo: Henrik Ibsen Organico: voce, pianoforte
Composizione: 1876
Edizione: Peters, Lipsia, 1876

Anche arrangiato per voce e orchestra nel 1894
Guida all'ascolto (nota 1)

Edvard Grieg, che i confini del Lied era costretto a osservarli dal di fuori, almeno in termini geografici, fu tra i compositori non tedeschi (Liszt escluso) colui che meglio seppe importarne gli elementi base (che per lui erano la poetica di Schumann e di Heine) per poi ricornporli sullo sfondo del panorama nazionale, nel suo caso quello norvegese. Se nei Pezzi lirici egli seppe rinnovare il modello da altri banalizzato delle Romanze senza parole di Mendelssohn, nei Lieder Grieg fu uno schumanniano - non epigono, ma continuatore. E il ponte con Wagner, il cui profilo già Schumann lasciò intravedere negli ultimi Lieder, grazie a Grieg sorvola il Mare del Nord con le sue pur modeste campate.

Non ci stupisce dunque di vedere tra quelle acque un cigno: En svane (Un cigno, op. 25, n. 2), su una bella poesia di Ibsen, non è l'uccello mistico wagneriano (e infatti la specie nordica è detta cigno minore), anche se muore giusto in tempo (1876) per cadere sulla scena terza di Parsifal (1877). Gli splendidi interludi pianistici e i vibranti accordi ritornano dal Concerto in la, ma qui hanno il valore aggiunto di rispondere e dare impulso a una melodia del canto prima tesa e angosciata per il silenzio dell'amata, denso di presagi, poi rassegnata ed estatica nel suo ricordo. Di questo Lied, come poi di Våren (Primavera, op. 33, n. 2), Grieg realizzerà negli anni '90 una versione orchestrale, che anche qui esalta, ma di fatto non muta quel carattere di corale già perfettamente realizzato nell'accompagnamento pianistico, con il registro degli accordi che talvolta diventa acuto e pungente come la tersa aria del disgelo; musica e poesia, canto e pianoforte, non prive dell'arcaico presagio che s'insinua negli enigmatici versi di Vinje (scritti in Nynorsk), sembrano rigonfiarsi e poi quasi esplodere come un fiume lungamente costretto dai ghiacci: per l'esplosione vera e propria bisognerà attendere l'ultima canzone di questo concerto (Rachmaninoff), perché qui la malinconia prende il sopravvento. Magistrale, nell'interludio e poi nel postludio, la trasformazione del tema riflessivo in uno svettante canto di usignoli. Usignoli del nord, certo, come la Nina che Grieg sposò e a cui dedicò gran parte dei suoi Lieder.

Erik Battaglia

Testo

Min hvide svane
Du stumme, du stille,
Hverken slag eller trilie
Lod sangrost ane.

Angst beskyttende
Alfen, som sover,
Altid lyttende
Gled du henover.

Men sidste modet,
Da eder ogojne
Var lonlige logne,
Ja da, da lod det!

1 toners foden
Du slutted din bane.
Du sang i döden;
Du var dog en svane!
Mio bianco cigno
Muto, silenzioso,
Che in seno rinserravi
Il trillo e il canto.

Con lo spirito celato
In muta ansia,
Tu scivolavi
In circolo.

Ma nel separarci
I tuoi occhi mi parlarono,
Le tue labbra giurarono
Il falso, il canto si levò.

Il tuo corso s'arrestò
Al nascere dei suoni.
Morendo cantasti;
Dunque eri un cigno!

(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 13 novembre 2009


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Ultimo aggiornamento 23 luglio 2015