Il catalogo di Händel annovera un numero estremamente alto di composizioni definibili come cantate da camera: 7 cantate drammatiche, 25 cantate con strumenti, 69 con il solo basso continuo, escluse le numerose opere dubbie e quelle sacre; in totale oltre cento brani. La quasi totalità di queste opere fu scritta nel corso del viaggio in Italia compiuto dal compositore fra la fine del 1706 e l'inizio del 1710, e in particolare nel corso dei diversi soggiorni a Roma.
Händel aveva intrapreso il viaggio in Italia nell'autunno del 1706; un viaggio di perfezionamento, prassi ambita e consueta, lungo tutto il secolo XVIII, per moltissimi musicisti oltremontani. Sebbene l'Italia fosse politicamente divisa e culturalmente tutt'altro che omogenea - anzi forse proprio a causa di questi motivi - era nella penisola che fiorivano quelle scuole musicali, tanto vocali quanto strumentali, che dettavano legge al gusto di tutta Europa. Nel varcare le Alpi, a ventun anni, Händel poteva vantare già una padronanza assoluta degli strumenti a tastiera, cembalo e organo, ma era ancora lontano dal pieno dominio del mezzo orchestrale (che avrebbe appreso, sempre a Roma, dall'esempio di Arcangelo Corelli), e soprattutto della scrittura vocale. Il viaggio in Italia segnò appunto il contatto con il mondo dei grandi virtuosi, con il cosiddetto "belcanto", inteso nell'accezione più edonistica e insieme espressiva del termine.
Questo non deve sembrare in contraddizione con il fatto che Händel abbia scritto in Italia appena due opere (Rodrigo e Agrippina), né con il fatto che egli abbia soggiornato soprattutto a Roma, città nella quale l'opera in musica era proibita per motivi morali (tanto che nell'aprile 1708, in occasione dell'esecuzione dell'oratorio La Resurrezione, il compositore si vide costretto a sostituire alla seconda serata il soprano Margherita Durastanti con un cantore castrato, poiché la presenza di una cantante donna nel ruolo di Maria Maddalena accentuava il carattere profano della musica). Infatti, più che attraverso la strada maestra dell'opera, la scuola di perfezionamento nella scrittura vocale si realizzò attraverso la via secondaria della cantata da camera.
Non a caso secondo il primo biografo, John Mainwaring (le sue Memorie della vita del fu G. F. Händel apparvero nel 1760, l'anno successivo alla scomparsa dell'autore), Händel avrebbe scritto a Roma centocinquanta cantate, una cifra verosimile o quasi, considerando le composizioni probabilmente disperse. A commissionare le cantate al maestro sassone furono due prelati aristocratici, Benedetto Pamphili e Pietro Ottoboni, e soprattutto il marchese Francesco Ruspoli, un mecenate presso il quale Händel soggiornò per tre lunghi periodi (maggio-ottobre 1707, febbraio-maggio 1708, luglio-novembre 1708) appunto con l'incarico principale di fornire settimanalmente una nuova cantata, da eseguirsi di domenica. Destinataria della maggior parte delle composizioni fu la già menzionata Margherita Durastanti (anch'essa al servizio di Ruspoli), una grande virtuosa che avrebbe poi seguito Händel nel suo soggiorno inglese, collaborando con lui ancora per svariati lustri.
Queste indicazioni valgono da sole a definire il carattere prezioso ed esclusivistico del genere della cantata da camera all'inizio del XVII secolo; la cantata era destinata ad un ristretto pubblico aristocratico, che si compiaceva dell'arte dei cantori solisti e della ricerca stilistica dei compositori. I testi poetici delle cantate vertevano su un numero estremamente limitato di situazioni affettive, ispirate a personaggi eroici o mitologici, spesso con ambientazioni arcadiche, non di rado con allusioni encomiastiche agli illustri committenti, o con criptici riferimenti alle precise situazioni - ricevimenti, celebrazioni - per cui i brani venivano creati. Al compositore il compito di trovare soluzioni sempre rinnovate sul piano espressivo per un numero di "affetti" estremamente ristretto. L'articolazione formale alternava recitativi ed arie (in genere nella forma col "da capo"; ossia in tre sezioni, l'ultima delle quali uguale alla prima, per consentire al virtuoso interprete di variare a suo piacimento la linea melodica). Spesso era il semplice basso continuo ad accompagnare la voce o le voci, talvolta un insieme di pochi strumenti.
Agrippina condotta a morire (composta nel 1707-1708) è una delle cantate più ambiziose ed ammirate del periodo romano, un vero e proprio minidramma, una prefigurazione delle grandi scene operistiche della maturità. Abbiamo in questo caso cinque arie (quantunque una, come vedremo, non possa essere considerata tale), un ensemble d'archi (due violini e basso continuo) e un preciso personaggio storico, Agrippina, che esterna i diversi sentimenti di vendetta e amore materno nei confronti di Nerone, che la ha condannata a morte. La cantata insomma è di grande difficoltà per la solista sia sotto l'aspetto puramente vocale, con un incisivo impiego della coloratura, sia sotto quello interpretativo.
Infatti Händel aggredisce l'ascoltatore con il suo genio drammatico sotto due distinti profili. Nelle due arie iniziali e nelle due conclusive egli mostra una perfetta individuazione dell'affetto illustrato dal testo poetico. Nella seconda aria ad esempio («Renda cenere il tiranno») il fulmine invocato viene reso con le scale e con i salti discendenti dei violini, mentre le fughe di semicrome del soprano rendono il senso dell'invettiva; o ancora nella quarta aria («Se infelice al mondo vissi») è la lunghezza e la levigatezza della linea melodica ad attribuire un senso elegiaco alla rassegnazione del personaggio. Al posto della terza aria Händel crea invece un organismo sofisticato («Come, o Dio! bramo la morte»), una sorta di scena drammatica, che alterna sezioni di aria, di arioso e di recitativo in un flusso continuo; la forma è ABCDA, dove A è un adagio elegiaco, e BCD dei brevi ariosi fra loro fortemente contrastanti, così da riflettere i continui mutamenti di affetti da parte del personaggio. Un breve e scarno recitativo conclude in tono volutamente dimesso, quasi purificatorio, l'intera partitura.
Arrigo Quattrocchi