Oh Numi eterni (La Lucrezia), HWV 145
Cantata per soprano e basso continuo
Musica: Georg Friedrich Händel (1685 - 1759)
Testo: cardinal Benedetto Pamphili
- Oh
Numi eterni!
Recitativo per soprano e basso
continuo
- Già
superbo del mio affanno - Adagio (fa minore)
Aria per soprano e basso continuo
- Ma
voi forse nel cielo
Recitativo per soprano e
basso continuo
- Il
suol che preme - Allegro (do minore)
Aria per
soprano e basso continuo
- Ah!
che ancor nell'abisso
Recitativo per soprano e
basso continuo
- Alla
salma infedel porga la pena - Larghetto (sol
minore)
Arioso per soprano e basso continuo
- A
voi, padre, consorte
Recitattivo per soprano e
basso continuo
- Già
nel seno comincia - Furioso (do minore)
Arioso
per soprano e basso continuo
Organico: soprano, basso continuo
Composizione: 1706 - 1707
Edizione: Deutsche Händelgesellschaft, Lipsia, 1887
Nel 1706 il ventunenne Händel iniziava quel viaggio in Italia
che ogni musicista d'oltralpe cercava di intraprendere per completare i
propri studi e ampliare le proprie conoscenze sulla civiltà musicale
che dettava legge in tutta Euroa. Nei tre anni di permanenza nella
penisola il maestro sassone si dedicò alla composizione di opere,
oratori, serenate, e soprattutto di circa un centinaio di Cantate da
camera, che si rivelarono una straordinaria scuola di perfezionamento
nella scrittura vocale.
Diffusissima all'inizio del XVIII secolo, la Cantata da camera
era un genere compositivo destinato ad un ristretto pubblico
aristocratico, che si compiaceva dell'arte dei cantori solisti e della
ricerca stilistica dei compositori, volta a rivestire con soluzioni
sempre diverse un numero estremamente limitato di situazioni affettive
ispirate a un personaggio eroico o mitologico; nella forma più diffusa
la Cantata si componeva di tre arie col "da capo" collegate da
recitativi e si affidava a una voce sopranile - femminile o, più
spesso, di castrato - accompagnata dal semplice basso continuo.
Di questa arte preziosa e esclusivistica la Cantata Lucrezia è un
esempio insigne; essa fu composta nel 1707 a Firenze, probabilmente la
prima tappa del viaggio italiano di Händel, ed è considerata il
capolavoro del genere nella produzione del maestro. Il personaggio
prescelto per incarnare la consueta successione di affetti contrastanti
è quello della moglie di Collatino che, sedotta da Sesto Tarquinio,
invoca l'ira dei Numi sul capo del romano e sceglie poi il suicidio per
salvaguardare il proprio onore e quello della famiglia.
Nel trattare un contenuto così fortemente drammatico Händel si
applicò con una straordinaria fantasia alla forma della Cantata,
arrivando a una prefigurazione delle grandi scene operistiche della
maturità; ma da queste Lucrezia
si distingue per l'esiguità dei mezzi impiegati (essenziali al fascino
cameristico della Cantata) e, di conseguenza, per la straordinaria
duttilità che questi mezzi vengono ad assumere. Il contenuto armonico è
arditissimo, la linea vocale piega i rapidi salti e le colorature verso
una eccezionale espressività e, soprattutto, la tradizionale frattura
fra aria e recitativo viene sorprendentemente attenuata; il recitativo
assume movenze di arioso ("...Alla salma infedel porga la pena"), la
terza aria (dopo una prima elegiaca e una seconda di furore) non
propone la forma tripartita e non si discosta dall'ambientazione del
recitativo. Il compositore, insomma, si muove all'interno della forma
consacrata - e abusata - con la sicura libertà che gli detta
l'esuberanza
giovanile del genio.
Arrigo Quattrocchi
1 -
Recitativo
O Numi Eterni!
O Stele, stelle!
Che fulminate empi tiranni,
Impugnate a' miei voti
Orridi Strali:
Voi con fochi tonanti
Incenerite il reo Tarquinio e Roma.
Dalla superba chioma
Omai trabocchi il vacillante alloro
S'apra il suolo in voragini
Si celi, con memorando esempio
Nelle viscere sue l'indegno e l'empio.
2 -
Aria
Già superbo del mio affanno
Traditor dell'onor mio
Parte l'empio, lo sleal.
Tu punisci il fiero inganno
Del fellon, del mostro rio
Giusto Cie, parca fatal!
Già superbo, etc.
3 -
Recitativo
Ma voi forse nel cielo
Per castigo maggior del mio delitto,
State oziosi, o provocati Numi:
Se son sorde le stelle
Se non mi odon le sfere
A voi Tremende Deità
Deità dell'abisso mi volgo
A voi, a voi spetta
Del tradito onor mio far la vendetta.
4 -
Aria
>Il suol che preme,
L'aura che spira
L'empio romano
S'apra, s'infetti.
Se il paso move,
Se il guardo gira,
Incontri larve,
Riune aspeti.
Il suol che preme, etc.
5 -
Recitativo
Ah! Che ancor nell'abisso
Dormon le furie,
I Sdegni e le vendette.
Giove dunque per me non ha saette.
E pietoso l'Inferno?
Ah! Ch'io già son in odio al Ciel, a Dite:
E se la pena non piomba sul mio capo
A' miei rimorsi è rimorso
Il poter di castigarmi.
(Furioso)
Questi la disperata anima mia puniscan, sì
(Adagio)
Ma il ferro che già intrepida stringo
(Aria)
Alla salma infedel porga la pena.
6 -
Recitativo
A voi, a voi, padre,
consorte, a Roma,
Al mondo presento il mio morir;
Mi si perdoni il delitto esecrando
Ond'io macchiai involontaria il nostro onor,
Un'altra più detestabil colpa,
Di non m'aver uccisa pria del misfatto,
Mi si perdoni.
7 -
Arioso
Già nl seno comincia a
compir
Questo fero i duri ufficzi
Sento ch'il cor si scuote
Più dal dolor di questa caduta invendicata
Che dal furor delle vicina morte.
8 -
Furioso
Ma se qui non m'è dato
castigar il tiranno
Opprimer l'empio con più barbaro esempio
Per ch'ei sen cada estinto
Stringerò a' danni soi mortal saetta.
E furibonda e cruda nell'Inferno farò
La mia vendetta.
(1)
Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 4 novembre 1987
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Ultimo aggiornamento 11 maggio 2016