Fantasia in do maggiore per pianoforte, Hob:XVII:4


Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
Organico: clavicembalo o pianoforte solo
Composizione: Eisenstadt, Eszterhàza, 29 marzo 1789
Edizione: Artaria, Vienna, 1789
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Nelle nostre menti, e nei fatti oggettivi, C. Ph. E. Bach, Haydn e Mozart, pur avendo avuto a disposizione dei tempi di vita assai diversi, appartengono a tre diverse generazioni di compositori settecenteschi che, prendendo le mosse dal tardo Barocco, portano all'affermazione dello stile Classico fino a farne addirittura intravvedere il superamento. Tuttavia le loro tre Fantasie in programma questa sera, pur evidenziando gli aspetti più tipici dei rispettivi autori, riducono quasi al grado zero questo piano tridimensionale, essendo state composte tutte nel breve arco di nemmeno cinque anni, fra il 1785 e l'inizio del 1789.

La più recente delle tre è la Fantasia in do maggiore Hob. XVII:4, composta al principio del 1789 da Haydn. Anche la sua nascita è collegata all'evoluzione degli strumenti a tastiera nel secondo Settecento, essendo la prima testimonianza del tardivo ma sincero interesse di Haydn per il fortepiano. Haydn, diversamente da Mozart, non era un virtuoso della tastiera, né esercitò mai un'attività concertistica pubblica e per molti decenni le sue composizioni tastieristiche nacquero sul clavicembalo e per il clavicembalo.

Poi, alla fine del 1788, Haydn acquistò il suo primo fortepiano, costruito da Johann Wenzel Schanz e subito dopo, al principio del 1789, scrisse la Fantasìa in do maggiore che rappresenta quindi la prima composizione da lui concepita sul suo nuovo fortepiano; è solo da questo lavoro in poi che la destinazione pianistica inizia a influenzare in modo davvero evidente la sua scrittura tastieristica che in alcuni casi presenta nuove e interessanti soluzioni, soprattutto nella possibilità di prolungare la durata dei suoni e nell'uso del pedale di risonanza. Nella Fantasia, ad esempio, si trovano numerosi accordi alla sinistra tenuti per quattro battute e in due punti particolari, alle battute 192 e 302, un'indicazione autografa di Haydn prescrive di mantenere un accordo sormontato dal punto coronato «tenuto intanto finché non si sente più il suono».

Ecco come l'autore la presentava all'editore Artaria in una lettera del 29 marzo 1789: «Nelle mie ore libere ho creato una nuova Fantasia per il fortepiano, della quale si può pensare che [...] non potrà mancare di ottenere l'approvazione degli intenditori e dei dilettanti. È costituita da un solo pezzo, piuttosto lungo ma non troppo difficile». A parte la dose un po' ironica di understatement contenuta in quest'ultima affermazione (il brano è relativamente breve e molto scorrevole, ma non certo facilissimo, pieno come è di incroci fra le mani, passaggi in doppie terze, agilità assai rapide, lunghi passi in arpeggi spezzati), la Fantasia sembra lontana anni-luce dall'universo espressivo dell'omonimo brano di C. Ph. E. Bach che la precede in programma: tanto quello sembrava ripiegarsi depressivamente su se stesso, tendendo alla stasi e al silenzio, tanto questa scorre carica di buon umore in un movimento incessante e sempre ricco di suoni.

Costruita formalmente in forma-sonata, sembra fare semmai riferimento ai Rondò di Carl Philipp Emanuel, autore che Haydn considerava un vero maestro e un autentico punto di riferimento per la musica tastieristica. Dove però la fantasia regna sovrana è sul piano armonico - visto che vengono toccate un'infinità di tonalità diverse, grazie a lunghi movimenti cromatici e a volte semplici scivolamenti ascendenti di un semitono - e sul piano delle dinamiche, con improvvise escursioni dal pianissimo al fortissimo.

Carlo Cavalletti

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Nel campo della sonata per pianoforte la storia della musica assegna a Franz Joseph Haydn un ruolo più marginale di quello che gli attribuisce per le altre forme del Classicismo viennese, la sinfonia e il quartetto. Delle sue oltre cinquanta sonate è però importante comprendere la destinazione; Haydn non intraprende la carriera di virtuoso (come faranno Mozart e Beethoven), e le sue sonate per Klavier (clavicembalo, clavicordo, e poi fortepiano) sono destinate all'intrattenimento di corte, non all'esibizione di un virtuosismo spettacolare.

Gli ideali esecutori sono dilettanti, amanti della musica che la praticano per diletto, a casa, strumentisti capaci di intrattenere il ricco e colto uditorio di un salotto bene piuttosto che ammaliare il pubblico di un teatro. Cosi la musica si avvicina più al galante dialogo che all'oratoria del professionista, e rispecchia lo spirito di un ambiente nobile che ama ascoltare. Le possibilità di oggi di un ascolto domestico ci permettono nuovamente di scoprire questa musica straordinaria.

La Fantasia in Do maggiore, scritta nel 1789, subito dopo che Haydn ha acquistato il suo primo fortepiano, è una godibilissima serie di invenzioni sullo schietto tema iniziale. Mentre l'ascoltatore insegue quel motivo un po' impertinente e leggero, suonato anche in canone ravvicinato, compare all'acuto un malizioso inciso ritmico, seguito da rapidi arpeggi di bravura che sembrano atteggiarsi più seriosamente per esplorare nuove armonie. Il tema si ripresenta sempre con qualche variante, ora annunciato da una lunga ascesa cromatica, ora con piccole variazioni armoniche e ritmiche come raffinate pennellate musicali, ora alternato tra grave e acuto o in una diversa veste armonica e accompagnato dal malizioso inciso ritmico all'acuto. Un'amabile humor musicale caratterizza le insistite note ribattute nella ripresa, prima di una sosta che introduce il tema e un episodio di espressivi arpeggi. Viene infine riproposto in canone prima della brillante coda.

Emiliano Buggio


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 27 marzo 2009
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 383 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 25 luglio 2023