Quartetto per archi n. 32 in do maggiore, op. 20 n. 2, Hob:III:32

"Sonnenquartette (Quartetto del sole) n. 2"

Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Moderato (do maggiore)
  2. Capriccio. Adagio (do minore). Cantabile (mi bemolle maggiore)
  3. Menuet. Allegretto (do maggiore) e Trio (do minore)
  4. Fuga a quattro soggetti. Allegro (do maggiore)
Organico: 2 violini, viola, violoncello
Composizione: 1772
Edizione: La Chevardière, Parigi, 1774
Guida all'ascolto (nota 1)

Haydn fu certamente uno dei promotori principali del quartetto classico di forma moderna, in cui si fonde lo stile omofonico con il polifonico sulla base della elaborazione tematica che costituisce l'ossatura e la struttura tecnica di questo tipo di composizione. Ma al quartetto, così come poi verrà concepito e sviluppato da Mozart e da Beethoven, il maestro austriaco arrivò per gradi, dopo che ne aveva scritti, prima del 1771, ben trentadue (ne compose in tutto 83) di stampo e di gusto rococò, sostanzialmente non diversi da quelle forme musicali che andavano sotto il nome di divertimenti, cassazioni e serenate. Di questi trentadue quartetti dell'età giovanile, diciotto facevano parte di un primo gruppo costituito dalle op. 1, 2 e 3, uscite tra il 1755 e il 1764-'65 e caratterizzate da un gioco strumentale elaborato e vivace dialetticamente.

In fondo, anche il secondo gruppo delle op. 9 e 17, comprese tra il 1769 e il 1771, non si differenzia molto stilisticamente dal primo, se non per una maggiore padronanza della tecnica strumentale. Bisogna arrivare all'op. 20 e ai sei cosiddetti "Quartetti del sole" per avvertire una concezione più libera e autonoma sotto il profilo tematico, con l'inserimento e l'applicazione più articolata e approfondita del contrappunto e della fuga. Una volta scritte le fughe dei "Quartetti del sole" il maestro di Rohrau cercò di studiare meglio il discorso strumentale a quattro, finché intorno al 1781 compose i sei "Quartetti russi" e li dedicò al granduca Pavel Petrowitsch con queste significative parole: «... essi sono di forma interamente nuova, come mi è riuscito di fare dopo non averne più scritti per dieci anni». E difatti il quartetto d'archi aveva acquistato con l'opera 33 la sua fisionomia di disinvolta modernità dialettica. Dopo i "Quartetti russi", che fra l'altro contengono lo scherzo al posto del minuetto, Haydn pubblicò nel 1787 i sei Quartetti op. 50, noti come Prussische-Quartette (Quartetti prussiani) perché dedicati a Federico Guglielmo II di Prussia e in essi l'autore tende ad avvicinarsi alla forma mozartiana. Compaiono quindi tra il 1788 e il 1790 le due serie dei sei Quartetti op. 54, op. 55 e op. 64, dedicati al commerciante e dilettante violinista viennese Tost, seguiti nel 1793 dai Quartetti op. 71 e op. 74 dedicati al conte Appony, nel 1799 dai sei Quartetti op. 76 dedicati al conte Erdödy (nel terzo Quartetto in do maggiore di questa raccolta si possono ascoltare le variazioni sull'inno nazionale austriaco composto da Haydn su parole del gesuita L. Leopold Haschka, adottato ufficialmente il 28 gennaio 1797) e dai due ultimi Quartetti op. 77 del 1799. Ad essi va aggiunto il Quartetto op. 103, incompiuto, che reca sotto il Molto Adagio le significative parole scritte dallo stesso Haydn: «Hin ist alle meine Kraft, alt und schwach bin ich» (Mi mancano le forze, sono vecchio e debole).

Se si tiene presente che il quartetto d'archi ha una funzione essenziale nello svolgimento delle parti in orchestra sotto il profilo espressivo e non soltanto di pura tecnica contrappuntistica, si può capire quale importanza abbia avuto Haydn con i suoi quartetti strumentali, dove ad esempio la viola viene trasformata nel suo ruolo e trasferita dalla posizione di raddoppio a quella autonoma, di stile discorsivo e cantabile. Del resto la sinfonia classica è costruita sul quartetto d'archi e quanto più è polifonica la struttura di quest'ultimo, tanto più si rivela ricco e vario il linguaggio sinfonico.

Il Quartetto op. 20 n. 2 si apre con una frase dolce e affettuosa che si snoda con morbidezza di accenti tra i quattro archi. L'Adagio ha un andamento pensoso e bene articolato nelle armonie dai toni sfumati. Divertente e scorrevole il Menuetto, momento di riposo prima dell'Allegro su una fuga a quattro soggetti, in cui Haydn mostra tutta la sua abilità di contrappuntista strumentale.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 27 novembre 1987


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Ultimo aggiornamento 9 settembre 2012