Quartetto per archi n. 35 in fa minore, op. 20 n. 5, Hob:III:35

"Sonnenquartette (Quartetto del sole) n. 5"

Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Moderato (fa minore)
  2. Menuet (fa minore) e Trio (fa maggiore)
  3. Adagio (fa maggiore)
  4. Finale. Fuga a due soggetti (fa minore)
Organico: 2 violini, viola, violoncello
Composizione: 1 Dicembre 1767
Edizione: La Chevardière, Parigi, 1774
Guida all'ascolto (nota 1)

I Quartetti per archi op. 20 di Franz Joseph Haydn costituiscono senza dubbio una pietra miliare nella storia dell'evoluzione del genere quartettistico. All'epoca della loro composizione, nel 1771-72, Haydn era già un affermato compositore quarantenne, al servizio ormai da dieci anni come Kapellmeister della famiglia Eszterhàzy, una delle più ricche e nobili dell'impero austro-ungarico. Per la vivacissima vita musicale di quella corte Haydn componeva Opere, Oratori, lavori sinfonici e musica da camera in grande quantità, compresi pezzi per baryton, il raro strumento ad arco suonato dal principe Eszterhàzy.

Nonostante gli obblighi che la sua funzione di compositore di corte e direttore musicale gli imponevano, è proprio nell'isolamento di Eszterhàza che Haydn elabora un proprio stile espressivo personale, come egli stesso osservava: «II mio principe era soddisfatto di tutti i miei lavori... Avendo a disposizione un'orchestra, potevo sperimentare nuove cose, osservare ciò che creava un buon effetto e ciò che lo indeboliva e quindi revisionare, fare aggiunte o tagli, correre dei rischi. Ero tagliato fuori dal mondo, nessuno nelle mie vicinanze poteva minare la fiducia in me stesso o importunarmi, per cui non mi restava altra scelta che l'originalità».

Haydn si dedicò alla scrittura quartettistica per archi solo alla fine della prima decade di servizio: del resto a Corte non vi erano esecuzioni di Quartetti e probabilmente fu la possibilità di venderli a qualche altro mecenate o editore che lo spinse a dedicarsi intensamente alla composizione di tre serie di Sei Quartetti, catalogati poi come op. 9, op. 17 e op. 20.

Se nell'op. 9 e nell'op. 17 vi sono ancora degli aspetti del "divertimento" in stile galante, per ragioni ancora oggetto di indagine a partire dall'op. 20 Haydn decise di imprimere una svolta al proprio modus espressivo. Da quel momento, infatti, alla scrittura quartettistica viene conferita una nuova profondità, anche estetica, diventando fucina di esperimenti di riferimento, sia per la stessa futura produzione haydniana (si pensi all'op. 33) sia per quella successiva di Mozart, Beethoven e Schubert.

Le innovazioni introdotte da Haydn fondano di fatto la scrittura canonica per Quartetto, basata d'ora in poi innanzitutto sull'equilibrio tra le voci, non più dominate solo dai due violini, ma con la partecipazione a pieno titolo anche dei timbri più gravi, affrancati dai compiti di mero accompagnamento. Importanti mutamenti vengono introdotti poi sia a livello strutturale, affinando la forma-sonata, sia a livello espressivo, con un'inedita varietà nelle indicazioni agogiche e dinamiche e con un impiego audace di frasi asimmetriche e sincopate, specialmente nei cosiddetti "Minuetti", che nulla più hanno della danza di corte. Infine vi è il netto recupero di tecniche compositive considerate obsolete nello stile galante settecentesco, quali la fuga e il contrappunto, impiegate da Haydn nei movimenti finali di tre dei Sei Quartetti dell'op. 20 con una nuova intenzionalità tesa ad esaltare un carattere drammatico ormai già Sturm und Drang.

Nel Quartetto n. 5 dell'op. 20, il più emotivamente coinvolgente della serie, tutte queste caratteristiche si manifestano in maniera esemplare, a partire dall'impianto tonale in fa minore, che percorre tre dei quattro movimenti. Le potenzialità espressive della tonalità minore vengono messe subito alla prova nella frase di apertura del primo movimento, Moderato. La melodia viene introdotta dal primo violino che ne accentua il ductus lamentoso, reso più "angoloso" dagli intervalli cromatici e dall'accompagnamento nervoso di un motivo di quattro note costantemente reiterate dagli archi bassi. Da questo tema iniziale si sviluppa senza soluzione di continuità una serie di nuove configurazioni melodiche, in cui a maniere "antiche", iri stile di "sonata a tre", si alternano procedimenti decisamente innovativi, con la voce del violoncello in evidenza insieme con due violini, mentre la viola tiene un pedale interno. Particolarmente originale a livello formale risulta poi la coda del movimento, in cui vengono esplorate inusuali regioni armoniche (dal re bemolle maggiore al sol bemolle minore), prima di riaffermare la tonalità di impianto, il fa minore.

Nel secondo movimento, un Minuetto dalla struttura metrica irregolare e quindi molto lontana dal carattere originario di danza, viene mantenuto il carattere melanconico conferito dalla tonalità di fa minore, con un breve respiro contrastante nel Trio. Qui per la prima volta nel Quartetto compare il modo maggiore, senza tuttavia riuscire a forzare il generale tono sottomesso, che riemerge nella conclusione in minore del Minuetto.

Il movimento successivo, un Adagio in ritmo di Siciliana, è l'unico in fa maggiore e presenta un tema di lineare semplicità, il cui ritmo viene costantemente sostenuto dal secondo violino, dalla viola e dal violoncello, mentre il primo violino ricama un discanto concertante ricco di elaborate figurazioni in contrasto con l'impulso ritmico di base, particolarmente lento.

Infine il quarto movimento rappresenta la degna conclusione di questa composizione così innovativa. Infatti al posto di un più tradizionale "Presto", il Finale è costituito da una Fuga a due soggetti, che riporta l'armonia alla tonalità minore. Il soggetto principale è un tipico motivo di fuga barocca, ed in generale i procedimenti contrappuntistici dello stile osservato sono seguiti con rigore, culminando in un canone tra violoncello e primo violino. Tuttavia non si tratta di un puro esercizio di stile, sia pure in voluto contrasto con la moda galante dell'epoca, ma della vera e propria acme espressiva e formale dell'intero Quartetto.

L'angolosità del tema principale del primo movimento sembra trovare infatti un pendant proprio nel primo soggetto della fuga, mentre il controsoggetto richiama il ritmo insistente di quattro note dell'accompagnamento iniziale del Moderato di apertura.

Dietro la perfezione dello stile osservato vi è quindi l'inquietudine di una nuova, intensa struttura drammatica, in cui nell'andamento dinamico prevalentemente "sotto voce" emerge improvvisamente il forte del primo violino, per poi tornare al piano, mantenendo sempre alta la tensione espressiva, fino al già citato canone in fortissimo di violino e violoncello che conduce poi al concitato finale.

Anna Ficarella


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 23 gennaio 2009


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Ultimo aggiornamento 6 luglio 2011