Sinfonia n. 1 in re maggiore, Hob:I:1


Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Presto (re maggiore)
  2. Andante (sol maggiore)
  3. Finale: Presto (re maggiore)
Organico: 2 oboi, fagotto, 2 corni, clavicembalo, archi
Composizione: Lukaveč, prima del 25 Novembre 1759
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1907-1933 in Mandyczewski: J. Haydn Werke
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Si è creduto per molto tempo che questa breve Sinfonia fosse la prima scritta dal 'padre della Sinfonia'. L'aveva detto Haydn stesso a G. A. Griesinger, che poi, nel 1810 (l'anno dopo che Haydn era morto), scrisse una biografia del compositore: perciò questa Sinfonia ha il numero 1 nel catalogo steso da E. Mandyczewsky un secolo fa (nella complicata questione cronologica alcune Sinfonie continuano a cambiare di posto, anche se è impossibile modificare la numerazione di Mandyczewsky per non accrescere la confusione). Quello riportato da Griesinger doveva essere un ricordo confuso perché è probabile che almeno le Sinfonie n. 37 e n. 107 siano antecedenti di circa un anno (tuttavia l'autorevole H. C. Robbins Landon nell'enorme biografia in cinque volumi ha restituito alla Sinfonia in re maggiore l'onore dell'inizio). Per concludere: quale che sia la sua posizione cronologica, questa Sinfonia non potrebbe mai essere la prima Sinfonia in assoluto perché Haydn non ha creato il genere dal nulla. Infatti quando egli a ventisei anni cominciò a scrivere le sue Sinfonie, nel 1758, questo genere di musica strumentale aveva una storia. Anzi l'anno prima, nel 1757, era morto Johann Stamitz, musicista a quei tempi molto noto, che era stato un protagonista della scuola sinfonica di Mannheim. Qui, già dal 1740 circa, Stamitz alla guida di un'orchestra eccellente aveva creato una numerosissima serie di Suites sinfoniche in tre tempi (Allegro-Lento-Allegro), sull'esempio della Sinfonia operistica italiana, e anche in quattro tempi (Allegro-Lento-Minuetto-Allegro) e aveva aggiunto al gruppo degli archi, in azione da soli nelle prime Sinfonie, due flauti e due oboi (o due clarinetti nelle ultime Sinfonie). Non solo; i musicisti di Mannheim avevano aumentato le capacità espressive del linguaggio strumentale con un uso accentuato dei coloriti (i 'sospiri' di Mannheim, invisi ai musicisti conservatori come Leopold Mozart) e soprattutto con il crescendo orchestrale.

Non è questo il luogo per riflettere quanto dello stile di Mannheim sia arrivato al giovane Haydn direttamente o per il tramite della scuola sinfonica di Vienna oppure per l'influenza delle Sinfonie berlinesi, in stile sentimentale, di Cari Philipp Emanuel Bach per il quale Haydn aveva grande ammirazione (la questione è molto incerta). Diciamo che Haydn, dopo il periodo della sua produzione detta 'italiana' (1757-60 circa), parca nell'invenzione tematica e semplice e agile nell'architettura sinfonica (quasi sempre in tre movimenti), portò il genere della Sinfonia a una piena maturità di stile e di mezzi, una maturità fino ad allora sconosciuta. E fondò così il classicismo sinfonico viennese, l'ideale formale concettuale senza cui la storia della Sinfonia fino a Mozart e a Beethoven non sarebbe stata la stessa.

Ma nel 1758 Haydn era ancora un giovane sinfonista conservatore, legato perfino a certi elementi del vecchio stile barocco, almeno a giudicare da qualcuna delle sue prove di esordio, per esempio la Sinfonia n. 1, la nostra del concerto di oggi, e le coeve Sinfonie n. 2, n. 4, n. 11 ecc. (ma già la Sinfonia n. 3 contiene novità).

La Sinfonia n. 1 in re maggiore è brevissima e dura poco più di un'Ouverture operistica italiana. È strumentata per un piccolo gruppo di archi (con contrabbasso raddoppiato dal fagotto) con due oboi e due corni (questi ultimi in funzione di riempitivo armonico, senza responsabilità tematiche o coloristiche). Sobria, quasi disadorna, come è la forma esteriore, è l'invenzione dei motivi. Nel primo tempo, subito all'inizio, compare un vigoroso esempio del crescendo di Mannheim, nell'eloquente esposizione del primo tema. Ma di una vera dialettica tematica non si può ancora parlare. Ascoltiamo, infatti, una contrapposizione di segmenti motivici (circa cinque, nessuno veramente espressivo, né capace di espandersi in uno sviluppo) e di disegni ritmici e frequenti contrasti di intensità sonora (piano e forte rapidamente alternati, altro segno dell'influenza dello stile di Mannheim). Il secondo movimento in sol maggiore, un Andante nello stile elegantemente antiquato di Gavotta, suonato solo dagli archi, ha una sua molle grazia ma eccede nella ripetizione del tema di ballo. Il terzo tempo ha il carattere impetuoso di un autentico Finale, con due brevi disegni tematici, incalzato il primo dallo slancio verso l'alto e agitato il secondo da una secca articolazione ritmica.

Franco Serpa

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La Sinfonia n. 1 (Hob.I:1), composta forse nel 1757 (certo non oltre il 1759), riflette - nel formato, nell'organico e nella scrittura - le coordinate del genere intorno al 1760 così come poteva essere trattato da un compositore all'inizio della sua esperienza creativa (tra l'altro vi si nota l'importanza, più che della struttura tematica e dell'elaborazione, dei princìpi del contrasto e dell'arte combinatoria). La forma di sonata del Presto appare ben delineata nelle sue componenti, benché su piccola scala: dopo il crescendo iniziale, un omaggio alla cultura sinfonica di Mannheim, il primo nucleo tematico presenta una ricca successione di frasi e motivi che conduce quindi al secondo, giocato sull'accostamento di minore e maggiore. Ancora lontana dall'elaborazione di un vero e proprio "sviluppo", la parte centrale del movimento si qualifica piuttosto come sezione digressiva: contrapposizioni di dinamiche, salti nella melodia, cromatismi, sincopi drammatizzano la condotta compositiva sino all'attacco della ripresa in cui ricompaiono entrambi i nuclei tematici dell'esposizione.

Anche nell'Andante, per i soli archi, la forma può essere letta in riferimento a uno schema di sonata: tanto nei motivi principali quanto in quelli secondari s'impongono figure in ritmo di terzina, mentre il decorso della musica è segnato da contrasti di dinamiche. Poiché la sezione centrale, che apre la seconda parte del movimento, si basa sul ritorno e sulla parafrasi dei motivi principali, trattati verso la fine con delicate inflessioni minori, la ripresa ricapitola soltanto i motivi secondari. Il tocco leggero del Finale. Presto corrisponde alla concisione della forma (a quest'altezza cronologica il movimento conclusivo di una sinfonia non ha ancora il peso e il rilievo dei tempi che lo precedono). Dopo i motivi principali quelli secondar sono ridotti di fatto alla funzione di chiusa della prima parte; la breve sezione centrale serve da connessione con la ripresa dei motivi principali e secondari.

Cesare Fertonani

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Il corpus sinfonico di Franz Joseph Haydn, che annovera centosette composizioni, è il più fedele testimone dell'evoluzione dello stile del maestro, partito da posizioni ancora legate alle esperienze barocche e approdato ai risultati di mirabile equilibrio formale delle Sinfonie "Londinesi". Haydn, tuttavia, non fu precocissimo come autore di Sinfonie, essendosi applicato alle prime prove in questo genere non prima dei venticinque anni. Pur avendo ricevuto, dall'età di sei anni, una regolare educazione musicale, egli era quello che si suole definire un fanciullo "di umili origini", e il primo problema che gli si pose dagli anni adolescenziali (vale a dire da quando, per la muta della voce, fu costretto a lasciare il coro infantile della cappella di Santo Stefano a Vienna) era quello della sussistenza, affrontato principalmente nel ruolo di esecutore ed insegnante, o di autore di facili brani "alla moda". Solo dopo essere entrato al servizio di Nicolò Porpora, musicista di scuola napoletana, il giovane maestro potè dedicarsi effettivamente all'arte del comporre. Le prime sinfonie furono scritte poi al servizio del conte Morzin, presso il quale Haydn fu direttore e maestro di cappella fra il 1759 e il 1761, prima di passare definitivamente alle dipendenze degli Esterhazy.

Fu lo stesso compositore ad indicare all'amico e futuro biografo Griesinger la Sinfonia in re maggiore come la sua prima prova in questo genere; ma, in mancanza di una datazione assolutamente precisa (quella presunta è del 1759-60), non tutti gli studiosi sono assolutamente concordi su questo punto, e alcuni sono inclini a pensare che in realtà la "prima" fosse preceduta da un altro paio di partiture. Ad ogni modo la Sinfonia in re maggiore ci mostra un autore alle prime armi, ancora lontano dallo sforzo di conciliare e perfezionare le diverse e distanti scuole compositive del suo tempo (in questo consiste la mirabile esperienza del sinfonismo haydniano), e impegnato piuttosto nel tentativo di confezionare semplicemente un prodotto pulito e rifinito nello stile italiano. Destinata indifferentemente alla funzione di ouverture operistica o di brano sinfonico, la sinfonia italiana era articolata in soli tre movimenti (secondo lo schema Veloce-Lento-Veloce), priva di complessi sviluppi tematici ed improntata ad una estrema cordialità di contenuti. A questo modello si attiene sostanzialmente la partitura haydniana, non mancando peraltro di mostrare, nell'uso di un "crescendo" alla maniera di Mannheim, una certa autonomia nell'applicazione del modello. Affidata a due oboi, due corni, un fagotto e archi, la Sinfonia vede un iniziale Presto animato da una giovanile, pletorica esuberanza di idee, un centrale Andante con un insistente accompagnamento di terzine e un rapido e chiassoso Finale, in forma sonata.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 18 marzo 2006
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 241 della rivista Amadeus
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 13 ottobre 1988


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Ultimo aggiornamento 27 dicembre 2013