Sinfonia n. 22 in mi bemolle maggiore "Der Philosoph" (Il filosofo), Hob:I:39


Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Adagio (mi bemolle maggiore)
  2. Presto (mi bemolle maggiore)
  3. Minuetto (mi bemolle maggiore) e Trio
  4. Finale: Presto (mi bemolle maggiore)
Organico: 2 corni inglesi, fagotto, 2 corni, clavicembalo, archi
Composizione: Eisenstadt, 1764
Edizione: Borelly, Bruxelles, 1770
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

La Sinfonia n. 22 detta "II filosofo", risalente al 1764, appartiene al nucleo fertilissimo delle composizioni scritte da Haydn nei primi anni della sua permanenza ad Eisenstadt, la splendida residenza a sud-est di Vienna dei principi Esterhàzy. Alle dipendenze di questi nobili ungheresi amanti delle arti, il compositore doveva rimanere strettamente legato per quasi un trentennio, dal 1761 fino alla morte del principe Nikolaus Esterhàzy nel 1790, e poi ancora, secondo una modalità più libera, per il resto della sua vita. In effetti, nonostante la clausola del contratto che, almeno fino al 1779, impediva a Haydn di accettare commissioni da altri soggetti, le opportunità che l'impiego presso gli Esterhàzy offriva al giovane e ambizioso compositore trovavano pochissimi confronti nel mecenatismo dell'epoca, pur così diffuso. Il principe Paul Anton, e, dopo la scomparsa di questi nel 1762, il principe Nikolaus, mantenevano un'orchestra di corte composta da preziosi solisti, cui si aggiunsero in seguito una compagnia di attori e una troupe operistica. Nessuno sforzo era risparmiato per promuovere l'attività musicale, sia perché questa si inseriva in un complessivo programma di sfarzo mecenatesco, sia perché corrispondeva a una sincera passione dei principi. Date queste straordinarie condizioni di lavoro, Hadyn ebbe modo di applicare il proprio ingegno a tutti i principali campi compositivi, dal teatro d'opera, alla Sinfonia, alla musica da camera. D'altronde, i confini fra l'attività sinfonica e quella cameristica erano molto incerti, visto che l'orchestra degli Esterhàzy comprendeva, agli inizi, una quindicina di elementi, che poi sarebbero quasi raddoppiati.

In questa condizione di quasi isolamento viene dunque a maturarsi in gran parte la straordinaria esperienza di Haydn in campo sinfonico, che, partendo da posizioni ancora legate all'esperienza barocca, sarebbe infine giunta ai risultati di mirabile equilibrio formale delle Sinfonie "Londinesi". E non è errato considerare questa lunga evoluzione come il frutto di un atteggiamento sempre sperimentale, per cui le "regole" alla base della costruzione e della scrittura sinfonica non vengono mai date per scontate, ma sempre reinventate, alla luce di nuovi stimoli e di nuove acquisizioni.

Sinfonia per molti versi "sperimentale" è anche la n. 22. Nei primi anni del suo servizio presso gli Esterhàzy Haydn si era applicato al genere sinfonico trovando progressivamente la strada di quella forma in quattro movimenti che sarebbe poi divenuta il prototipo della Sinfonia tout court; non senza improvvisi ritorni allo schema della Sonata da chiesa e alla funzione concertante di uno o più strumenti, influenza ancora palese del gusto barocco. Ecco dunque che la Sinfonia n. 22 presenta insieme dei tratti passatisti e sperimentali, che coesistono senza contraddizioni. Singolare è, ad esempio, la scelta dell'organico strumentale, che, per l'unica volta in tutto il sinfonismo di Haydn, preferisce alla coppia dei flauti o degli oboi quella dei corni inglesi, che si sommano a fagotto, corni e archi. Al contrario, lo schema della Sinfonia guarda verso il passato, alla Sonata da chiesa, poiché i primi due movimenti si succedono secondo lo schema barocco Adagio-Allegro, e non secondo quello classico Allegro-Adagio.

D'altronde proprio il movimento iniziale è quello che riserva il maggior interesse e che ha guadagnato alla partitura il titolo de "II filosofo", che, come la quasi totalità dei titoli delle Sinfonie di Haydn, non è ascrivibile all'autore ma piuttosto a interventi degli editori, sempre inclini a distinguere e caratterizzare una nuova partitura con la trovata pubblicitaria di un nomignolo. E in effetti questo Adagio mostra grandi ambizioni concettuali, se non proprio filosofiche; tutto il movimento è innervato da un accompagnamento severo e scandito degli archi con sordina, sul quale si staglia, intonata dai comi e poi dai corni inglesi, una melodia religiosa per valori larghi, la cui origine non è mai stata identificata, anche se risiede probabilmente in qualche libro di Corali liturgici. La seconda idea, esposta dai violini, non contraddice questo assunto di base; sono sempre i violini che, all'inizio della seconda parte, si impegnano in un gioco di imitazioni che producono ripetute dissonanze. In definitiva sono proprio le peregrinazioni e le trasformazioni del tema religioso che attribuiscono al movimento la sua componente speculativa. Non altrettanto fascinosi, ma di confezione ineccepibile sono gli altri tre movimenti; il Presto è interamente innervato dalla propulsione ritmica del tema iniziale, di per sé non originalissimo. Il Minuetto ha un tema largo ed elegante, con l'alternanza di legati e staccati, e mette in rilievo, nel trio, corni inglesi e corni. Il Finale è un Presto chiassoso di stampo italiano, brillante ed efficace nel compito di offrire l'ultimo pannello della variegata partitura.

Arrigo Quattrocchi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Fra le sinfonie scritte a Eisenstadt per il principe Anton Esterhàzy ve ne sono tre, le nn. 18, 21 e 22, che presentano la sequenza di movimenti propria della sonata da chiesa tardobarocca: lento-mosso lento-mosso. La Sinfonia n. 22 fu composta nel 1764 e venne poi intitolata "Il filosofo", forse per il carattere austero del suo Adagio iniziale e per l'interiore risonanza del brunito colore orchestrale conferito dalla straordinaria presenza di due corni inglesi insieme ai due corni normali, soli strumenti a fiato nella compagine degli archi. Si aggiunga che nell'Adagio i violini sono muniti di sordina, e si capirà come il colore dell'insieme possa risultare un po' esoterico, tanto più in un movimento che procede maestoso con l'andamento di un barocco corale per organo. Il Presto seguente è però in forma-sonata, sia pure schematicamente configurata da un tema principale dominante e da uno secondario quasi irrilevante, come spesso avviene in Haydn. Al semplice Minuetto, ben spartito nelle sue frasi simmetriche, succede il Presto finale costruito su un popolare ritmo di giga e richiamante fanfare di corni di caccia. Esso comincia sommesso con un tema per terze affidate ai violini e poi cresce via via, sempre più esuberante, sino a sfociare alla fine in una esplosione di brio irrefrenabile. Benché non sia indicato in partitura, è forse corretto raddoppiare la parte del contrabbasso con un fagotto, secondo l'uso, per sostenere un complesso di fiati certamente eccentrico.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 24 Aprile 2004
(2) Testo tratto dal Repertorio di Musica Classica a cura di Pietro Santi, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 2001


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Ultimo aggiornamento 7 marzo 2013