Sinfonia n. 52 in do minore, Hob:I:52


Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Allegro assai (do minore)
  2. Andante (do maggiore)
  3. Minuetto (do minore) e Trio (do maggiore)
  4. Finale: Presto (do minore)
Organico: 2 oboi, fagotto, 2 corni, archi
Composizione: Eisenstadt, 1771 - 1773
Edizione: Sieber, Parigi, ca. 1782
Guida all'ascolto (nota 1)

La Sinfonia Hob. 1:52, che impiega nei movimenti estremi i corni naturali in do acuto (utilizzati per forare brillantemente l'ordito orchestrale, a mo' di trombe) e nell'Andante i loro fratelli maggiori in do basso, dalla sonorità più pastosa e legante, si inizia con un Allegro assai con brio concepito su scala assai più vasta dell'omologo, già menzionato Allegro assai della Sinfonia in sol minore. Dopo un primo tema, inevitabilmente scandito all'unisono, se ne dà pure un secondo (avvenimento abbastanza raro in questa fase compositiva del nostro musicista) introdotto, per giunta, due volte, mentre lo sviluppo è costruito in contrappunto doppio e la ripresa si affida all'eccitante sonorità dei corni cui si accennava poco prima. L'Andante, coi violini con sordina, fa da contrappeso, sussiegoso e compassato, alla violenza espressiva del movimento precedente, mentre il Menuetto, che suona a volte un pò arcaico col suo severo ordito a due parti, è caratterizzato da una ritmica ricca di "sforzandi", che lo accomuna al Trio, collocato peraltro nella tonica maggiore. Il Finale: Presto possiede una spinta propulsiva di rara intensità, un autentico tour-de-force basato, oltretutto, su una stupefacente economia di materiali, secondo un modello che, una trentina d'anni più tardi, darà vita a un movimento in do minore di certo più famoso ed acclamato, l'Allegro con brio iniziale della Quinta di Beethoven...

Certo, a queste pagine "tempestose" del Kapellmeister Eszterhàzy, manca ancora tutta una serie di elementi destinati a diventare, per così dire, il pane e il companatico dell'imminente stagione classica viennese: l'individuazione dei movimenti lenti come fulcro melodico dell'intera arcata sinfonica (un traguardo che sarà raggiunto dal nostro musicista quando la composizione del pubblico si evolverà nel senso di una maggiore rappresentanza borghese); l'aumentata caratterizzazione e la variegatezza delle forme che contribuiranno ad edificare Sinfonie, Quartetti e Sonate pienamente "classiche" come noi oggi le intendiamo (un ulteriore, fondamentale contributo haydniano); l'emancipazione completa dei fiati e il loro reingresso in orchestra dalla porta principale, tramite una scrittura che senza rinnegare il "sinfonismo" riuscirà, purtuttavia, ad esaltare le doti concertanti di questi strumenti (come si nota nelle composizioni mature di Mozart e nelle ultime venti Sinfonie dello stesso Haydn)... Ma l'impegno costruttivo e l'atteggiamento genuinamente sperimentale, con conseguente, indubbia rivalutazione della figura del musicista, sono già una conquista innegabile di questo periodo sturmisch, che abbiamo seppur sommariamente passato in rassegna. Un'anticamera del classicismo ovvero, come suol dirsi, un preclassicismo che anticipa l'imminente consolidamento di una tradizione tanto grande quanto determinante per il futuro sviluppo della musica europea.

Marco Ravasini


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della musica, 22 Marzo 2003


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Ultimo aggiornamento 11 maggio 2011