Sinfonia n. 60 in do maggiore "Il distratto", Hob:I:60


Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Adagio (do maggiore); Allegro di molto
  2. Adagio (sol maggiore)
  3. Minuetto (do maggiore) e Trio (do minore)
  4. Presto (do minore)
  5. Adagio (di Lamentatione) (fa maggiore)
  6. Finale: Prestissimo (do maggiore)
Organico: 2 oboi, fagotto, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi
Composizione: Eisenstadt, 1774
Edizione: Guéra, Lione, ca. 1783
Guida all'ascolto (nota 1)

La Sinfonia in do maggiore n. 60 «Il distratto» nasce nel 1774 come musica di scena per la commedia in cinque atti di Jean Francois Regnard, Le Distrait, costruita intorno al personaggio protagonista, il distratto e smemorato Léandre; la commedia fu messa in scena in tedesco a Esterháza nello stesso 1774 dalla compagnia di Carl Wahr. L'assoluta singolarità della sinfonia - che si distingue per i sei movimenti, la componente rappresentativa, lo stile eterogeneo, l'assimilazione di materiali musicali diversi e la varietà degli atteggiamenti espressivi - è dunque da ricondurre alla relazione con il contenuto drammatico della commedia. Diventata ben presto una delle sinfonie più celebri dì Haydn proprio in virtù dei suoi assunti rappresentativi, «Il distratto» è un capolavoro nel quale l'umorismo e l'arguzia del compositore trionfano con programmatica e quasi dimostrativa evidenza. In tarda età, come si legge in una lettera del 1803, Haydn parlerà della sinfonia con una certa insofferenza, definendola «la vecchia frittata», ma è indubbio che nel «Distratto» la musica si compenetra di vivida gestualità teatrale senza per nulla intaccare la pregnanza e l'autonomìa del linguaggio strumentale; tanto che dì recente studiosi quali Robert A. Green e Elaine R. Sisman hanno cercato di correlare in modo assai suggestivo la sinfonia con le situazioni e i personaggi della commedia. Nella funzione originaria della sinfonia come musica di scena, il movimento d'apertura serviva come ouverture, i movimenti dal secondo al quinto fungevano da intermezzi, il finale concludeva la rappresentazione a commedia finita.

La sinfonia si apre con un'introduzione in tempo Adagio (metro 2/4): al motto solenne segue un'espressiva melodia cantabile condotta dai violini; l'introduzione termina con una cadenza sospesa sull'accordo dì dominante. Nell'Esposizione dell'Allegro di molto, in metro ternario (3/4), il primo gruppo tematico in do maggiore, è leggero e brillante, Ma molto peculiare è il secondo gruppo tematico in sol maggiore. Dal punto di vista della struttura melodica, l'idea iniziale deriva dal primo gruppo tematico ma delinea ben presto uno svolgimento singolare. Il discorso musicale infatti sì incanta e perde per così dire la propria via, bloccandosi sulla ripetizione di una stessa nota, di uno stesso accordo e di una stessa figura ritmica con dinamiche che sono piano, perdendosi e pianissimo. Lo smarrirsi dei filo logico e discorsivo è evidentemente una prima allusione al contenuto e al protagonista della commedia che dà il titolo alla sinfonia. Dopo quest'effetto di dissolvenza, il secondo gruppo tematico termina con una baldanzosa sezione cadenzale in fortissimo; segue il ritornello dell'Esposizione. Lo Sviluppo trae avvio dal primo gruppo tematico, ma dopo poche battute irrompe un'autocìtazione dell'inizio della tumultuosa Sinfonia n. 45 «Degli addii»: sotto l'ironico ammiccamento sì potrebbe leggere lo scherzo del compositore che fìnge dì essersi a sua volta smarrito e di aver perso il filo della musica che sta scrivendo. Lo Sviluppo culmina nella ricomparsa, in la minore, del secondo gruppo tematico. La Ripresa ricalca l'Esposizione, con il primo e poi il secondo gruppo tematico entrambi in do maggiore; segue il ritornello di Sviluppo e Ripresa.

L'Andante è anch'esso nella forma di sonata. L'esposizione del tema principale, in sol maggiore, è connotata dal dialogo e dal contrasto tra le morbide frasi di proposta in piano degli archi (che rappresentano forse la giovane Isabelle) e quelle di risposta, a mo' di fanfara e in forte, di oboi e corni (immagine forse dello Chevalier). Il tema secondario, in re maggiore, affidato ai soli archi, verso la fine si vena di inflessioni minori e conduce alla sezione conclusiva (che evoca forse l'autoritario personaggio di M.me Grognac); segue il ritornello dell'Esposizione. Dopo l'avvio derivato dal tema principale, lo Sviluppo offre una musica dall'intento parodistico o comunque dalla forte allusività mimica e gestuale nella stilizzazione caricaturale di quella che pare un'aria alla francese e che nell'edizione Sieber della sinfonia è designata «Ancien chant françois». Come da regola la Ripresa riallinea il tema principale e quello secondario, in sol maggiore, quindi la sezione conclusiva; segue il ritornello di Sviluppo e Ripresa.

Nel Menuetto, dopo la prima parte, la seconda presenta una scrittura inizialmente contrappuntistica e imitativa, ma un'autentica sorpresa arriva con il Trio in minore. Qui la prima parte, aperta da archi e oboi all'unisono, è poi caratterizzata da un'armonizzazione per così dire esotica e d'ispirazione ungherese o balcanica (scala ascendente-discendente che dovrebbe presupporre un'armonìa di dominante e invece si dispiega al di sopra di un unico accordo di tonica). Seguono la seconda parte del Trio contenente una ripresa interna della prima, e la ricapitolazione del Menuetto.

La prima parte del successivo Presto, ripetuta per effetto di un ritornello, si articola in due periodi: il primo in do minore, è suonato dall'unisono orchestrale degli archi; al secondo periodo, che modula al tono relativo di mi bemolle maggiore, concorrono anche gli oboi. La seconda parte è suddivisa in due sezioni e sciorina una serie dì temi dì danza popolari o popolareggianti (forse illustrazione del tentativo dello Chevalier di ballare con M.me Grognac). Nella prima sezione compaiono un tema degli archi all'unisono e poi un tema su pedale anche con gli oboi, quindi una versione variata del secondo periodo della prima parte. La seconda sezione, in do maggiore, comporta un nuovo tema con l'entrata degli ottoni e dei timpani (il tema appare come una festosa variante in maggiore del periodo iniziale del movimento).

L'Adagio (di Lamentatione) è il movimento più eccentrico della sinfonia. Inizia con un tema cantabile degli archi, in fa maggiore, improntato a quella che sembra una melodia modale gregoriana. Il tema cantabile è inopinatamente interrotto da una veemente fanfara con fiati e timpani in massimo risalto, poi riprende il suo filo melodico sinché una sequenza di sestine staccate di archi e oboi lo interrompe nuovamente. Nella successiva prosecuzione del tema cantabile c'è modo per la ripresa del suo stesso incipit mentre l'epilogo consiste nella insistita ripetizione, otto volte e in progressiva accelerazione (Allegro) di uno stesso inciso, che lascia come sospesa per aria la conclusione. L'eccentricità formale del movimento, contraddistinto dalle ripetute cesure che segnano il decorso del tema cantabile, è certo in relazione con l'intreccio della commedia, ma non è facile precisarne i riferimenti drammatici (forse nel tema cantabile è raffigurato Léandre, il protagonista, che si strugge, mentre le interruzioni sono riconducibili al personaggio dello Chevalìer o all'arrivo del falso messaggero nell'ultimo atto).

Ancora trovate s'incontrano nel Finale. Prestissimo dove, ne! corso del gruppo tematico principale in do maggiore, dopo sedici scintillanti battute la musica ammutolisce improvvisamente: i violini devono fermarsi perché si ricordano, per così dire, di avere distrattamente lasciato la quarta corda sul fa anziché sul normale sol; riportano gli strumenti all'accordatura consueta alzando la corda più grave di un tono e la musica può riprendere la sua corsa. Anche in questo caso si tratta di un gustoso gesto umoristico che allude alla personalità del protagonista della commedia. Si ascolta quindi una melodia di orìgine balcanica nota come Der Nachtwächter (La guardia notturna) in do minore, suonata all'unisono dagli archi (un'allusione forse all'ora tarda cui si era giunti al termine delia commedia). Concludono il movimento la ripresa del gruppo tematico principale e una coda.

Giuseppe Fertonani

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La Sinfonia n. 60 deriva dalla musica di scena composta da Haydn nel 1774 per la commedia Der Zerstreute; libera traduzione e adattamento di Le distrait di François Regnard, rappresentata privatamente a Esterhàz da un gruppo di attori in visita. La musica vi ottenne un grande successo, e la Sinfonia risultante ebbe la sua prima esecuzione pubblica il giorno di S. Cecilia di quello stesso anno nel teatro della città di Bratislava (Presbiurgo).

La derivazione teatrale (da Il distratto, uppunto) implica probabilmente l'introduzione in orchestra del basso continuo clavicembalistico e spiega il titolo della Sinfonia, oltre che la sua costituzione, nientemeno, in sei tempi: il primo (Adagio, Presto) serviva da ouverture alla commedia, e gli altri da intermezzi. Dopo l'Adagio introduttivo, il Presto è costruito su un piccolo tema staccato e vivace esposto dai violini subito echeggiati dagli oboi. La ripresa avviene al termine di un episodio sospeso sopra un pedale di re che sì estingue (perdendosi) in pianissimo; lo stesso effetto si produce sopra pedali di do e di fa alla fine dell'esposizione e della riesposizione a ridosso di un fortissimo conclusivo. Per la prima volta nelle sinfonie di Haydn appaiono, nell'Andante, le viole divise, specie a sottolineare, con gli oboi e i corni, piccoli frammenti di fanfara che di tanto in tanto disturbano il quieto andamento del movimento, forse alludendo, originariamente, ai tratti di distrazione del personaggio della commedia. Il Trio (in do minore) del Minuetto (in do maggiore) presenta motivi popolari di esotica provenienza. Altri sono introdotti quasi alla rinfusa nel bel mezzo del vertiginoso Presto del quarto tempo, che nelle ultime 37 misure cambia improvvisamente tonalità (da do minore a do maggiore) e motivo.

La frammentarietà della musica di scena ricompare nell'Adagio, che comincia a svolgere una dolce melodia, intonata dai violini primi e accompagnata da un disegno arpeggiato dei secondi e dai pizzicati delle viole (divise) e dei bassi; poco dopo alla melodia sì aggiungono gli oboi, finché si sfocia in un andamento a fanfara che dura 9 battute; riprende variando la melodia ma per poco, che subito si intromette un rapido passaggio di terzine di tutti. Segue una nuova ripresa della melodia con quattro battute conclusive di terzine, immediatamente ripetute a mo' di suggello in tempo Allegro. Il Prestissimo finale comincia con grande slancio, ma subito è costretto a interrompersi, perché i violini hanno dimenticato, i distratti, di accordarsi, e dopo due misure di silenzio, provando le corde vuote per 11 battute, si accorgono che la quarta corda è scesa di un tono e la riportano alla sua intonazione (da fa a sol); altre due misure di pausa, poi il Finale riprende e volge a conclusione.

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

«Il Distratto» di Jean-Francois Regnard (poeta comico francese apprezzabile, secondo l'opinione di Rolland, per l'abilità a sceneggiare divertenti intrighi) fu rappresentato per la prima volta a Esterhaz nel 1775.

«Die Pressburger Zeitung» del 23 agosto 1775 riferiva che il lavoro teatrale era stato dato «mit der neuen Musik des Herrn Kapellmeister Hayden» («con la nuova musica del signor maestro di cappella Haydn»). Dopo di che, tuttavia, la commedia di Regnard e la musica di Haydn proseguirono la loro strada ciascuna per conto proprio. Infatti: già il 13 settembre del 1775 «Il Distratto» veniva ripreso a Esterhaz, secondo quanto riferiva la «Pressburger Zeitung», «über den Besuch des Erzherzogs Ferdinand von Osterreich und dessen Gemahlin, Beatrix von Este» («durante la visita dell'Arciduca Ferdinando d'Austria e della di lui consorte Beatrice d'Este»); e per l'occasione «Il Distratto», rappresentato senza musiche di Haydn, cambiò nazionalità, diventando «Der Zerstreute». Anche le musiche di iHaydn - e con molta maggior fortuna del testo teatrale - acquistarono la piena autonomia, assumendo ii titolo di «Sinfonia (Per la Commedia intitolata il Distratto)». Da qui l'inusitata strutturazione formale di questo componimento; strutturazione che prevede l'articolazione della «Sinfonia» attraverso ben sei distinte parti, tutte indipendenti e tutte idonee anche a far da corredo ad un testo teatrale. «Musica di scena», quindi; ma nonostante questo, musica tutt'altro che «didascalica», e perciò meritevole del titolo, non vincolato alla azione scenica, di «Sinfonia».

La prima parte dell'insolito lavoro musicale è costituita da un «Adagio» e da un «Allegro di molto». L'«Adagio» - di sole 24 battute - attacca con gesto robusto ed incisivo, sopra un concorde unisono della intera orchestra; addolcendosi, subito dopo, nella morbida cantabilità del tema esposto dai violini primi e nella pacata figurazione dell'accompagnamento affidato agli altri strumenti ad arco (cui si aggiunge, successivamente, una serie di bicordi sostenuti dai due oboe). L'«Allegro di molto» (ma secondo un manoscritto di Elssler - il copista di Haydn - si tratterebbe di un «Presto»), l'«Allegro di molto», dunque, è caratterizzato da un brillante inciso (ma non «brillante» al punto da tollerare il passo vertiginoso che la moderna misura metronomica assegna al «Presto»); l'inciso in questione costituisce l'elemento dominante, intorno al quale si avvicendano il primo episodio in do maggiore, il secondo episodio nella tonalità della dominante (sol maggiore), il terzo episodio, che ritorna al do maggiore iniziale.

Seconda parte: «Andante» («Adagio» secondo alcuni manoscritti settecenteschi). Il discorso musicale è aperto da un'ariosa proposta melodica («Ancien Chant francais», secondo una delle copie manoscritte dell'epoca) affidata ai violini e sobriamente contrappuntata dagli strumenti «gravi» (la partitura, infatti, non prevede perentorie distinzioni fra il violoncello, il fagotto e il contrabbasso).

Terza parte: «Menuetto. Trio. Menuetto da Capo» (A-B-A, con la più assoluta fedeltà alla tripartizione con ripresa immutata). Il «Menuetto» (il già citato Elssler lo chiama «Non troppo presto») è tutto giocato attraverso l'efficace contrapposizione fra il piglio vigoroso dell'esordio e l'aristocratica grazia segnata dal raffinato confronto contrappuntistico fra i primi e secondi violini. Il «Trio» è scritto, secondo l'uso, in tonalità «minore» (do minore contrapposto al do maggiore del «Menuetto»); anche qui il discorso è fondato sul contrasto fra proposizioni vigorose e improvvisi raddolcimenti della dimensione musicale.

Quarta parte: «Presto». Questa parte è costituita da due episodi: il primo, in do minore, è animato da un tema nervoso e scattante (solidamente affermato, fin dalle battute iniziali, dalla pronta riesposizione «in eco» che il compositore gli ha assicurato; il secondo episodio, in do maggiore, vanta una doppia qualificazione: una qualificazione strutturale (prodotta dalla insistente reiterazione del breve inciso tematico esposto dai violini e dalla successiva progressione a «terzine»); una qualificazione timbrica (prodotta dalla festosa pienezza sonora dell'associazione oboe-corni-trombe).

Quinta parte: «Adagio» («Adagio di Lamentatione» in un manoscritto dell'epoca). Anche questo tempo rivela uno svolgimento del tutto imprevedibile. Apre un episodio «cantabile» (una melodia «alla napoletana» - e cioè nello stile proprio ai melodrammisti della settecentesca scuola napoletana - accompagnata dai flessuosi arpeggi dei violini secondi e dai «pizzicati» dei violoncelli e dei contrabbassi); segue un brevissimo episodio «ritmico», dove l'intera orchestra, con robusta densità, scandisce ripetutamente un accordo di do maggiore; riprende l'episodio «cantabile», interrotto, a metà, da una diversione che impegna tutti gli strumenti in una progressione a ritmo univoco; conclude una breve «coda», caratterizzata da una successione di «terzine» e ripetuta, con rapido gesto, nella concisa animazione di un «Allegro» di sole quattro battute.

Sesta parte: «Finale (Prestissimo)». Qui la prospettiva si presenta del tutto unitaria; un discorso concitatissimo la cui andatura si interrompe in due sole occasioni: all'inizio, nei lunghi bicordi, sul suono pieno della corda vuota, dei violini (qui costretti a «scordare» la quarta corda per ottenere un «fa» che la normale accordatura del violino non consente), poco più avanti nell'improvvisa «entrata» di una proposizione fraseologicamente «squilibrata» che impone una modulazione armonica attraverso tre diverse tonalità (do maggiore - do minore - mi bemolle maggiore).

Giovanni Ugolini


(1) Testo tratto dal libretto del CD AM 141-2 allegato alla rivista Amadeus
(2) Testo tratto dal Repertorio di Musica Classica a cura di Pietro Santi, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 2001
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 20 novembre 1966


I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 17 febbraio 2012