Sinfonia n. 85 in si bemolle maggiore "La Reine", Hob:I:85

Sinfonia di Parigi n. 4

Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Adagio (si bemolle maggiore); Vivace
  2. Romanze: Allegretto (mi bemolle maggiore)
  3. Minuetto (si bemolle maggiore) e Trio
  4. Finale: Presto (si bemolle maggiore)
Organico: flauto, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, archi
Composizione: Eisenstadt, 1785 ?
Edizione: Artaria, Vienna, 1787
Guida all'ascolto (nota 1)

Il 1779 è l'anno che segna per Franz Joseph Haydn l'apertura verso l'Europa. Prima di questa data la produzione di Haydn era rivolta esclusivamente al suo datore di lavoro (il principe Esterhàzy), con proibizione di scrivere per altri e di vendere ad altri le composizioni. Il nuovo contratto firmato da Haydn nel 1779 pose fine a questo stato di cose, consentendo al compositore di stabilire relazioni con le più importanti case editrici e le più prestigiose istituzioni europee; a prescindere dai vantaggi economici, ne derivò per il compositore l'occasione di adeguare il suo stile ad altre realtà, e dunque di sperimentare una vasta serie di modelli compositivi a cui tutt'ora i posteri guardano con ammirazione non solo per la qualità musicale ma anche per la varietà delle soluzioni formali ed espressive.

In questo contesto si inserisce la commissione, nell'inverno 1784-85, di un gruppo di sei Sinfonie da parte di una delle più rinomate orchestre parigine, quella del Concert de la Loge Olympique. Nato nel seno di una loggia massonica, il Concert de la Loge Olympique era impegnato in una serratissima rivalità per la supremazia cittadina con un'altra prestigiosa orchestra, quella del Concert Spiritual; in questa lotta senza esclusione di colpi si rivelò decisivo il ricorso al più celebrato compositore europeo. Haydn scrisse così le sei Sinfonie "Parigine" (nn. 82-87) eseguite con enorme successo nel 1787. Gli anni seguenti, fra il 1787 e il 1789, videro nascere un'altra fioritura di cinque sinfonie in qualche modo legate alla Francia, e quindi considerate anch'esse "Parigine" - sia pure impropriamente. Le Sinfonie nn. 88 e 89 furono affidate da Haydn a Johann Tost, violinista attivo ad Esterhaza - la nuova, splendida residenza dei principi ungheresi - con l'incarico di venderle ad un editore francese; le Sinfonie nn. 90-92 invece furono destinate probabilmente di nuovo alla Loge Olympique, poiché le ultime due sono dedicate ad un illustre esponente della loggia, il conte d'Ogny.

Al di là dell'occasione specifica che le vide nascere, le "Parigine" - tanto le sei originarie quanto le successive - sono segnate dalla loro destinazione per quanto riguarda il contenuto musicale, pensato su misura per le necessità della committenza, o indirettamente ispirato a quelle necessità. Non esistono in realtà tracce degli accordi intercorsi fra il compositore e la loggia parigina, ma è difficile non mettere in relazione i nuovi orientamenti del sinfonismo haydniano con le condizioni della prassi musicale francese, così diverse da quelle di Esterhàza. Presso Esterhàza l'orchestra di corte non raggiungeva la trentina di elementi; non si conosce con esattezza l'organico del Con-cert de la Loge Olimpyque, ma è probabile che questo non fosse inferiore ai 57 strumentisti del Concert Spirituel. Haydn dunque adeguò lo stile elegante e cameristico delle sue opere ungheresi allo stile orchestrale parigino, basato su un suono possente, su forti contrasti, sul virtuosismo degli esecutori.

A tali caratteristiche risponde anche la Sinfonia n. 85, che appartiene al gruppo originario delle "Parigine", ed è anzi, per l'adozione di stilemi e melodie "francesi" di cui si dirà, una delle più legate alla committenza; sembra che il nomignolo "La Reine" sia dovuto alla predilezione mostrata verso questa partitura dalla regina Maria Antonietta. La strumentazione è piuttosto sobria, comprendendo flauto, coppie di oboi, fagotti, corni, ed archi, escludendo trombe e timpani; quattro sono i movimenti, un Vivace in forma sonata preceduto da una introduzione lenta, un tema con variazioni, un Minuetto e un Finale in forma di rondò. Colpisce nella partitura soprattutto la coerenza del contenuto, basata sulla raffinatezza del materiale e sulla capacità di sfruttare al massimo un assunto di base piuttosto sobrio.

Il tempo iniziale si apre con una introduzione lenta, un Adagio che& presenta subito un tema ascendente all'unisono in ritmo puntato, il cosiddetto ritmo "alla francese" tipico dell'ouverture di Lully; e non a caso questa breve introduzione mantiene sempre una intonazione solenne e aulica. Succede ben presto il seguente Vivace che costituisce l'ossatura del primo tempo; il tema principale, sussurrato ed elegante, forma un netto contrasto con quanto precede, ma la scala ascendente in "forte" che segue costituisce una trasformazione di quella dell'introduzione, e salda dunque in un tutto unico il movimento; significativo è poi il fatto che al posto del secondo tema Haydn preferisca riproporre il primo, sotto una nuova luce, esposto dall'oboe e accompagnato dagli archi (ci troviamo dunque di fronte a un esempio di forma sonata monotematica, modello piuttosto caro a Haydn). In sostanza il primo movimento non si basa sul contrasto tematico ma anzi sulle variazioni coloristiche e strumentali di poche idee; ritroviamo, nelle ombreggiature in minore di alcuni spunti e in tutte le peregrinazioni della sezione dello sviluppo, l'impronta del periodo Sturm und Drang attraversato da Haydn all'inizio degli anni Settanta.

Simile la logica che presiede ai tempi seguenti. In seconda posizione troviamo una Romance in Allegretto che è in realtà un tema con variazioni, basate sul motivo di una canzone popolare francese, "La gentile et jeune Lisette"; e anche qui rimane il principio del gusto coloristico. Infatti le cinque variazioni non si snodano secondo un principio di accrescimento ritmico, ma lasciano sempre ben riconoscibile il tema, e lo attorniano di altre idee o lo impreziosiscono con nuove vesti strumentali e (nella quarta variazione) con la suggestione del modo minore. Il Minuetto, cerimonioso e solenne, trova i suoi momenti più efficaci nella sezione del Trio, per la melodia accompagnata in pizzicato come il fatto di non avere una conclusione netta, ma "aperta" alla riesposizione del Minuetto. Il finale è l'unico vero e proprio Rondò del gruppo delle sei "Parigine"; il refrain, estremamente vivace e scattante, viene contrapposto a idee differenti in rapida successione, con un gusto del contrasto, del gioco strumentale e della dialettica - come la "sospensione" del discorso prima dell'ultima ripresa - che mostrano la maestria raggiunta da Haydn nell'elaborare in modo complesso e calibratissimo i temi più semplici.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 29 Novembre 1998


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Ultimo aggiornamento 10 luglio 2012