Sinfonia n. 86 in re maggiore, Hob:I:86

Sinfonia di Parigi n. 5

Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Adagio (re maggiore). Allegro
  2. Capriccio. Largo (sol maggiore)
  3. Minuetto (re maggiore) e Trio
  4. Finale: Allegro con spirito (re maggiore)
Organico: flauto, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi
Composizione: Eisenstadt, 1786
Edizione: Artaria, Vienna, 1787
Guida all'ascolto (nota 1)

L'apporto di Haydn alla storia della Sinfonia è sempre stato fuori discussione, ma a lungo lo si è travisato, riducendolo a un arido modello di perfezione e d'equilibrio, quasi che le sue Sinfonie ripetessero meccanicamente uno schema cristallizzato e immodificabile. Solo una conoscenza meno superficiale della sua vastissima produzione ha evidenziato che il classicismo haydniano non è affatto una norma rigida e ripetitiva ma uno stile che si attua in modo sempre diverso.

Poco dopo la metà del diciottesimo secolo, la Sinfonia era ancora incerta nella forma, gracile nelle dimensioni, limitata nelle ambizioni: infatti il numero, il tipo e l'ordine dei movimenti erano variabili, l'orchestra era esigua e anche la funzione era piuttosto modesta, paragonabile a quella d'un antipasto in un banchetto musicale il cui piatto forte sarebbe stato gustato solo nel proseguimento della serata (non era dunque molto diversa dalla "sinfonia avanti l'opera", da cui aveva avuto origine). Alla fine del secolo la Sinfonia era invece concordemente considerata la più importante delle forme di musica strumentale: l'artefice di questa trasformazione era stato proprio Haydn, che in quasi quarant'anni d'incessante lavoro e di sperimentazioni anche audaci aveva sviluppato enormemente le possibilità di questa forma musicale, dandole un'organizzazione solida ed equilibrata e allo stesso tempo tanto duttile da potersi piegare alle esigenze dei più diversi compositori nel corso di quasi due secoli, passando attraverso molte trasformazioni ma non ripudiando mai completamente i fondamenti haydniani.

Per alcuni anni, a partire dal 1781, Haydn aveva avuto scarse occasioni di comporre Sinfonie, perché il principe Esterhàzy, dopo aver fatto costruire un nuovo teatro nel suo palazzo, rivolgeva il suo interesse principalmente all'opera e non chiedeva più Sinfonie al suo maestro di cappella. Giunse dunque al momento opportuno la commissione di sei nuove Sinfonie da parte di Claude-Francois-Marie Rigoley, conte d'Ogny, uno dei promotori dei concerti della Loge Olympique a Parigi: Haydn vi lavorò nel 1785 e nel 1786 e l'esecuzione avvenne nel corso della stagione del 1787. Con le sei Sinfonie "parigine" (dalla n. 82 alla n. 86) iniziò il periodo culminante della produzione sinfonica di Haydn, che si concluse nel 1795 con l'ultima delle "londinesi" (la n. 104): si tratta di ventitre capolavori, che, pur nella loro varietà, formano un insieme organico e rappresentano un vertice assoluto nella storia della Sinfonia.

La Sinfonia n. 86 in re maggiore, composta nel 1786, è non solo la più ampia delle "parigine" ma anche quella più ricca di soluzioni originali, che rivelano come Haydn si muovesse ormai nella forma sinfonica con una padronanza e con una libertà fino ad allora mai raggiunte da nessuno. L'Adagio introduttivo, complesso e solenne pur nella sua brevità, inizia nel registro acuto degli strumenti ad arco, ma presto diventa più corrusco, per rasserenarsi proprio all'ultima battuta, su cui s'innesta il garrulo primo tema dell'Allegro, che dapprima non dimostra una personalità molto rilevante, ma che, smembrato nei suoi elementi costitutivi fino a divenire irriconoscibile, si carica progressivamente di una forza irrefrenabile, culminante in un furioso passaggio fitto di note ribattute sottolineate dai timpani. In questa atmosfera battagliera, il secondo tema appare inizialmente un po' spaurito e resta in secondo piano. Da questi due temi, piuttosto elementari ed anonimi, Haydn sa trarre uno sviluppo ampio e ricco, al cui termine un crescendo conduce alla ripresa della parte iniziale, resa più interessante da una serie di sottili variazioni.

Il secondo movimento, Largo, è definito Capriccio per indicare una forma libera e inusitata, vicina all'improvvisazione: si tratta di un'ampia pagina contemplativa ed estatica, quasi fiabesca, attraversata però da leggere ombre. L'elemento da cui si sviluppa questo movimento, uno dei più originali e profondi tra quelli in tempo lento di tutta la produzione di Haydn, è un ampio arpeggio ascendente, che si ascolta nella prima battuta e ritorna altre tre volte nel corso del movimento, dividendolo in quattro sezioni principali e indirizzandolo ogni volta verso nuovi sviluppi.

Il Menuetto mette definitivamente da parte il carattere di esile danza settecentesca per divenire un vigoroso e ampio movimento sinfonico, attraversato da venature drammatiche, cui si contrappone la serenità del Trio centrale con una deliziosa melodia campagnola intonata da fagotto e violini.

L'ultimo movimento, Allegro con spirito, rivaleggia col primo per importanza e dimensioni. Il primo tema è caratterizzato da una figura iniziale a note ripetute e staccate, che gli danno un tono leggero e umoristico; da questa stessa figura, con un procedimento che non poteva non apparire originale e sorprendente agli ascoltatori dell'epoca, Haydn fa scaturire anche il secondo tema. Entrambi i temi vengono ampiamente sviluppati seguendo i solidi principi architettonici della forma-sonata, con passaggi contrappuntistici e momenti energici e inquieti, ma la conclusione è traboccante di gioia e vitalità.

Mauro Mariani


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 16 Novembre 2002


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Ultimo aggiornamento 10 luglio 2012