Sinfonia n. 92 in sol maggiore "Oxford", Hob:I:92


Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Adagio (sol maggiore); Allegro spiritoso
  2. Adagio (re maggiore)
  3. Minuetto (sol maggiore) e Trio
  4. Finale: Presto (sol maggiore)
Organico: flauto, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi, contrabbasso obbligato
Composizione: Eisenstadt, 1789
Prima esecuzione: Londra, Hanover Square Rooms, 11 Marzo 1791
Edizione: Le Duc, Parigi, 1790
Dedica: Composta per il principe Ernst de Oettingin-Wallerstein
Guida all'ascolto (nota 1)

Mentre la Sinfonia n. 64 era stata composta in primo luogo per essere eseguita alla piccola corte del principe Esterhàzy, la Sinfonia n. 92 è l'ultima delle tre dedicate a "Son Excellence Monseigneur le Comte d'Ogny", come recita la dedica di pugno di Haydn sull'autografo. Claude-Francois-Marie Rigoley, conte d'Ogny, era uno degli aristocratici sostenitori dell'istituzione parigina del Concert de la Loge Olympique, che aveva già commissionato a Haydn le sei famose Sinfonie nn. 82-87, conosciute appunto come "parigine". L'Ogny chiese poi al compositore tre nuove Sinfonie, che noi oggi conosciamo come nn. 90-92, e che furono composte negli anni 1788-1789 e pubblicate a Parigi dall'editore Le Duc nel 1790. Allo stesso tempo, però, il principe tedesco Krafft Ernst von Oettingen-Wallerstein aveva commissionato a Haydn tre Sinfonie, e il compositore non si fece scrupolo di mandargli le stesse che aveva poco prima inviato al conte d'Ogny a Parigi. La n. 92 è quindi l'ultima delle Sinfonie che Haydn compose per Parigi. Haydn doveva essere particolarmente soddisfatto di questa composizione se la scelse per l'esecuzione ad Oxford in occasione del conferimento del titolo, honoris causa, di Doctor of Music da parte di quella Università nel luglio del 1791: da allora la Sinfonia è conosciuta con il titolo Oxford.

Questa Sinfonia, strumentata per un flauto, oboi, fagotti, corni, trombe e timpani oltre agli archi, è da sempre considerata una delle più straordinarie della sterminata produzione sinfonica haydniana. Se i lavori dei primi anni Settanta, come la Sinfonia "Tempora mutantur", sono segnati da uno sperimentalismo che esplora ogni possibile soluzione compositiva, le Sinfonie scritte per Parigi nella seconda metà degli anni Ottanta, così come poi quelle per Londra della prima metà degli anni Novanta, integrano le soluzioni sperimentate in passato in un tessuto tonale e motivico più solido e coerente, capace di accogliere e rendere ragione anche dei momenti più eccentrici.

Il primo movimento, Allegro spiritoso, è preceduto da un'introduzione lenta, Adagio, come spesso accade nelle Sinfonie della maturità haydniana. La funzione di tali introduzioni è quella di preparare l'arrivo del tema principale, anticipandone alcuni motivi costitutivi. Lo sviluppo presenta una bella dose di entrate imitative dei vari strumenti; nella ripresa poi il tema principale ricorre molto più che nell'esposizione ed è inframmezzato da frequenti escursioni in tonalità lontane (cosa davvero inusuale).

Il secondo movimento, un Adagio in re maggiore, presenta uno stupendo tema cantabile, un'oasi di pace dopo l'eccitazione dell'Allegro precedente. Un episodio centrale in re minore dal carattere un po' marziale e un po' agitato non può che farsi da parte per il ritorno del tema iniziale, questa volta più riccamente orchestrato.

Il Minuetto, un Allegretto in sol, è caratterizzato nella seconda parte da sbilanciamenti ritmici e pause inaspettate, mentre il Trio gioca sulla contrapposizione di accenti tra gli ottoni da un lato e gli archi dall'altro, lasciando l'impressione di una danza goffissima e sgraziata che induce al sorriso.

Il Finale, Presto, inizia con un tema dei primi violini, sussurrato su un pedale dei violoncelli, che prima sale diatonicamente e poi scende cromaticamente. Questa discesa cromatica verrà reinterpretata in maniere svariatissime nel corso del movimento. Si tratta di una forma sonata molto più tradizionale di quella dell'Allegro iniziale, ma non per questo avara di quelle piccole sorprese tanto amate dall'autore.

Emanuele Senici


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 11 novembre 2003


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Ultimo aggiornamento 4 ottobre 2012