Sinfonia n. 95 in do minore, Hob:I:95

Sinfonia di Londra n. 5

Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Allegro (do minore)
  2. Andante (mi bemolle maggiore)
  3. Minuetto (do minore) e Trio (do maggiore)
  4. Finale: Vivace (do maggiore)
Organico: flauto, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi
Composizione: Londra, 1791
Edizione: André, Offenbach, 1795
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Il viaggiatore settecentesco che dall'Europa continentale visitava l'Inghilterra e in particolare Londra, aveva l'impressione di entrare in un mondo dinamico e moderno. La vita delle piccole e grandi città era animata da una classe sociale media di professionisti, commercianti, uomini d'affari che la potenza commerciale inglese, ramificata in tutto il mondo, aveva originato molto tempo prima rispetto agli altri paesi europei. A questa borghesia rimarrà quasi sempre precluso il prestigio della gentry, la classe sociale dei pochi aristocratici inglesi che esercitava il potere politico: tuttavia, giungendo nell'isola, il visitatore non aveva l'impressione di grandi squilibri e profonde differenze sociali. Le ragioni sono molteplici. La prima è la mancanza di una legislazione che rendesse evidenti le differenze di classe. Non ci fu bisogno in Inghilterra, come invece era successo negli altri paesi europei, di concessioni a particolari gruppi di potere, poiché la monarchia era stata nei secoli sempre straordinariamente forte. E non c'era mai stato bisogno nei secoli passati di grandi eserciti e di un massiccio programma di vendita delle cariche, con privilegi di ogni sorta, che originasse una classe dirigente per gestirlo. Come conseguenza di ciò, in Inghilterra nessuno poteva ottenere l'esenzione dalle tasse per rango, status, canea o luogo di residenza: in teoria si era tutti uguali, anche se in realtà un'elite con uno spiccato autocontrollo manteneva il potere e gestiva lo Stato favorendo lo sviluppo della classe media. Così, l'assenza di antagonismi tra gentry e borghesia di ogni livello (una fonte di contrasto sociale che caratterizzò invece il resto d'Europa fino alla metà dell'Ottocento) rendeva stabili e condivisi i gusti e i consumi culturali.

L'Inghilterra era dunque una piazza che, per via della sua moderna organizzazione dello spettacolo e del suo pubblico di danarosi dilettanti, poteva offrire molto a un compositore. Joseph Haydn trovò l'occasione di recarvisi nel 1790, alla morte del principe Nikolaus I Esterhàzy, dipendente del quale era stato occasionalmente dal 1760 e stabilmente dal 1766. Infatti il figlio di Nikolaus I, Anton Esterhàzy, per motivi di controllo della spesa ma anche per poco interesse nei confronti della musica, alla morte del padre aveva licenziato l'orchestra di corte, assicurando ad Haydn, che per tanto tempo l'aveva gestita, una congrua pensione.

Haydn si trovò così libero di accettare una vantaggiosa offerta economica fattagli più volte dall'impresario inglese Johann Peter Salomon: quella di recarsi in Inghilterra e dirigere Sinfonie per grande organico da lui appositamente composte. Sebbene non fosse più giovane (era nato nel 1732, morì nel 1809) il compositore accettò la sfida dando vita a quel gruppo di Sinfonie, dalla n. 93 alla n. 104, dette "Londinesi" proprio perché eseguite in Inghilterra durante i due soggiorni che egli effettuò, il primo tra il 1791 e il 1792, il secondo tra il 1794 e il 1795. Haydn, nell'accingersi a scrivere queste creazioni, decise di essere schietto, accessibile, parco nelle complessità. Fece la scelta giusta: le sue Sinfonie ottennero un enorme successo popolare grazie al loro ottimismo calibrato da sapienti contrasti, alla felice brillantezza melodica e all'omogenea stabilità di schemi definiti che conferiscono al genere una forma-modello molto accurata.

La Sinfonia n. 95 appartiene al gruppo delle composizioni realizzate per il primo soggiorno inglese. Già dall'Allegro moderato d'apertura la percezione è quella di una diffusa chiarezza d'insieme arricchita dall'arguzia e da gradevoli sorprese. Il dosaggio dei chiaroscuri e la ricerca del colorito si devono a una dovizia creativa che sa esprimersi in formule gustose, quasi mai problematiche o impegnative. Il risultato è travolgente e immediatamente comprensibile: un dono, quello di saper calibrare qualità e chiarezza, che Haydn seppe portare a superlativi risultati.

Nell'Andante che segue, il compositore ossequia il gusto galante con abilità e solido mestiere, ottenendo limpide soluzioni sonore, gradevoli passaggi estemporanei, svolgimenti e articolazioni interessanti nell'ambito di un linguaggio elegante e mai troppo sperimentale.

Nel Menuetto, terzo tempo della Sinfonia, il sereno segue invariabilmente le ombre minacciose che ogni tanto vi appaiono: Haydn rinuncia a esplorare contenuti profondi per illustrare diversi umori con godibile tocco patinato. Tutto si svolge senza mai turbare l'ascolto di un pubblico che ama compostezza e decoro, scende a patti con controllati effetti drammatici, ma pur sempre richiede una versione edulcorata dell'emotività.

Il Finale, un Vivace in forma di Rondò, inizia serpeggiando in piano, una firma che contraddistingue lo stile del compositore. Sorprendentemente, però, il tessuto sonoro non ripropone subito il tema a grande orchestra, come solitamente accade in brani del genere. C'è qui un trattamento della suspense di cui Haydn fu maestro: la gioiosa perorazione è di molto rinviata, con effetto quasi esplosivo. In aggiunta a questi tratti di voluta incertezza, l'originalità e la freschezza inventiva si incaricano di far percepire gli snodi strutturali su cui la composizione poggia. È questo, in fondo, il pregio maggiore di Haydn: farci partecipi, con franchezza e umiltà, del susseguirsi delle sue idee musicali. Gli inglesi non ebbero torto quando, tributandogli grandi successi, identificarono Haydn stesso con lo spirito e lo stile di questi lavori. Il mondo della vecchia aristocrazia aveva insegnato al compositore il valore della comunicatività e del dialogo. Con esse egli seppe vincere anche le sfide del nascente libero mercato.

Simone Ciolfi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Le Sinfonie n. 95 e n. 96 furono scritte nel 1791 ed eseguite in quell'anno stesso a Londra nella stagione dei concerti diretti da Salomon, prima dunque delle due precendenti sinfonie "londinesi" (n. 93 e n. 94) fatte ascoltare l'anno seguente. La Sinfonia n. 95, nota come la terza "londinese", fu più probabilmente seconda (dopo la n. 96) ad essere composta per i concerti organizzati in sottoscrizione dall'impresario inglese presso la cosiddetta Hanover Square Rooms, dov'essa apparve il 1 o il 29 di aprile. È l'unica delle dodici sinfonie "londinesi" che non si apre con una lenta introduzione ma attacca direttamente con l'Allegro per mezzo di un fortissimo di cinque martellanti ottave, poderosamente scandite in modo quasi beethoveniano. Ma all'aggressività di un simile ingresso risponde subito una frase gentilmente delineata dai violini. Violenza e garbo si alternano e si combinano nella prima parte dell'esposizione, finché, dopo una pausa generale, balza fuori, intonata dai violini, una sbarazzina figura di danza, costituente la seconda idea. I tre umori, contrappuntisticamente mescolati, danno luogo allo sviluppo, per poi riapparire nell'ordine dell'inizio con la riesposizione conclusiva. L'Andante cantabile è un tema con libere variazioni, dove il violoncello ha un ruolo preminente. Il movimento si conclude con una breve coda, nella quale la semplicità quasi infantile del tema assume, per via della sottile scrittura armonica, toni di romantica malinconia. Nel terzo tempo Haydn torna a modi di danza paesana, accantonando i tratti ricercati, grati alla corte di Versailles, che aveva perseguito in alcuni minuetti delle sinfonie "parigine"; nel Trio, assoluto protagonista è il violoncello, mentre gli altri archi provvedono ad accompagnarlo con lievi pizzicati. L'agile finale impegna il semplice e grazioso tema esposto all'inizio dai violini in elaborazioni fugate e termina con una coda travolgente che riserva ulteriori sorprese armoniche.

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Passando al campo della sinfonia il quadro cambia e in molti testi Haydn viene presentato addirittura come il "padre" del genere. Da un punto di vista letterale questa definizione è errata, in quanto Haydn non ha inventato la sinfonia; ma in effetti ha svolto un'opera insostituibile favorendo la progressiva identificazione e fissazione di un modello unico di sinfonia, che sarebbe stato ripreso anche dalle generazioni seguenti. Nella sua attività di sinfonista, snodatasi nell'arco di quasi quarant'anni, ha portato a termine più di cento sinfonie. Le prime risalgono al periodo intorno al 1757, anno della morte di Stamitz, quando Mozart aveva solamente un anno; le ultime al 1795, quando il suo giovane amico salisburghese era morto già da quattro anni. Muovendo i suoi primi passi musicali a Vienna, era naturale per il venticinquenne Haydn prendere inizialmente a modello formale autori allora in voga nella capitale come Monn e Wagenseil. Quando, nel 1761, venne assunto dai principi Esterhàzy, la sua vita conobbe una svolta destinata a ripercuotersi sull'attività del sinfonista e sulla storia stessa del genere. Venendo continuamente sollecitato dall'intensissima vita culturale di corte a comporre nuove musiche e potendo disporre stabilmente di un eccellente complesso strumentale come quello di cui era responsabile, Haydn iniziò a compiere una serie di veri e propri esperimenti in campo sinfonico - a livello formale, stilistico, di organico strumentale - fino alla definizione di un modello definitivo di sinfonia, ripreso da Mozart e subito dopo da Beethoven. Haydn era perfettamente consapevole di questa fase "sperimentale" della sua produzione sinfonica, come confidò al suo primo biografo, Griesinger: «II principe è stato sempre soddisfatto del mio lavoro. Non soltanto avevo l'incoraggiamento di una costante approvazione, ma, come direttore di un'orchestra, avevo anche la possibilità di fare esperimenti, di studiare il modo di ottenere o di attenuare un effetto; e mi trovavo quindi in una posizione tale da poter apportare cambiamenti o miglioramenti, aggiungere o omettere, ed osare a mio piacimento. Ero tagliato fuori dal mondo; non vi era nessuno che potesse turbarmi o affliggermi, ed ero costretto ad essere originale».

Così tra le sinfonie di Haydn si trovano inizialmente esempi di musica a programma (le nn. 6,7 e 8, dette Le Matin, Le Midi e Le Soir), e strutture formali che rievocano la sinfonia concertante (la n. 31 detta "Col segnale del corno"), o forme più antiche come la suite (le nn. 12 e 28), la sonata da chiesa (le nn. 21, 22, 26) e il concerto italiano (le nn. 13, 24, 30,36). Ma ben presto la forma in quattro movimenti già prediletta da Stamitz e dai compositori viennesi come Monn e Wagenseil - Allegro in forma-sonata / Adagio o Andante / Minuetto / Finale - diventa talmente ricorrente da porsi come modello principale anche per gli altri compositori dell'epoca.

Vertice indiscusso della produzione sinfonica haydniana sono le dodici Sinfonie dette "londinesi" (nn. 93-104) scritte fra il 1791 e il 1795 per i concerti organizzati nella capitale britannica dal musicista e impresario Johann Peter Salomon. Composta nel 1791 ed eseguita nell'aprile di quello stesso anno all'Hanover Square Rooms nell'ambito dei concerti in sottoscrizione organizzati da Salomon, la Sinfonia n.95, pur essendo la terza delle londinesi in ordine numerico, fu probabilmente composta per seconda (dopo la 96). L'Allegro iniziale è basato sul netto contrasto fra l'imperioso fortissimo in minore che lo apre e una serena e vivace idea dal sapore quasi pre-rossiniano che si ascolta subito dopo. Il secondo movimento è un Andante cantabile costruito in forma di tema con variazioni, in cui il violoncello ricopre un ruolo protagonistico così come avverrà nel Trio del più ruvido e popolareggiante Menuetto che segue. La Sinfonia termina con un breve e luminoso Finale (Vivace) caratterizzato da intense elaborazioni fugate.

Carlo Cavalletti


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 15 Maggio 2010
(2) Testo tratto dal Repertorio di Musica Classica a cura di Pietro Santi, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 2001
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmoniva Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 2 dicembre 2004


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Ultimo aggiornamento 31 maggio 2013