Sonata n. 32 in si minore per pianoforte, op. 14 n. 6, Hob:XVI:32


Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Allegro moderato
  2. Minuetto (si maggiore) e Trio (si minore)
  3. Finale. Presto
Organico: clavicembalo o pianoforte solo
Composizione: 1774 - 1776
Edizione: Hummel, Berlino, 1778
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

La Sonata n. 32 è un'opera che basterebbe da sola a illustrare la produzione matura di Haydn. Più nulla, in essa, delle componenti retrospettive della Sonata precedente. Impulsi tematici elementari vi promuovono continue reazioni a catena, che sollecitano una sorta di autogerminazione spontanea delle singole arcate formali e quindi un'intima reciprocità fra micro e macostruttura. Si realizza qui, in altri termini, quella capacità di derivare l'intero decorso formale di una composizione dalle premesse implicite nelle sue prime misure, in cui gli studi più recenti ravvisano il maggior merito storico di Haydn: qualcosa, come è stato scritto, che ha mutato tutta la musica a venire.

Ciò trova conferma anche sul piano dei rapporti fra i singoli movimenti. Giacché l'attuazione di quanto implicito all'inizio di una sonata non comporta soltanto l'espansione e trasformazione di ogni premessa tematica all'interno del primo movimento: coinvolge anche i movimenti successivi, sotto specie di una nuova organicità, operante a tutti i livelli di articolazione della forma. Ne sono esempi, in questa Sonata n. 32, la circolarità della cellula ritmica che nel giro delle due misure d'apertura si trasforma da incisivo disegno d'accompagnamento in elemento di suasiva propulsione melodica (la si ritroverà, in funzione armonica, all'inizio del Minuetto e, in funzione melodica, nell'attacco a note ribattute del Finale); la ricorrenza degli indugi interlocutori in cui si flette, prima della conclusione, il primo episodio tematico della Sonata: simmetrici a quelli precedenti il concludersi dei corrispondenti episodi del secondo e terzo movimento; la riformulazione degli accordi in battere caratterizzanti il secondo tema del primo movimento all'inizio del Trio del Minuetto e nel secondo tema del Finale; il fatto, infine, che quest'ultimo movimento non è più un rondò (anche se ne serba la brillantezza e le finezze prospettiche), bensì una forma-sonata in piena regola: dunque un movimento perfettamente omologo al primo, che appunto attua al livello più alto la reciprocità strutturale di cui si parla. Gioverà ricordare, a questo punto, come la sonata per cembalo/fortepiano resti per Haydn il 'genere' minore che s'è detto, anche dopo il raggiungimento della piena maturità stilistica. A non voler ripetere un frequente errore di valutazione - in cui contemporanei e posteri sono spesso incorsi, per mancanza di prospettiva storica o per carenza di sensibilità storicistica - occorre non pretendere dalle sonate haydniane la stessa, crescente esemplarità tipologica dei quartetti e delle sinfonie. Piuttosto occorre ricordare come il livello di elaborazione formale delle sonate di Haydn dipenda fino all'ultimo dalla loro destinazione esterna.

Claudio Annibaldi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Nel campo della sonata per pianoforte la storia della musica assegna a Franz Joseph Haydn un ruolo più marginale di quello che gli attribuisce per le altre forme del Classicismo viennese, la sinfonia e il quartetto. Delle sue oltre cinquanta sonate è però importante comprendere la destinazione; Haydn non intraprende la carriera di virtuoso (come faranno Mozart e Beethoven), e le sue sonate per Klavier (clavicembalo, clavicordo, e poi fortepiano) sono destinate all'intrattenimento di corte, non all'esibizione di un virtuosismo spettacolare.

Gli ideali esecutori sono dilettanti, amanti della musica che la praticano per diletto, a casa, strumentisti capaci di intrattenere il ricco e colto uditorio di un salotto bene piuttosto che ammaliare il pubblico di un teatro. Cosi la musica si avvicina più al galante dialogo che all'oratoria del professionista, e rispecchia lo spirito di un ambiente nobile che ama ascoltare. Le possibilità di oggi di un ascolto domestico ci permettono nuovamente di scoprire questa musica straordinaria.

La Sonata in Si minore risale agli anni tra il 1774 e il 1776. L'Allegro moderato suona di una composta e nostalgica intimità, resa quasi nuda dalla scrittura a due sole voci. Delizioso cameo è il Minuetto, un canto serale di elegante e lirica cantabilità. Il Trio è poco più intenso, ma i suoi cupi toni sono dissipati dal placido ritorno del Minuetto. Anche il Finale è caratterizzato da un contrasto; in questo caso sono il serioso tema iniziale e le rapide note acute nate dal medesimo ìncipit di note ribattute. Un contrasto che alla fine non si compone; viene semplicemente chiuso dal tema eseguito in ottave.

Emiliano Buggio


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 15 marzo 1974
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 383 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 25 luglio 2023