Trio n. 15 in sol maggiore per pianoforte, violino e violoncello Hob:XV:15


Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Allegro
  2. Andante (do maggiore)
  3. Finale. Allegro moderato
Organico: clavicembalo o pianoforte, violino o flauto, violoncello
Composizione: Eisenstadt, Esterhàza, 28 giugno 1790
Edizione: Bland, Londra, 1790
Guida all'ascolto (nota 1)

Nel catalogo cameristico di Franz Joseph Haydn il genere del Trio per pianoforte, violino e violoncello è quantitativamente presente con oltre trenta numeri d'opera; si tratta di composizioni che, sebbene coprano complessivamente l'arco di circa un trentennio, risalgono per la maggior parte al periodo fra il 1784 e il 1796 e appartengono dunque alla produzione matura dell'autore; tuttavia sarebbe errato attendersi da esse quella scrittura di ricercato equilibrio che già da alcuni anni Haydn perseguiva nell'ambito di altri generi compositivi.

Alla fine del XVIII secolo, infatti, il genere del Trio con pianoforte era considerato - come più in generale tutte le composizioni cameristiche con pianoforte - meno impegnativo dei lavori per soli archi (e in particolare del Quartetto), essendo destinato principalmente ai cosiddetti Liebhaber, gli esecutori dilettanti. A tale destinazione risale il carattere perlopiù disimpegnato di queste opere (che non superano tre movimenti e non di rado ne comprendono solamente due), come anche la preminenza assoluta riservata da esse al pianoforte, strumento di rapide soddisfazioni e quindi prediletto dall'emergente ceto borghese.

I Trii con pianoforte di Haydn si configurano dunque come "Sonate per pianoforte con accompagnamento di violino e violoncello" (come recitano i frontespizi delle edizioni a stampa di taluni di questi Trii), nelle quali il violino ha una contenuta funzione melodica, mentre il violoncello si limita quasi sempre al semplice raddoppio della linea del basso pianistico. Questo stato di cose ha portato talvolta a considerare questi Trii haydniani con una certa sufficienza. Simili critiche, tuttavia, non sembrano tener conto che i limiti di queste composizioni sono impliciti nella loro stessa destinazione.

Al contrario il maggior merito dei Trii di Haydn consiste proprio nella loro perfetta aderenza a quel puro piacere di far musica che era l'esigenza prima dei Liebhaber. Ne dà conferma anche il Trio in sol maggiore Hob. XV/15: scritto nel 1790, precede di pochi mesi i due viaggi del compositore in Inghilterra, nel corso dei quali Haydn produsse una decina di Trii. Per l'esattezza il Trio fu commissionato, insieme ad altri due lavori consimili, dall'editore inglese John Bland, e venne destinato, nella sua veste originaria, al flauto traverso, al violoncello e al cembalo o pianoforte, quantunque la scrittura della tastiera lasci intendere senza dubbio che il compositore pensasse allo strumento a corde percosse e non a quello a corde pizzicate. La sostituzione del flauto col violino è d'altra parte una variante pienamente accettata nella prassi dell'epoca, dato anche il ruolo accessorio dello strumenti melodico; basterebbe pensare a lavori ben più complessi come il Trio op. 11 di Beethoven, destinato indifferentemente al violino o al clarinetto, o addirittura alle due Sonate op. 120 di Brahms, pubblicate per viola o per clarinetto.

Aperto da un breve "prologo" di accordi pianistici, l'Allegro iniziale si mantiene riell'ambientazione garbata e colloquiale propria di molte pagine intrattenitìve, ma mostra anche la abilità raggiunta da Haydn nel conciliare tale ambientazione con la raffinatezza del tessuto armonico (si noti la conversione al modo minore che segue il secondo tema o le continue modulazioni nella sezione dello sviluppo) e la complessità delle parti interne della scrittura pianistica. Il movimento lento, Andante, è una pagina immersa in un clima espressivo di composto decorativismo, con una sezione centrale di studiata malinconia. Il finale, Allegro moderato, è un rondò brillante e scorrevole, tipica pagina da opera buffa, che vede anche un articolato dialogo e una stretta solidarietà fra il flauto/violino e la mano destra della tastiera, ricco di effetti umoristici e di soluzioni argute e imprevedibili, come le sapienti, "sospensioni" prima delle nprese del refrain.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 9 gennaio 1998


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Ultimo aggiornamento 19 aprile 2013