Sonata in do maggiore per pianoforte, violino e violoncello Hob:XV:21


Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Adagio pastorale. Vivace assai
  2. Andante molto (sol maggiore)
  3. Finale. Presto
Organico: pianoforte, violino, violoncello
Composizione: Londra, 23 maggio 1795
Edizione: Preston, Londra, 1795
Guida all'ascolto (nota 1)

Fa piacere osservare come nei programmi dei concerti vengano riproposti con una certa frequenza, e certamente più di prima, i Trii per pianoforte, violino e violoncello di Haydn, che ammontano a trentuno, senza contare i Divertimenti da camera per violino, violoncello e cembalo obbligato e i pezzi per baryton, un vecchio tipo di viola da gamba, violino e violoncello. Si sa che la musicologia ha riservato maggiore attenzione alla produzione quartettistica (se ne contano 83) del «papa Haydn» per l'importanza che essa riveste per la formulazione di un nuovo linguaggio polifonico destinato a pochi strumenti, ma nori si può negare che anche i Trii, appartenenti alla piena maturità del musicista e composti fra il 1784 e il 1797, rivelano una immaginazione inventiva e un equilibrio formale degni della genialità di un artista che fu ritenuto a giusta ragione un caposcuola. Probabilmente quest'ultimo appellativo vale maggiormente per i quartetti d'archi che non per i Trii, dove Haydn mostrò di essere meno innovatore di Mozart, il quale cercò di disimpegnare il violoncello dagli schemi del basso continuo, affidandogli alle volte una parte più autonoma nel dialogo concertante con il pianoforte e il violino. Dal canto suo Haydn preferisce muovere all'unisono la voce del violoncello e il basso pianistico, a meno che lo strumento a tastiera non prevarichi con le sue figurazioni melodiche. Ciò appare evidente nel Trio n. 21 che risale agli anni 1794-1795 ed è dedicato alla principessa Maria della famiglia del conte Nikolaus Esterhàzy, benefattore e protettore di Haydn.

Dopo una breve introduzione in tono calmo si sviluppa un tema brillante e fosforescente, condotto e ripreso più volte con spigliatezza e brio dal pianoforte in un ruolo nettamente predominante sugli altri due strumenti. Più omogeneo nel gioco elegante e di settecentesca purezza melodica dei tre strumenti appare l'Andante, dove il musicista rivela quella sua inconfondibile cantabilità e freschezza armonica, tanto apprezzate da Beethoven. Un ritmo leggero e vivace punteggia il movimento finale, caratterizzato da una felice scioltezza di scrittura e da una gioiosità semplice e naturale, di tipo fanciullesco. Il pianoforte coinvolge e trascina nel suo alveo sonoro sia il violino che il violoncello, in un clima di estroversa e piacevole spontaneità musicale.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 21 aprile 1978


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Ultimo aggiornamento 29 dicembre 2011