Trio n. 3 in do maggiore per pianoforte, violino e violoncello Hob:XV:3


Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Adagio. Allegro
  2. Rondo. Andante. Adagio
  3. Allegro
Organico: clavicembalo, violino, violoncello
Composizione: 1784

Forse da attribuire a Pleyel
Guida all'ascolto (nota 1)

E' confortante il fatto che nella programmazione concertistica vengano riproposti con una certa frequenza, e certamente più di prima, i Trii per pianoforte, violino e violoncello di Haydn, che ammontano a trentuno, senza contare i Divertimenti da camera per violino, violoncello e cembalo obbligato e i pezzi per baryton, un vecchio tipo di viola da gamba, violino e violoncello. Si sa che la musicologia ha riservato maggiore attenzione alla produzione quartettistica (se ne contano 83) del «papa Haydn» per l'importanza e il valore che essa riveste ai fini della formulazione di un nuovo linguaggio a più voci destinato a pochi strumenti, ma non si può negare che anche i Trii, appartenenti alla piena maturità del musicista e composti fra il 1784 e il 1797, denuncino una immaginazione inventiva e un equilibrio formale degni della genialità di un artista che viene ritenuto a giusta ragione un caposcuola.

Probabilmente quest'ultimo appellativo vale maggiormente per i Quartetti d'archi che non per i Trii, dove Haydn mostrò di essere meno innovatore e più tradizionalista di Mozart, il quale cercò di disimpegnare il violoncello dagli schemi del basso continuo, affidandogli alle volte una parte più autonoma nel dialogo concertante con il pianoforte e il violino. Dal canto suo Haydn preferisce muovere all'unisono la voce del violoncello e il basso pianistico, a meno che lo strumento a tastiera non prevarichi con le sue figurazioni melodiche e armoniche. Ciò risulta nelle sue linee generali anche nel Trio n. 3 in do maggiore composto intorno al 1784 per rallegrare le serate in casa del conte Nikolaus Esterhàzy, benefattore e munifico protettore di Haydn.

Dopo poche battute in tempo Adagio esplode l'Allegro in cui i due archi si intrecciano in un elegante sviluppo con il pianoforte, tra i più piacevoli ed estroversi firmati dal musicista. L'Andante in tempo di rondò si presenta più vario di intrecci e di nodi strumentali, secondo un gusto melodico di cordiale e illuminato classicismo. Ad esso fa seguito un Adagio in la minore di tono più distensivo e lirico, momento di assorta e delicata contemplazione. L'Allegro finale in tempo ternario ritorna alla tonalità di do maggiore con sonorità vivaci e rimbalzanti da strumento a strumento, poste sotto il segno di un fraseggio musicale divertente e divertito, così come era solito concludere le sue composizioni il maestro viennese, sempre pronto a dire una parola di fiducia e di speranza nella vita.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Nel catalogo di Haydn figurano oltre quaranta «trii» per due archi e pianoforte. Ma tale denominazione è moderna. Originariamente alcune di queste composizioni erano definite «divertimenti» oppure, in un caso, «capriccio» o, per lo più, «sonate per pianoforte (o cembalo) con accompagnamento di violino e violoncello». Si aggiunge che, secondo la prassi dell'epoca, il violino poteva essere sostituito dal flauto. Va tuttavia precisato che non si tratta di sonate in cui i due archi sono relegati ad una funzione di semplice accompagnamento. Intorno allo stesso periodo Clementi usava aggiungere, ad libitum, una parte di violino o di violoncello alle sue sonate. Ma in Haydn già si prefigura il trio quale sarà poi coltivato da Beethoven. Né va dimenticato che, per molti anni, il trio fu una forma preferita dalle formazioni di suonatori dilettanti. Il trio in do maggiore fa parte di un gruppo di tre pubblicati a Londra nel 1785. In esso effettivamente il pianoforte ha un ruolo preminente del discorso. Ma i due archi dialogano vivacemente e, sia pure con una scrittura molto semplice, entrano autorevolmente nello sviluppo tematico. Il primo tempo si apre con alcuni accordi di un adagio introduttivo sul quale, già alla quinta battuta, si innesta un allegro il cui primo tema è esposto dal pianoforte. Del tutto insolita è la struttura del secondo movimento che è definito rondò. Consiste di un andante inframmezzato da due episodi: un adagio non troppo e, dopo una brevissima ripresa del tema dell'andante, un allegro a mo' di trio in 3/8. Il movimento si conclude con una ripresa, abbreviata anch'essa, della prima sezione.

Bruno Cagli


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 15 febbraio 1980
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 6 aprile 1977


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Ultimo aggiornamento 21 febbraio 2016