Con il Trio in fa maggiore Hob. XV:6 scopriamo la bella esuberanza giovanile del tempo introduttivo, il brioso Vivace con il suo volitivo primo tema dell'esposizione cadenzato dal caratteristico ribattuto del fortepiano e lo sfarfallante, "trillante" secondo tema. Con l'arrivo dello sviluppo Haydn ancora una volta appare maestro nel controllo e nel trattamento della forma: qui gli elementi tematici subiscono profonde trasformazioni con improvvise fermate, ripartenze, e la trasmutazione delle idee dentro arditi passi modulanti, laddove è il gusto teatrale che pare prevalere, come in una studiata regia drammaturgica. Ogni volta, anche con il ritorno del "giro" regolare della forma sonata che, lo vediamo, si è organizzata ancora una volta nella tipica forma tripartita e bitematica di esposizione, sviluppo e ripresa, l'autore dimostra di applicare non certo pedantemente la regola e ormai ci aspettiamo costantemente sorprese dietro ogni angolo, un aspetto che rende sempre affascinante l'ascolto. Quando giunge il Tempo di Menuetto che conclude il Trio, lo sguardo giocoso e ironico di Franz Joseph Haydn pare allora seguirci per l'ultima volta; dopo un tema principale tranquillo ed equilibrato, tutto basato sulla simmetria, sui pesi e sulla giusta misura ecco infatti irrompere un molto coinvolgente episodio in fa minore minore che scatena l'espressività del violino, mentre il fortepiano fornisce la necessaria spinta con un avvolgente arpeggio in terzine. La ripresa del tempo di minuetto restituisce la necessaria composta serenità dopo tanta "commovente" agitazione.
Marino Mora