Concerto per orchestra, op. 38


Musica: Paul Hindemith (1895 - 1963)
  1. Con forza
  2. Molto allegro
  3. Marcia
  4. Basso ostinato
Organico: 2 flauti (2 anche ottavino), 2 oboi, 2 clarinetti, clarinetto basso, 2 fagotti, controfagotto, 3 corni, 2 trombe, 2 tromboni, basso tuba, timpani, triangolo, tamburo basco, 3 tamburi, piatti, grancassa, tavolette, archi
Composizione: primavera 1925
Prima esecuzione: Duisburg, Stadttheater, 18 luglio 1925
Dedica: Franz e Margitchen Ernstn
Guida all'ascolto (nota 1)

Il Concerto per orchestra, op. 38, fu composto nel 1925. Appartiene dunque al primo periodo della produzione hindemitiana, a quel periodo in cui il compositore, dando prova di una natura veramente eccezionale, di una fantasia e di un senso del movimento sorprendente, uniti ad una sicurezza tecnica non raffinata né preziosa, ma indubbiamente solidissima, produceva opere su opere con un'abbondanza unica fra i compositori del tempo.

La personalità e lo stile del giovane Hindemith (che d'una personalità e d'uno stile bisognava parlare) non erano tali da assicurargli grande popolarità nel mondo musicale latino: sembrava che la musica, per lui, più che questione emotiva, o ricerca di espressione o di sentimento, fosse necessità imperiosa, soddisfazione materiale d'un bisogno dello spirito che cerca il proprio equilibrio e la propria soddisfazione in un gioco sonoro, indipendentemente da ogni preoccupazione espressiva. Solamente così si poteva spiegare quella creazione a getto continuo, frutto di una ricchezza di fantasia tutt'altro che comune - ricchezza di fantasia così piena e tumultusa che non sempre permetteva al giovane compositore di esercitare una scelta o un controllo rigoroso fra le idee che sgorgavano irresistibilmente nel suo cervello.

Una tal fantasia però andava unita a un senso della forma e della costruzione, a una disciplina, da escludere qualsiasi arbitrio: e grazie a questo Hindemith poteva dedicarsi alle esperienze musicali più ardite e nuove, senza incertezze e senza perdere terreno, come accadeva allora a parecchi maldestri seguaci di tendenze più o meno sovversive.

Una sensibile evoluzione si operava, nondimeno, nella maniera e nello stile hindemitiano, fin da quelle prime opere: evoluzione di cui il Concerto per orchestra segna un punto cruciale. Non che qui il musicista rinunci al gusto esclusivo per la scrittura orizzontale, al senso di movimento quasi frenetico, alla scrittura atonale (anche se quella di Hindemith ha ben pochi rapporti, se non nessuno, con quella di Schonberg) che ritroviamo in tutti i suoi lavori di questo tempo: ma nel Concerto, almeno nel primo tempo, egli mostra una preoccupazione d'ordine tonale e melodico che non gli era, allora, abituale. La scrittura melodica hindemitiana qui si fa anche più larga, i suoi temi diventano di proporzioni più ampie, e sono più fortemente disegnati. Naturalmente anche qui v'è un'assoluta indifferenza per le preoccupazioni d'ordine espressivo, e la forza, talvolta brutale, talvolta anche volgare, di questa musica è aggravata da un'orchestra opaca, massiccia - e da un gusto di ricerca intellettualistica indifferente ad ogni emozione o ricerca espressiva. Ma tutta l'opera rivela una maestria artigianale, una bravura nell'intrecciare e combinare e sovrapporre i vari temi, una cosi grande intensità di vita, che non può lasciare indifferenti. E' la manifestazione di un artista autentico.

Quattro tempi: nel primo, Con forza, concepito in uno spirito non troppo dissimile da quello del «concerto grosso», Hindemith cerca di introdurre nel grande stile sinfonico le caratteristiche dello stile concertante. Il Molto allegro che segue è il tempo più sviluppato: sopra un ostinato, un disegno melodico è sottoposto a molteplici trasformazioni; segue una sezione intermedia, più calma: ma i disegni ritmici irrequieti che abbiamo già udito, incalzano conducendo a una stretta finale e a una conclusione di una forza irresistibile. Anche la Marcia (per soli fiati) che segue si impernia su un ostinato: come su un Basso ostinato (è l'indicazione del titolo, del resto) si imposta il finale, di un dinamismo intenso, dalle sonorità aspre e stridenti, una specie di orgia sonora che conclude efficacemente il lavoro.

Domenico De Paoli


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 13 gennaio 1963


I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 12 novembre 2014