Kammermusik per organo e orchestra da camera n. 7, op. 46 n. 2
Musica: Paul Hindemith (1895 - 1963)
- Nicht zu schnell
- Sehr langsam und ganz ruhig
- Achtel bis 184
Composizione: novembre - dicembre 1927
Prima esecuzione: Francoforte, Hessischer Rundfunk, 8 gennaio 1928
Dedica: alla radio di Francoforte
Personalità di prima grandezza nel firmamento musicale del Novecento, Paul Hindemith occupa un posto a sé nella storia dell'arte per la sua capacità a riunire l'antico e il nuovo, la tradizione e l'avanguardia nelle composizioni più significative, sia teatrali che orchestrali e cameristiche. Assertore dei diritti della forma, anche nei momenti più vicini alla spregiudicata reazione espressionistica, tipica degli anni Venti, egli ha sempre creduto profondamente nella validità del contrappunto ed ha mantenuto le distanze sia dall'intellettualismo con sottintesi letterari dell'ultimo romanticismo che dall'impressionismo psicologico e dallo sperimentalismo fine a se stesso. Il senso della sua adesione alla poetica della cosiddetta «Neue Sachlichkeit» (Nuova oggettività) vuole essere appunto una riaffermazione degli aspetti strutturali del linguaggio musicale, inteso anche come elaborazione artigianale di planimetrie armoniche e di geometrie ritmiche. A parte alcune concessioni alla «Gebrauchsmusik» (musica d'uso), carica di allegorie pedagogiche e a sfondo sociale e perseguita con risultati ben più brillanti da Kurt Weill in coppia con Bertold Brecht, Hindemith è rimasto fedele al suo sogno di musicista puro, che crede nella sicurezza e nella padronanza del «mestiere» e nella felicità, pur estemporanea e rapsodica, del discorso sonoro, costruttivamente lineare e ritmicamente spigliato, così da ricollegarsi in un certo modo ad alcuni atteggiamenti più o meno somiglianti di un Bartók o di uno Stravinsky, maturati nello stesso periodo storico. Del resto questa maniera di far musica, questo stile compositivo hindemithiano si può evidenziare con chiarezza e nettezza di contorni nel ciclo delle Kammermusiken, concepite in forma concertante e per tale ragione ricollegate per analogia con i Concerti brandeburghesi di Bach, elaborati e sviluppati, come è noto, sul rapporto dialogico fra il «solo» e il «tutti» degli strumenti. Si può dire che una robusta e pulsante vitalità sonora domina le sei Kammermusiken (ma sono sette, se viene considerata l'op. 46 n. 2 per organo e piccola orchestra), dove gli scatenamenti ritmici e i sussulti sonori sono guidati e governati dalla ferrea logica della costruzione musicale. E dentro il vortice del carosello timbrico e della dialettica discorsiva, così in evidenza da attingere i confini del barocco, si mantiene costante il rispetto dei piani prospettici e dialogici, prevalentemente impostati su un rigoroso criterio imitatorio. Anche quando affiora un velo di malinconia in alcuni Adagi, Hindemith non cade mai nella pienezza del pessimismo e tende a placare l'ardore delle impulsività ritmiche in una conversazione meno eccentrica e più distesa.
Lo Hindemith per così dire costruttivista e particolarmente sensibile al solido impianto formale della composizione è presente nella Kammermusik op. 46 n. 2, dove primeggia e spazia in tutta la sua tessitura il suono dell'organo, dapprima in un gioco «puntato» con l'orchestra, poi in un tempo lento e solenne, leggermente cadenzato e immerso in un clima di distaccata e sospesa spiritualità, e infine in un corposo incedere ritmico, sempre più possente e massiccio, in un alternarsi di incontro e scontro, concertante e contrapposto alle asciutte e taglienti sortite del complesso strumentale da camera.
(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 13 maggio 1983
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Ultimo aggiornamento 5 marzo 2014