Quartetto per archi n. 3 in do maggiore, op. 16


Musica: Paul Hindemith (1895 - 1963)
  1. Lebhaft und sehr energisch
  2. Sehr langsam
  3. Finale: Äußerst lebhaft
Organico: 2 violini, viola, violoncello
Composizione: gennaio - febbraio 1920
Prima esecuzione: Donaueschingen, Stadttheater, 1 agosto 1921
Dedica: Rudolf Hindemith
Guida all'ascolto (nota 1)

Personalità di prima grandezza nel firmamento musicale del Novecento, Paul Hindemith occupa un posto a sé nella storia dell'arte per la sua capacità a riunire l'antico e il nuovo, la tradizione e l'avanguardia nelle composizioni più significative, sia teatrali che orchestrali e cameristiche. Assertore dei diritti della forma, anche nei momenti più vicini alla spregiudicata reazione espressionistica, tipica degli anni Venti, egli ha sempre creduto profondamente nella validità del contrappunto ed ha mantenuto le distanze sia dall'intellettualismo con sottintesi letterari dell'ultimo romanticismo che dall'impressionismo psicologico e dallo sperimentalismo fine a se stesso. Il senso della sua adesione alla poetica della cosiddetta "Neue Sachlichkeit" (Nuova oggettività) vuol essere appunto una riaffermazione degli aspetti strutturali del linguaggio musicale, inteso anche come elaborazione artigianale di planimetrie armoniche e di geometrie ritmiche. A parte alcune concessioni alla "Gebrauchsmusik" (musica d'uso), carica di allegorie pedagogiche e a sfondo sociale e perseguita con risultati ben più brillanti da Kurt Weill in coppia con Bertolt Brecht, Hindemith è rimasto fedele al suo sogno di musicista puro, che crede nella sicurezza e nella padronanza del "mestiere" e nella felicità, pur estemporanea e rapsodica, del discorso sonoro costruttivamente lineare e ritmicamente spigliato, così da ricollegarsi in un certo modo ad alcuni atteggiamenti più o meno somiglianti di un Bartók o di uno Stravinsky, maturati nello stesso periodo storico. Del resto questa maniera di far musica, questo stile compositivo hindemithiano è racchiuso in modo emblematico nel ciclo delle sei Kammermusiken, concepite in forma concertante e per tale ragione ricollegate per analogia con i Concerti brandeburghesi di Bach, elaborati e sviluppati, come è noto, sul rapporto dialogico fra il "solo" e il "tutti" degli strumenti. Anche i sei Quartetti per archi, scritti in epoche diverse fra il 1919 e il 1945, si richiamano in sostanza a questa scelta stilistica, dove gli scatenamenti ritmici e i sussulti sonori sono guidati e governati dalla ferrea logica della costruzione musicale. Il secondo Quartetto in do maggiore op. 16 [in realtà è il terzo, n.d.r.], composto nel 1921 e dedicato al fratello del musicista, Rudolf, è caratterizzato da una tensione sonora e da una fitta dialettica discorsiva sin dal primo movimento (Lebhaft una sehr energisch), in un passaggio continuo da accenti forti e marcati a tempi lenti e rallentati, pur nel rispetto di un quadro prospettico impostato in prevalenza su un rigoroso criterio imitatorio. L'Adagio centrale (Sehr langsam) racchiude momenti di tranquilla riflessione e l'ardore delle impulsività ritmiche si placa in una conversazione più distesa, con un invito, nei segni indicati sulla partitura, a non accelerare troppo e ad allargare piuttosto le arcate. Nel Finale Hindemith ritorna al suo stile motorio e ben connesso in una fitta intelaiatura strumentale, nel vortice di un carosello timbrico e ritmico in tempo fugato, impostato secondo la logica di una salda e compatta logica formale, quasi a toccare quel barocchismo in chiave moderna che piaceva tanto al creatore del Mathis der Maler.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 15 marzo 1985


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Ultimo aggiornamento 19 dicembre 2013