Sonata per viola, op. 25 n. 1


Musica: Paul Hindemith (1895 - 1963)
  1. Breit. Viertel
  2. Sehr frisch und straff. (Viertel)
  3. Sehr langsam
  4. Rasendes Zeitmaß. Wild (Tonschönheit ist Nebensache)
  5. Langsam, mit viel Ausdruck
Organico: viola
Composizione: marzo 1922
Prima esecuzione: Köln-Mülheim, 18 marzo 1922
Dedica: Ladislaw Czerny
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

La Sonata per viola sola op. 25 n. 1 fu composta da Paul Hindemith nel 1922, e fu pubblicata l'anno seguente con dedica a Ladislaw Czerny. A 26 anni Hindemith era forse l'esponente di punta di una generazione di giovani compositori decisa a rompere con il passato. Negli anni fra il 1919 e il 1924, mentre la situazione politica ed economica della Germania verteva in uno stato di semi-anarchia, anche le opere maturate nel seno della scuola di Vienna di Schönberg, Berg e Webern - improntate, nonostante la loro atonalità, a un rapporto di continuità con il mondo espressivo wagneriano - apparivano meno "moderne" rispetto al dinamismo ritmico di Stravinskij e Bartók.

Di qui la necessità, avvertita anche da un musicista mitteleuropeo come Busoni, di cercare una «nuova oggettività» che contrastasse il soggettivismo ed il pathos espressivo che erano ancora una filiazione del Tristan und Isolde. Hindemith apparve, per molti versi, l'individuo che poteva meglio di chiunque altro rispondere a queste istanze di rinnovamento. In primo luogo il suo rapporto con la musica aveva delle fortissime implicazioni "artigianali". Già da adolescente suonava nei caffè e nelle orchestre da ballo per mantenersi; poi si era impegnato come primo violino e direttore dell'Orchestra di Francoforte; e, parallelamente alla direzione e alla composizione, Hindemith praticava anche il concertismo, come violista, da solo e all'interno del Quartetto Amar-Hindemith. Era in grado poi di suonare qualsìasi strumento, grazie ad un senso "pratico" musicale che si ricollegava naturalmente alla prassi artigiana dei musicisti tedeschi barocchi.

Non stupisce dunque che, anche sulla scia dell'influenza di Max Reger, avesse un fortissimo richiamo sul compositore la figura di Bach, inteso come l'autore che con il suo contrappunto oggettivo poteva costituire un modello per la rigenerazione della musica. Ecco dunque che la Sonata per viola sola - seconda nel catalogo di Hindemith, dopo la Sonata op. 11 n. 5 del 1919 - si richiama alla prassi barocca che aveva ispirato a Bach il ciclo delle Sonate e Partite per violino solo, con una libera successione di tempi che rifugge dalla logica classica. Altri elementi fondamentali della Sonata sono il suo dichiarato atonalismo - diverso però da quello che parallelamente praticava la scuola di Schönberg, per la presenza di polarizzazioni tonali - e l'energia ritmica.

La Sonata op. 25 n. 1 si articola così in cinque movimenti (tutti, eccetto il terzo, scanditi in una struttura ternaria), divisi in due gruppi: lento-veloce e lento-veloce-lento. Troviamo innanzitutto una sezione dal carattere cadenzale (Breit, Largo), di intonazione improvvisatoria e speculativa, che presto scivola verso un Sehr frisch und straff (Animato e teso), dinamico e ricco di implicazioni polifoniche. Il terzo movimento, Sehr langsam (Molto lento) è il cuore della Sonata non solo per la sua posizione centrale ma anche per la sua ampia durata; si tratta di un canto meditativo e lirico, con richiami alla sarabanda barocca.

Il quarto tempo, Rasendes Zeitmass. Wild (In tempo furioso. Selvaggio) destò scandalo per l'indicazione Tonschönheit ist Nebensache (La bellezza del suono è cosa secondaria); vi ritroviamo uno degli esempi più emblematici di quella Motorik, quella violenta propulsione ritmica, su cui si basava tanta provocazione iconoclasta del giovane Hindemith. Con il finale, Langsam, mit viel Ausdruck (Lento, con molta espressione) ci riportiamo al clima elegiaco del tempo centrale, senza però che la chiarezza del fraseggio e l'assunto "oggettivo" dell'intera Sonata vengano smentiti.

Arrigo Quattrocchi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La prima influenza che Hindemith risentì nella sua formazione di compositore fu quella di Max Reger, un musicista che volle sottrarsi al fascino prepotente e insinuante del wagnerismo richiamandosi alle forme classiche e alla vecchia tradizione dell'arte tedesca, specialmente bachiana. Non a caso infatti nella imponente e complessa produzione hindemithiana si avvertono alcuni aspetti non soltanto lessicali che costituiscono la matrice della personalità artistica dello stesso Reger: ritorno a Bach, ripristino dei diritti della forma, magistero contrappuntistico, saldissima tradizione tecnica di tipo artigianale, che sono in ultima analisi le componenti principali di quella estetica che va sotto il nome di neo-classicismo, inteso come netta e ferma reazione sia agli eccessi romantici e all'impressionismo psicologico e sia alle esasperazioni più violente dell'espressionismo. Anzi, bisogna dire che anche nei momenti più polemici ed eversivi della carriera artistica di Hindemith non si nota mai un completo dissolvimento degli elementi formali tramandati dalla civiltà musicale tedesca e lo stesso musicista ha tenuto spesso a sottolineare come la sua opera, pur con le dovute diversità di stile, di temperamento e di epoca, non abbia mai dimenticato il modello bachiano, concepito oltretutto come una scelta morale e intellettuale.

In un certo senso la Sonata per viola sola op. 25 n. 1, composta nel 1922 e pubblicata nel 1923, si richiama alla severità bachiana nella sua rigorosa tematicità, che non concede nulla al suono pittoresco, estroso e brillante di stampo romantico. Del resto Hindemith, che aveva molta familiarità con la viola, sceglie proprio questo strumento dalla fisionomia espressiva grave e compassata, lontana dai trascinanti virtuosismi e dalle impennate sovracute del violino, per rendere in modo lineare ed essenziale la forma musicale. Ciò non vuol dire che egli si limiti a scrivere uno «studio» arido e intellettualistico per la viola, come potrebbe far sembrare il Largo iniziale. Infatti nell'Assai lento e nell'ultimo dei cinque movimenti la viola si abbandona ad un canto pensoso e assorto, che mostra in trasparenza un richiamo a modi antichi, intrisi di un melodismo di asciutta purezza armonica. Del resto anche il movimento In tempo furioso e selvaggio non è poi così irriverente, perché, al di là della concitazione e animazione ritmica, si mantiene nell'ambito di una espressività chiara e perfettamente tonale, rivolta ad esaltare l'anima nobile e generosa della viola, con il suo caldo registro di contralto.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 22 febbraio 1996
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via deiu Greci, 5 dicembre 1980


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Ultimo aggiornamento 26 febbraio 2014