The Unanswered Question


Musica: Charles Ives (1874 - 1954)
Organico: 4 flauti, tromba, archi
Composizione: 1908 (revisione 1930 - 1935)
Prima esecuzione: New York, McMillin Theatre, 11 maggio 1946
Edizione: apparso in Boletín Latino-Americano de Música, Montevideo, 1941
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Pagina lontana dalla tradizione europea, priva di qualsiasi gesto tipico del sinfonismo classico-romantico, The Unanswered Question di Charles Ives si può considerare un punto di partenza della nuova musica americana. Pezzo breve, lento, suggerisce un'atmosfera metafisica, un «paesaggio cosmico», una dimensione tutta contemplativa che si ricollega strettamente a quella di Central Park in the Dark (sono entrambi del 1906 e insieme formano una specie di dittico, nel quale The Unanswered Question è definita «A Contemplation of a Serous Matter», Central Park in the Dark «A Contemplation of Nothing serious») ma anche alla Quarta Sinfonia e al grandioso paesaggio cosmico della incompiuta Universe Symphony. Eseguita per la prima volta a New York nel 1941, The Unanswered Question è un esempio di una partitura totalmente libera, proiettata in una dimensione sperimentale che anticipa alcuni aspetti tipici del linguaggio di Ives. Ammirevole per la semplicità dei mezzi con cui il compositore riesce a sovrapporre immagini musicali diverse, costruendo una leggibilissima architettura simbolica. Un programma metafisico dettagliato, basato sulla combinazione di tre elementi, affidati rispettivamente ad archi, alla tromba solista e a un quartetto di flauti, che si intrecciano tra loro al di fuori di una metrica regolare e dei tradizionali nessi tonali e formali. La tromba interpreta il ruolo dell'eroe, che si interroga sul senso dell'esistenza, attraverso una breve frase dal carattere interrogativo: «La tromba intona L'Eterna domanda sull'Esistenza - scrive il compositore in una nota introduttiva - e la ribadisce ogni volta con la medesima intonazione espressiva». La domanda monotona della tromba viene ripetuta, tra brevi silenzi, per sei volte senza mai avere una risposta. Solo il quartetto dei flauti, che rappresenta il tentativo vano e pettegolo degli uomini di trovare delle spiegazioni, replica alla tromba, con figure cromatiche scomposte, frammenti senza direzione, dissonanti e fuori sincrono, che mimano grottescamente il motto interrogativo della tromba: «la ricerca dell'Invisibile risposta intrapresa dai flauti cresce gradualmente in intensità, velocità e volume sonoro, partendo da un animando per arrivare a un con fuoco. Non è necessario che questa parte sia suonata nell'esatto numero di battute indicate. Deve essere eseguita in modo da assumere piuttosto un carattere ìmprovvisatorio [...] Coloro che rispondono azzuffandosi man mano che il tempo passa, e dopo un convegno segreto, sembrano intuire la futilità di questa ricerca e cominciano a beffarsi della Domanda. La disputa è per il momento sospesa. Dopo la loro scomparsa, la Domanda è posta per l'ultima volta ed i Silenzi si odono ancora nell'Indisturbata Solitudine». I Silenzi sono quelli dei Druidi «che sanno, vedono e non odono nulla», e che sono rappresentati musicalmente dal Largo molto degli archi, uno sfondo che attraversa imperturbabile l'intera partitura («Gli archi suonano ppp da cima a fondo senza mai cambiare tempo»), dipanando una serie di accordi consonanti, prolungati, implacabili ma distaccati, lves suggerì addirittura di collocare gli archi fuori scena, o comunque lontano dagli altri strumenti per rappresentare anche fisicamente la distanza tra la calma imperturbabile del silenzio e l'affannosa, vacua ricerca dei mortali. In un gioco quasi scenico analogo a quello della Quarta Sinfonia che porrà ancora l'impossibile questione dell'esistenza, traducendola nella contrapposizione tra le impetuose domande del pianoforte e degli archi da un lato e la serenità di un coro a distanza formato da arpa, viola e violini che intonano l'inno Nearer My God, To Thee.

Gianluigi Mattietti

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

«The Unanswered Question» è una fra le prime opere strumentali di Charles Ives che conobbe maggiore diffusione nel secondo dopoguerra. Nel 1954 George Balanchine la utilizzò per il suo balletto «Ivesiana» basato su sei pezzi del compositore fra cui «Central Park in the dark» e «Hallowe'en». Nella breve composizione sono presenti molti elementi formali e spirituali che caratterizzano la poetica ivesiana. Le idee programmatiche messe dall'autore alla base di questa pagina, che egli stesso definì «un paesaggio cosmico», ci richiamano al pensiero del trascendentalismo espresso da quel gruppo di intellettuali che operò a Concord nel Massachusetts fra il 1840 e il 1860 e a cui Ives dedicò i quattro movimenti della sua seconda sonata per pianoforte: Ralph Waldo Emerson, Nathaniel Hawthorne, The Alcotts, Henry-David Troureau.

Scritto nel 1908, il pezzo «La domanda senza risposta» è concepito in sonorità tridimensionale per un organico variabile. Al quartetto d'archi si contrappongono il quartetto dei flauti e una tromba solista. I flauti 3° e 4° possono essere anche sostituiti da un oboe e da un clarinetto, la parte della tromba solista può essere affidata ad un corno inglese oppure, accanto a quattro flauti, ad un oboe o ad un clarinetto. Nella versione per orchestra, al quartetto d'archi può essere aggiunto anche il contrabbasso.

Il gruppo degli archi che rappresenta «The Silences of the Druids - Who Know, See and Hear Nothing» (I silenzi dei Druidi - che sanno, vedono e sentono nulla), in funzione al ruolo assegnatogli, deve suonare distante dai legni e dalla tromba, preferibilmente fuori scena. Gli archi suonano sempre in ppp senza cambiamento di tempo e senza interruzione con lunghe note tenute. Sopra a questo pedale la tromba intona sette volte «The Perennial Question of Existence» (la perenne domanda dell'esistenza), un breve motivo posto senza variazione di intensità. I flauti, alternandosi nel dialogo con la tromba, rappresentano gli esseri umani in cerca della «Invisible Answer» (risposta invisibile) che si fa sempre più affannosa e frenetica. La loro parte passa gradualmente da un «Adagio» in piano ad un «Allegro molto» in ff; quindi «The Fighting Answerers», cioè gli uomini che lottano per trovare una risposta, col passare del tempo e dopo «a secret conference» (un'adunanza segreta) sembrano comprendere la futilità della loro impresa e scherniscono la tromba, facendole il verso. Dopo un «molto agitando - con fuoco» i flauti tacciono, la domanda viene posta per l'ultima volta e infine rimangono solo «i silenzi» nella loro «solitudine indisturbata».

Ives fornisce nella prefazione alla partitura non solo questi accenni programmatici e indicazioni per ottenere gli effetti stereofonici, ma anche precisazioni sugli spostamenti ritmici all'interno del brano. Tempi e metri delle fonti sonore sono in contrasto gli uni con gli altri. Al tempo estremamente lento degli archi si oppone il dialogo fra tromba e fiati svolto con sempre maggior concitazione in un accavallarsi di figurazioni melodiche dissonanti eseguite non a tempo ma come una specie di «impromptu». L'incontro con il «Silenzio dell'Eternità» diventa perciò casuale, e si rafforza cosf il misterioso senso dell'incomunicabilità.

Antonio Mazzoni

Guida all'ascolto 3

Fin dalla sua comparsa l’uomo si interroga sulla propria esistenza e cerca una risposta al grande ed unico quesito: il senso della vita. Si tenta in vari modi di poter rispondere a questo enorme interrogativo e lo si fa utilizzando metodi e strategie differenti. Ci si può rivolgere verso una divinità, si può credere nell’Infinito, nella presenza di un qualcosa sopra di noi che tutto vede e tutto può; oppure si può cercare una soluzione con il logos come tenta di fare la filosofia. Si può anche sfociare nel puro razionalismo affidando tutte le possibili risposte alla scienza, unica verità possibile per chi consegna ad essa tutta le sue speranze. Purtroppo, dalla notte dei tempi, l’uomo non ha ancora saputo risolvere il magico, unico e magnifico mistero della vita che rimane sempre e solo: una domanda senza risposta.

The Unaswered Question per l’appunto, questo il titolo del brano del musicista americano, attivo nei primi decenni del XX Secolo, Charles Ives. Il brano, per 4 flauti, quartetto d’archi e tromba, è stato composto e sottotitolato come Panorama Cosmico nel 1908; ne esiste anche una seconda versione del 1930-35 per Orchestra da Camera, si possono infatti sostituire due flauti con oboe e clarinetto, il violoncello con il contrabbasso e la tromba con il corno inglese, l’oboe o un clarinetto.

La struttura della composizione è tanto elementare quanto complessa. Come in una perfetta tela di ragno, Ives inserisce le proprie idee musicali all’interno di un vortice di suono. La base dell’intero brano è il quartetto d’archi, ad esso è infatti affidato tutto il sostegno dell’armonia. Perché di armonia si tratta, o forse no… atonalità? forse… anticipatore del minimalismo? perché no… tutti questi differenti linguaggi compositivi, più o meno strutturati all’epoca, si possono ritrovare all’interno del breve scritto Ivesiano. Ad un primo ascolto pare impossibile che il brano possa essere stato composto agli inizi del ’900 dal momento che le sonorità appaiono ben più affini ad un brano di musica elettroacustica, che era ancora di là da venire. Il brano di Ives potrebbe essere benissimo frutto di attuali groove pad elettronici e strumentazioni digitali.

Invece, il quartetto d’archi esegue accordi a parti late senza soluzione di continuità; lunghe note che vengono eseguite molto piano e che creano il tappeto sonoro sul quale si può dipanare l’intera composizione. Una volta creato il fondo, Ives inserisce la domanda; una domanda retorica, un’aporia: quel dubbio escatologico che non può essere appagato o colmato e che continua a urlare afono all’interno di ogni esistenza.

Il quesito è ritratto dallo squillo di tromba che espone con poche fugaci note la questione. Per sette volte il suo interrogativo riecheggia nell’aere inquieto e bramoso di risposte, di tutta conseguenza giunge il suono dei quattro flauti che dovrebbero tratteggiare l’esistenza umana e l’affannosa ricerca della risposta. Per sei volte continua il dialogo tra i due gruppi di strumenti, dialogo che si fa sempre più serrato dato che l’intervallo di pausa tra il primo e il secondo motivo si riduce sempre più. Il settimo squillo della tromba non riceve però risposta e rimane a riecheggiare sospeso.

Forse perché The Unaswered Question è proprio quella domanda che fa in modo che l’uomo non abbia mai tregua, non si senta mai pago di ciò che ha raggiunto perché ancora il futuro lo attende, con nuove scoperte, alla costante ricerca di un Chi, di un Cosa, di un Perché… e se l’essenza della vita, la bramata risposta alla domanda irrisolvibile, fosse la domanda stessa?

Lorenzo De Carlo


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 8 novembre 2003
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 25 marzo 1977


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Ultimo aggiornamento 18 luglio 2022