Quartetto per archi n. 2 "Listy důvěrně" (Lettere intime), VII/13


Musica: Leós Janàček (1854 - 1928)
  1. Andante. Con moto. Allegro. Adagio
  2. Adagio (si bemolle minore). Vivace
  3. Moderato. Andante. Adagio
  4. Allegro. Andante. Adagio
Organico: 2 violini, viola, violoncello
Composizione: Brno, 29 gennaio - 19 febbraio 1928
Prima esecuzione: Brno, Scuola d'organo, 18 maggio 1928
Edizione: Hudební Matice, Praga, 1938
Dedica: Frau Kamila Neumannová-Stösslová
Guida all'ascolto (nota 1)

Nel decennio compreso tra il 1918 e il 1928, anno della sua morte, Leós Janàček compose i suoi più grandi capolavori a un ritmo frenetico. Molteplici ragioni possono spiegare questo fervore creativo: l'indipendenza della Repubblica Cecoslovacca dichiarata nel 1918, il trionfo dell'opera Jenufa a Vienna, che gli aprì le porte del successo internazionale, la grande passione per la giovane Kamila Stõsslovà, che Janàček identificava con le eroine dei suoi drammi. In questo decennio si colloca anche la composizione dei due Quartetti per archi, vertici della produzione cameristica della maturità, due lavori impregnati di riferimenti letterari e autobiografici, il primo ispirato alla Sonata a Kreutzer di Tolstoj, il secondo intitolato Lettere intime. Il Quartetto n. 1, composto di getto tra il 30 ottobre e il 7 novembre del 1923, su richiesta del Quartetto Boemo, fu concepito come una scena drammatica, come un'opera senza parole che ha come protagonista ancora una volta una donna: "Avevo in mente una donna infelice, tormentata, colpita mortalmente come l'ha descritta Tolstoj". Janàček fece ricorso a tutti i procedimenti compositivi che aveva fino ad allora sperimentato, utilizzando forme diverse nei quattro movimenti, uno stile armonico libero e personalissimo (lui che aveva sempre considerato la storia della musica come "una storia dell'adattamento del nostro orecchio alle dissonanze"), e imprimendo una forte caratterizzazione timbrica ai materiali che si trasformano in veri e propri Leitmotive timbrici. Janàček compose di getto anche il Quartetto n. 2, in sole tre settimane, tra il 29 gennaio e il 19 febbraio del 1928 (come riportato sulla partitura autografa): aveva 74 anni, sei mesi dopo sarebbe morto (del Quartetto conobbe soltanto un'esecuzione privata, il 18 maggio, mentre la prima esecuzione pubblica ebbe luogo postuma,l'11i settembre), ma stava vivendo uno dei momenti più felici e appassionanti della sua vita.

Come due anni prima Berg aveva riversato nella Lyrische Suite il suo amore per Hanna Fuchs, così Janàček decise di raccontare nel secondo Quartetto il suo grande amore per Kamila Stösslovà, di 38 anni più giovane di lui, e di trasformare in musica la sua corrispondenza amorosa: "Ho cominciato un Quartetto - scrisse a Kamila -, lo chiamerò Lettere d'amore. Posso finalmente scrivere della musica su di esse [...] Conterrà la nostra vita». In questo Quartetto, che doveva inizialmente intitolarsi Lettere d'amore, poi Ricordi di Pisek (la cittadina natale di Kamila), e nella versione definitiva fu intitolato Lettere intime, i sentimenti, le emozioni suscitate dall'amore per Kamila hanno spinto Janàček a creare un discorso musicale assolutamente irregolare, che segue una traiettoria rapida e nervosa, un'articolazione frammentata, caratterizzata dal rapido susseguirsi di immagini sonore vivissime, assai diverse tra loro, articolate in una sorta di prosa musicale.

Rispetto al Primo, questo Quartetto mostra una costruzione meno drammatica, ma più flessibile e variata, capace di creare una nuova forma di "conversazione in musica", fremente, carica di energia, molto comunicativa, fatta di fluttuazioni temporali estreme (ma rari sono gli episodi lenti, e l'indicazione che compare più spesso è "con moto"), di violenti contrasti ritmici e dinamici, di continue alternanze tra momenti languidi e infuocati. La mobilità della scrittura strumentale è accentuata dai ritmi irregolari, dagli spostamenti degli accenti, dagli scarti armonici e da ingegnose soluzioni timbriche (alcune delle quali già sperimentate nel Primo Quartetto e nelle partiture di Kàtia Kabanovà e dell' Affare Makropulos); Janàček distingue inoltre con chiarezza i ruoli drammatici degli strumenti, affidando ad esempio al primo violino le figure più virtuosistiche e il disegno generale che salda insieme le varie parti di ciascun movimento, e alla viola il ruolo di voce drammatica, a tratti disegnata come un intenso recitativo (inizialmente aveva pensato di utilizzare al suo posto una viola d'amore). L'uso molto libero della tonalità e delle dissonanze coincide con una costruzione tematica fatta di cellule motiviche brevissime, che riaffiorano nel corso dell'intero Quartetto, ma sempre considerate da diverse prospettive armoniche e timbriche.

Se la struttura dei quattro movimenti che compongono il Quartetto sfugge a qualsiasi definizione legata alle forme tradizionali, il loro carattere e il contenuto autobiografico vengono descritti dal compositore con precisione, come quattro "occasioni sentimentali": l'Andante iniziale rievoca così le impressioni del suo primo incontro con la ragazza, il secondo movimento gli avvenimenti di un soggiorno estivo a Luhakovice in Moravia, il terzo l'immagine dell'amica ("la gioia che si fonde all'illusione, simile alla tua immagine"), il quarto la timidezza di lui nei suoi confronti ("la paura di te. Ciononostante non rifletterà il timore, ma un languore [...] ").

Il primo movimento è dunque un Andante, ma dal carattere molto agitato e dalla forma rapsodica. La contrapposizione tra l'iniziale tema armonico, e la breve melodia senza accompagnamento intonata dalla viola (che suona sul ponticello e in pianissimo), come un canto deformato (che ricorda quello della gitana nel Diario di uno scomparso), crea subito una forte dimensione emotiva, sviluppata poi in un continuo gioco di contrasti, come un alternarsi incessante di scoperte commosse ed esaltazioni improvvise.

Caldo e avvolgente è invece il canto della viola che apre il secondo movimento (Adagio), una melodia di intenso lirismo che nella sezione centrale lascia il posto a una scrittura inaspettatamente violenta e virtuosistica, in tempo quinario, basata su strutture esatonali, che porta a un culmine di tensione, prima della ripresa del tema, seguita da un ricapitolazione dei motivi del primo movimento.

Rispetto al primo Quartetto Janàček introduce anche elementi danzanti e connotazioni popolari, espliciti soprattutto negli ultimi due movimenti: il tema principale del terzo movimento (Moderato) ha ad esempio un carattere di una danza pastorale in 9/8, anche se poi introduce una struttura completamente imprevedibile dal punto di vista formale, con sezioni basate su materiali molto diversi tra loro e ancora una ripresa dei due temi del primo movimento, sezioni lente e accelerazioni diaboliche, un Adagio dolce e cantabile che sfuma in armonie misteriose e dissonanti e poi viene trasfigurato nel registro acuto dal violino primo in un Presto sfrenato.

Anche il finale (Allegro), che ha una forma vicina a quella del Rondò e che funge da ricapitolazione (tematica e drammaturgica) dei tre tempi precedenti, prende avvio da un tema danzante, ma dal carattere barbaro, cui si contrappone un motivo di quattro note trillate che ricorre in tutto il movimento, e che si raggela in squarci sonori insieme sospesi e pieni di agitazione, come i fremiti di un uomo disorientato di fronte all'amore.

Gianluigi Mattietti


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 16 febbraio 2007


I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 11 novembre 2015